21 febbraio 2014, una data che rimarrà negli annali della storia della fine di Eta: la Commissione internazionale annuncia di aver filmato e verificato a gennaio di quest’anno la messa fuori uso e inventario di una parte dell’arsenale dell’organizzazione armata. Unilaterale: il governo spagnolo sta fermo immobile, perdendo l’ennesima occasione
di Angelo Miotto
Una stanza spoglia, il quadro Guernica di Picasso, due uomini nerovestiti con passamontagna e due esponenti della Commissione Internazionale di Verificazione (Civ), Ram Manikkalingam (Sri Lanka) e Ronnie Kasrils (Sudafrica). Sul tavolo pistole, granate, temporizzatori, esplosivo, proiettili, cavi per detonatori, elementi chimici per fabbricare esplosivo. È solo una parte dell’arsenale di Eta, l’organizzazione armata basca che da due anni e mezzo ha dichiarato la fine delle attività armate. Alla fine del video un foglio con un inventario e due firme, il sigillo di Eta e i nomi dei verificatori internazionali.
Il 21 di febbraio, con la dichiarazione della Commissione di verificazione internazionale, si è scritta una pagina che rimarrà nella storia della fine di Eta. La Commissione ha sottolineato come il lavoro di avvicinamento a un passo così importante e significativo è avvenuto durante il 2013 e che è accaduto per iniziativa di Eta. Quindi l’appuntamento in quella stanza, senza una data, solo l’indicazione ‘gennaio del 2014’. La Commissione, nella sua dichiarazione, sostiene anche che fatti di questo genere nella loro esperienza di mediazione di conflitti armati, è un passo importante e che marca il cammino in maniera positiva per la soluzione del conflitto.
Le voci sul passo significativo che sarebbe stato fornito dall’organizzazione armata erano iniziate a circolare da qualche settimana, ma la notizia diramata alle 14.15 di venerdì 21 comprende prove tangibili: l’inventario, il video, diffuso in esclusiva dalla BBC.
Prima reazione del ministro degli Interni spagnolo, Jorge Fernández Díaz, non è una cosa che dica più di quel che si sapeva e la critica è stata quella di una ‘teatralizzazione’ esagerata del gesto. La potenza evocativa del fatto simbolico è stata dribblata così, anche se nessuno si sarebbe mai aspettato una reazione differente dall’esponente di un governo che fa dell’immobilismo politico la sua strategia: niente aperture di credito, nessun dialogo, nessuna armonizzazione della politica penitenziaria, contraddistinta dalla dispersione dei prigionieri politici baschi in carceri lontane centinaia di chilometri dalle loro famiglie.
Nelle ultime settimane sul fronte nazionalista spagnolo si erano alzate delle voci, nei quotidiani, per consigliare a Rajoy di non rimanere estraneo proprio alla questione di una vera e tangibile volontà di distruggere gli arsenali. Occasione persa, mentre i contatti della Commissione di verifica internazionale (definita addirittura come ‘nominata da Eta’, da membri del governo spagnolo) hanno dimostrato che la ‘via vasca’ è non solo percorribile, ma l’unica che possa funzionare. Molto dipenderà molto anche dalla posizione del Partito nazionalista vasco (Pnv) che esprime il presidente del governo basco. Iñigo Urkullusi è visto nelle settimane scorse in maniera ‘discreta’ con il presidente spagnolo Rajoy e hanno discusso e ragionato su una strategia che riguardi la condizione dei prigionieri politici. Quest’ultimo tema, infatti, è quello che solleva la maggior attenzione e calore sociale nel chiedere che la dispersione finisca una volta per tutte e che si inizi un processo che porti a una giustizia transizionale. Il collettivo dei prigionieri e prigioniere baschi e basche hanno rinunciato alla linea dura già da alcune settimane e si sono impegnati per seguire i passaggi previsti dalla legge per un cammino di richieste individuali di avvicinamento verso istituti di pena del Paese basco, accettando in toto la strategia politica della sinistra basca, capace di prendere l’iniziativa e di convincere due anni fa’ Eta all’abbandono della lotta armata.
Iñigo Urkullu, il presidente basco, ha commentato la notizia dicendo che il governo riconosce il passo, che è un piccolo passo e non sufficiente, e che nello stesso tempo rappresenta una prima tappa verso il disarmo finale. Dà piena fiducia alla Commissione internazionale e chiede di arrivare anche al riconoscimento del danno causato. E mette in evidenza, forse l’unico passaggio di una dichiarazione che non doveva rompere equilibri presi a Madrid, che si tratta di un inizio di un disarmo unilaterale e incondizionato. Su Radio Euskadi, a commento della notizia, le parole dell’analista politico Mariano Ferrer: fra le tante sfaccettature e commenti alla notizia uno dei suoi punti di vista era particolarmente interessante, laddove descriveva una società basca così avanzata nello scenario di futuro da correre il rischio di vivere questi passaggi come cose date quasi per scontate. Un rischio che riguarda Eta, soprattutto.
Ma volendo guardare l’altro lato delle parole di Ferrer riguarda anche la società basca, così capace di costituire movimenti, azioni, politiche di avanguardia, non solo dentro i canoni della sinistra basca, altrimenti non si spiegherebbe la grande manifestazione di Bilbao, l’11 gennaio scorso.
Una buona notizia, un passo significativo in avanti, un soggetto internazionale capace di verificare che perlomeno ha il sostegno del governo basco, mentre Madrid – Parigi sembra sempre così lontana – riconferma una strategia di immobilismo che prima o poi presenterà – politicamente – il conto.