Una storia sbagliata

Abrogata la Fini-Giovanardi, restano le macerie di una legge oscurantista

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2014/02/andrealegni.jpg[/author_image] [author_info]di Andrea Legni. Giornalista freelance, vive a Bologna dove lavora insieme al gruppo media indipendente SMK Videofactory. Come freelance ha scritto e realizzato video-inchieste per Il Corriere della Sera, La Repubblica, Altreconomia, Terre di Mezzo, ed altri. Per passione continua a scrivere di ciclismo dilettantistico e calcio di periferia sul Corriere Romagna. Come documentarista ha realizzato il lungometraggio “Kosovo versus Kosovo”.[/author_info] [/author]

14 febbraio 2014 – Un breve dispaccio dell’Ansa ne ha dato l’annuncio il 12 febbraio scorso, all’ora di pranzo: “La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Fini-Giovanardi: nella norma di conversione furono inseriti emendamenti estranei all’oggetto e alle finalità del decreto”.

Se ne è andata così, per un banale vizio di forma, la norma che in otto anni di applicazione aveva raggiunto un risultato con pochi pari nel mondo: riuscire con un solo articolo di legge (art.73: produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti) a produrre il 38,5% dei detenuti, e a dare il colpo di grazia definitivo ad un sistema  giudiziario già non certo noto per la sua rapidità, caricandolo di oltre 220mila processi ancora in corso. Un risultato capace di fare impallidire l’altra grande produzione legislativa cofirmata dell’ex leader di Alleanza Nazionale, la Bossi-Fini sull’immigrazione.

Anche la nascita della Fini-Giovanardi era stata tutt’altro che semplice. Già nel 2002 Gianfranco Fini coniò lo slogan che doveva fare da apripista alla nuova legge equiparando le droghe leggere alla cocaina e all’eroina: la droga è droga. Tossicologi, ricercatori e il grosso delle comunità di recupero sottolinearono il non senso dell’affermazione, ma l’allora vicepremier, irremovibile, presentò il suo disegno di legge. Tuttavia il tempo passava e la proposta continuava a trovarsi arenata in Commissione Giustizia. Ci si trovò così alle porte dell’estate 2005 e la fine della legislatura, prevista per la primavera successiva, incombeva facendo pensare ad un nulla di fatto.

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È a questo punto che in aiuto dell’ex vicepremier giunge un altro deputato emiliano: Carlo Giovanardi, appena nominato referente del Dipartimento Politiche Antidroga dal governo Berlusconi. L’idea è astuta: non c’è più tempo per fare una nuova legge sulla droga, bisogna apportare alcune modifiche a quella che c’è (la Iervolino-Vassalli del 1990) e cercare di inserirla in un decreto legge per accorciare i tempi rendendone possibile l’approvazione.

L’occasione buona arriva nel gennaio successivo, mentre il governo prepara un maxi-decreto per le Olimpiadi invernali di Torino. I due decidono di provarci e ci infilano dentro le modifiche al testo sulla droga: non basta l’ostruzionismo delle opposizioni, il decreto passa con 271 si e 190 no. Dai banchi dei deputati di Alleanza Nazionale parte un lungo applauso. A soli due mesi dalla fine della legislatura il sogno proibizionista diventa realtà: la droga è droga. Possedere marijuana o eroina è la stessa cosa e la punizione va da 6 a 20 anni, mentre anche gli effetti del referendum radicale che aveva depenalizzato il consumo nel ’93 vengono depotenziati, andando a colpire l’acquisto e il consumo di gruppo grazie all’ingegnoso inserimento di una nuova parola nel testo: esclusivamente. Se prima era ammesso il “consumo personale”, passando a quello “esclusivamente personale” chi compra il fumo per sé e un paio di amici diventa uno spacciatore.

Otto anni dopo, in ossequio ai tempi della giustizia nostrana, arriva dunque la bocciatura della legge. Sentenza che negli ultimi tempi era stata preceduta da diverse avvisaglie, fino alla sentenza del marzo scorso, quando il Tribunale di Ferrara aveva creato un precedente storico assolvendo due ragazzi accusati della coltivazione di 4 piante di marijuana, in quanto il fatto non costituiva reato.

Mentre Giovanardi, sempre più solo nella difesa della sua creatura, moltiplicava il proprio attivismo in tivù e nei convegni, fino alle ultime apparizioni dai risvolti sempre più tragicomici. Come quando a Roma è stato ripreso da La Repubblica mentre cercava invano di convincere alcuni studenti della Sapienza a leggere dei volantini che spiegavano come il consumo di cannabis provocasse i buchi nel cervello.

Tutto inutile: la Fini-Giovanardi è ora definitivamente in soffitta. Anche se, appunto, solo per un vizio di forma: l’averla approvata nel decreto per le Olimpiadi di Torino, senza che vi fossero i necessari requisiti di urgenza. Torna quindi la distinzione tra droghe leggere e pesanti: un fatto che inciderà da subito sul sistema penale e sulla vita di migliaia di detenuti. Sarà infatti possibile chiedere di rimodulare la condanna ricevuta in base alla vecchia normativa, che per le droghe leggere prevedeva una pena da due a sei anni. Anche se il fatto che non vi sia alcun automatismo in questa revisione, che deve essere richiesta dall’avvocato per ogni singolo caso, rischia di lasciare in carcere tutti quei detenuti che non hanno le disponibilità economiche e le competenze per fare valere il proprio diritto.

Per quanto riguarda invece il piano politico e legislativo, la conseguenza è il ripescaggio della legge Iervolino-Vassalli, voluta dall’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 1990. Una legge che, pur distinguendo tra droghe leggere e pesanti, era di stampo altrettanto repressivo e già a suo tempo riempiva le carceri con quasi 1/3 dei detenuti totali.

Senza una rapida modifica parlamentare, il ritorno della Iervolino-Vassalli in alcuni casi rischia persino di trasformarsi in una beffa. È il caso delle pene per possesso e spaccio di droghe pesanti, che tornano ad avere un minimo di pena di otto anni contro i sei previsti dall’art. 73. Ed è anche il caso delle pene amministrative, che prima del 2006 erano sottoposte esclusivamente all’arbitrio dei prefetti, mentre con la Fini-Giovanardi fu ammessa la possibilità del ricorso al giudice di pace da parte dei sanzionati.

Per una rapida modifica della legge, le alternative non mancherebbero. Attualmente, tra Senato e Camera, giacciono quattro proposte di legge per una nuova normativa sulle droghe: una dei Radicali, una di Sel e due del Pd. Mentre anche il Movimento 5 Stelle ha annunciato che presto presenterà una propria proposta. L’auspicio degli operatori sociali e dei movimenti antiproibizionisti è che al più presto si decida di trovare un accordo e si converga su una proposta di legge in modo compatto. I numeri per approvarla ci potrebbero essere.

Ps: Chi scrive lo fa da Bologna, città dove ieri si è verificata una scomparsa ben più dolorosa. Poche ore prima della pronuncia della Corte Costituzionale ci ha infatti lasciati Roberto “Freak” Antoni. Quello che segue è l’unico documentario realizzato dal leader degli Skiantos. Si intitola “Siamo fatti così” ed è una inchiesta sul proibizionismo ed il mondo delle droghe condotta nel 2003 (quando già si parlava della proposta di legge di Fini) con la pungente ironia che lo caratterizzava. Buona visione.

 



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