Parigi, i miei ricordi è l’ennesimo omaggio alla Ville lumière, splendida città crocevia di storia e cultura europea, ed è anche l’autobiografia di Edgar Morin, grande intellettuale e maître à penser del Novecento e non solo.
di Agostino Matranga
23 febbraio 2014 – Parigi, i miei ricordi è l’ennesimo omaggio alla Ville lumière, splendida città crocevia di storia e cultura europea, ed è anche l’autobiografia di Edgar Morin, grande intellettuale e maître à penser del Novecento e non solo. Difficile scrivere della propria vita – specie se illustre – senza farne un romanzo, impresa questa che riesce benissimo a Morin che racconta aneddoti personali e fatti storici, che lo hanno visto testimone diretto, con una naturalezza straordinaria, con una lievità sorprendente come se fosse un parigino qualunque. E il personaggio è di tale grandezza da ritenersi tale: “talvolta qualcuno è sorpreso di vedermi in un vagone del metrò: – Lei prende il metrò? Lei? – Altri sono sorpresi di vedermi fare la spesa. Pensano che io abbia una vita… con autista e domestica.”. Non un cenno alle sue onorificenze scientifiche e se parla dei suoi libri lo fa sempre dichiarando che aveva bisogno di anticipi “sostanziosi” per poter cambiare casa e accendere un mutuo con la banca. Di traslochi Morin ne fa parecchi, dieci, l’ultimo a Montparnasse in un appartamento di 70 mq in affitto perché i soldi non bastano per l’acquisto.
Ognuno di questi spostamenti è l’occasione per descrivere una zona di Parigi, per raccontare la vita sociale del quartiere in cui vive e per narrare la propria vita pubblica e privata. Per raccontare la Storia: la Resistenza, i rapporti con il Partito Comunista fino alla rottura, l’amicizia con Marguerite Duras, la conoscenza con Mitterand capo partigiano, la guerra d’Algeria, il Maggio 1968, l’entusiasmo per la liberazione del Sud Africa da parte di Mandela, la guerra israelo-palestinese, l’attentato alle torri gemelle fino ai nostri giorni con la crisi dell’euro nel 2010. Protagonista è sempre la città ma anche la storia dei suoi amori a cominciare da Violette, incontrata mentre studiava a Tolosa, con cui si sposa e ha due figlie, per continuare con Magda, Marilù, Edwige per citare le più importanti, quelle con cui ha condiviso amore e passione. Tra queste avrebbe potuto esserci anche Marguerite Duras, “un corpo gracile da adolescente, ma un viso splendido per l’ovale, la bocca e lo sguardo”, ma Edgar è troppo timido e sarà Marguerite a ricordarglielo qualche anno dopo durante una trasmissione radiofonica in cui lui la descrive come un ape regina e lei gli dice ”Ma no Edgar, è che noi avremmo dovuto avere una storia”. Sono gli anni dell’immediato dopoguerra, quelli della rive gauche e della grande rivalità tra il clan di Saint Benoit, dove la Duras riceveva il fior fiore dell’intellighenzia francese: Raymond Queneau, Georges Bataille, Albert Camus, Maurice Merleu Ponty, Maurice Nadeau, Jacques Lacan, Boris Vian; intellettuali contesi anche dall’altro clan quello di Sartre e Simon de Beauvoir.
È comunque Parigi ad essere al centro della narrazione, la Parigi popolare del quartiere di rue Mayran nel 9° arrondissement, ai piedi della butte Montmartre dove nasce l’ 8 luglio del 1921 Edgar Nahoum, poi diventato Morin. Alla morte della madre – “fu per me un Hiroshima interiore” – si trasferisce dalla zia Corinne nel quartiere, “popoloso e popolare” di Ménilmontant dove Morin ha la sua prima iniziazione culturale. Certo il cinema, la musica, ma soprattutto i rapporti sociali ancora genuini e spontanei del quartiere, “una cultura, quella delle relazioni familiari, senza convenevoli, che non conosceva i riti piccolo borghesi”, questo lo porterà a dire “ho lasciato Ménilmontant settant’anni fa, ma Ménilmontant mi è rimasto dentro e vive con me”.
Quattro matrimoni e dieci traslochi, la storia di una vita e di una città. Nel 2012 il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe, ha conferito a Edgar Morin la Medaglia Vermiglio della città di Parigi e da questa occasione è nato lo spirito del libro: “La Parigi della mia infanzia è stata assorbita, riassorbita, direi anche cancellata nella Parigi di oggi. Ma rimane nella mia anima la Parigi delle mie passeggiate, la Parigi del mio cuore che ha battuto sulle Buttes-Chaumont e in tante camere dell’amore mansardate – la Parigi delle mie amate morte e dei miei amici morti, che rimangono e rimarranno vivi in me finché mi resterà un soffio di vita”.
Ma non è la nostalgia, o meglio non solo questa, il sentimento predominante verso la sua città. Edgar Morin, a 92 anni, non ha perso né l’entusiasmo né la curiosità intellettuale per la scienza e per il prossimo che hanno contraddistinto la sua vita straordinaria: “il mio quartiere attuale è un concentrato della mia Parigi…Felice, sotto il dolce sole, m’immergo in questa mescolanza sociale e generazionale. Sento che la vita mi ama ancora, che vuole ancora darmi gioia, che mi vuole ancora”.
Edgar Morin, La mia Parigi, i miei ricordi, Raffaello Cortina euro 16
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