Le prossime elezioni europee (25 maggio) in Bulgaria arrivano dopo un periodo di grandi tensioni politiche e sociali. Ecco perché, secondo molti osservatori, costituiranno un vero referendum sull’attuale – e contestato – governo di centro-sinistra
di Francesco Martino
corrispondente Osservatorio Balcani Caucaso da Sofia
11 marzo 2014 – La Bulgaria si prepara a votare per la terza volta per il Parlamento europeo, dopo le consultazioni “eccezionali” del 2007, necessarie per mandare a Bruxelles gli europarlamentari del paese appena diventato membro dell’Unione (a cui parteciparono il 28,6% degli aventi diritto), e quelle generali del 2009 (con affluenza al 37,5%).
Le europee del prossimo 25 maggio saranno elezioni estremamente significative per la Bulgaria, soprattutto per il momento particolare in cui arrivano. Il paese viene da un lunghissimo periodo di grave instabilità politica, scatenata nell’inverno 2012 da proteste di piazza contro povertà, corruzione e gestione oligarchica dell’economica. Proteste in grado di far cadere il governo del carismatico Boyko Borisov, e del suo movimento “Cittadini per uno Sviluppo europeo della Bulgaria” (GERB).
Le conseguenti elezioni anticipate del maggio 2013, hanno però disegnato un paese politicamente diviso. Al governo è andata una fragile coalizione tra il Partito socialista bulgaro (BSP) e il Movimento per le libertà e i diritti (DPS), considerato espressione politica della minoranza turca in Bulgaria. Così fragile, da aver bisogno dell’appoggio esterno del partito ultra-nazionalista “Ataka”.
Come se non bastasse, una delle prime decisioni del nuovo esecutivo guidato dal tecnocrate Plamen Oresharski, la nomina a capo dei servizi di sicurezza del discusso parlamentare (DPS) e tycoonmediatico Delyan Peevski ha scatenato una nuova ondata di proteste, che pur non facendo cadere il nuovo governo, ha cristallizzato un muro contro muro che spacca in modo trasversale la società bulgara.
Europee 2014: una cartina di tornasole
Non stupisce, allora, che le europee del prossimo maggio vengano considerate in Bulgaria come una cartina di tornasole, che possa dare indicazioni su eventuali cambiamenti nei rapporti di forza tra i principali partiti, segnalare nuove proposte politiche e definire la direzione in cui il paese intende muoversi.
“Visto le recenti e turbolente vicende politiche, evidente che trattandosi di elezioni per il parlamento di Bruxelles, la campagna elettorale in Bulgaria sarà centrata soprattutto su temi di politica interna, mentre i temi che hanno a che fare col futuro dell’Unione europea resteranno in secondo piano”, sostiene Antoniy Todorov, ordinario di Scienze politiche alla Nuova Università Bulgara di Sofia. “Molti voteranno a favore o contro l’attuale esecutivo”, continua Todorov, “anche se non è detto che il destino del governo dipenda in senso stretto dai risultati”.
L’inizio della campagna elettorale vera e propria è ancora lontano, ma alcuni elementi sono già visibili. I sondaggi di opinione disegnano un testa a testa tra il BSP e GERB, e sembrano garantire al DPS una rappresentanza politica a Bruxelles. “La leadership socialista ha dichiarato apertamente che ritiene fondamentale che i partiti della coalizione di governo conquistino più della metà dei 17 seggi europei riservati alla Bulgaria”, commenta l’analista politico Vladimir Shopov. “Un risultato inferiore verrebbe considerato una sconfessione dell’operato del governo. In quel caso, la possibilità di nuove elezioni anticipate si farebbe molto concreta”.
In lotta per un posto a Bruxelles
Molti partiti minori, nuovi e vecchi, fanno a gara per ritagliarsi uno spazio politico e superare la soglia del 6%, considerata il consenso minimo per aspirare ad almeno un eurodeputato.
A sinistra, la novità è “Alternativa per una Rinascita bulgara” (ABV), costola ribelle del partito socialista, in dissenso con l’attuale leadership e guidata dall’ex presidente Georgi Parvanov. Dalla parte opposta dello spettro politico, si presenta agli elettori “Blocco riformista” ennesimo tentativo di aggregazione delle varie anime della destra liberale. Battitore libero è il movimento “Bulgaria senza censura” (BBC), formazione populista nata intorno all’ex discusso giornalista Nikolay Barekov. BBC tenta l’operazione già più volte tentata con successo sulla scena politica in Bulgaria: andare a caccia dei voti nelle fasce più insoddisfatto della società. Restano poi in gioco per un seggio a Bruxelles gli ultra-nazionalisti di “Ataka”, nonostante il vistoso calo dovuto alla scelta politica di fare da “stampella esterna” all’esecutivo Oresharski.
“Difficile dire quale dei movimenti ‘minori’ abbiano le maggiori possibilità di spuntarla, tutti vengono ancora dati in gioco dai sondaggi. La rappresentanza bulgara al Parlamento europeo potrebbe essere quindi piuttosto variegata”, sostiene il professor Todorov. “Quello che mi preoccupa è la reale possibilità che ci sia una significativa presenza di elementi euro-scettici e nazionalisti, che alle europee potrebbero ricevere un sostegno più ampio che in consultazioni nazionali”.
Un’eventualità che però, secondo Vladimir Shopov, non è ancora così reale. “Credo che dopo i sogni poco concreti dei primi anni di adesione all’UE, gli elettori bulgari stiano diventando euro-realisti, ma non euro-scettici. Hanno compreso che i vantaggi della membership non sono automatici, ma bisogna lottare e impegnarsi per poterne godere. Anche il voto a formazioni nazionaliste come ‘Ataka’, almeno in Bulgaria non presenta come elemento centrale una richiesta di meno Europa”.
Voglia di referendum
A rendere più complessa la lotta per le europee del prossimo 25 maggio, è la proposta di votare parallelamente su tre referendum voluti dal presidente bulgaro Rosen Plevneliev.
Obiettivo del possibile voto referendario è il sistema elettorale: in caso di responso positivo degli elettori, verrebbero infatti introdotti un sistema maggioritario, l’obbligo di voto e la possibilità di eleggere i propri rappresentanti a distanza, grazie al voto elettronico.
Ancora non è chiaro se sono state raccolte le firme necessarie, né se l’eventuale referendum potrà essere organizzato insieme alle europee del 25 maggio. Se questo dovesse rivelarsi possibile, il voto parallelo avrebbe ricadute anche su affluenza e (probabilmente) risultati delle consultazioni europee.
“La legge elettorale ha un forte potenziale di mobilizzazione dell’elettorato, visto che una riforma del sistema è stata in cima alle richieste di chi protestava nei mesi scorsi. Nel caso in cui si riuscisse ad abbinare i referendum al voto europeo, credo che l’affluenza potrebbe crescere significativamente”, sostiene Todorov. “Molto dipende però dalla formulazione concreta delle domande referendarie: se dovessero essere poco chiare, l’entusiasmo potrebbe scemare in fretta”.
Per Shopov, il referendum si farà, ma quasi sicuramente dopo le europee. “I partiti di governo non hanno interesse a un voto congiunto, perché con una bassa affluenza hanno tutto da guadagnare. Tenteranno quindi di rallentare quanto più possibile le procedure. Certo”, conclude l’analista, “i partiti di opposizione che sostengono i referendum [soprattutto GERB e il Blocco riformista] potranno allora accusare il governo di aver paura degli elettori, e fare della questione una carta da giocare nella campagna per le europee. Dubito però, che sarà una carta in grado di cambiare in modo significativo gli equilibri”.