Tra calanchi, paesaggi agricoli, anziani contadini e borghetti medioevali. Marco Saverio Loperfido sta attraversando a piedi una regione poco conosciuta d’Italia, e invita tutti a partecipare al suo Giro della Tuscia in 80 giorni
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/IMG_4409.jpg[/author_image] [author_info]di Samuel Bregolin. Diplomato come perito agrario, ha seguito letteratura contemporanea a Bologna. Si occupa di agricoltura biologica, reportage, poesia, giornalismo e viaggio. Ha viaggiato in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Ex-Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, Tunisia e Marocco. Ama raccogliere e raccontare storie dal basso e dalla strada. Ha collaborato con Il Reporter, Colonnarotta, Lindro e Turisti non a Caso. Collabora con Viaggiare i Balcani, OggiViaggi, Il circolo del Manifesto di Bologna, Articolo3, Il Reportage, Qcode Mag. [/author_info] [/author]
16 marzo 2014 – C’è una piccola fontana di pietra all’angolo della piazzetta, la luce del sole riflessa dall’acqua che scorre rilancia riflessi argentei, un secchio di plastica arancione abbandonato a riempirsi d’acqua e ormai colmo da tempo trasborda dai lati. Dietro una fila di palazzine liberty accecate dal sole, gerani ai davanzali e tapparelle verdi, una signora anziana con il fazzoletto in testa si siede su alcuni scalini di pietra. Sembrerebbe uno scorcio di qualche paesino dell’agrigentino, invece siamo a San Michele in Teverina, provincia di Viterbo.
La croce in ferro arrugginita spicca sulla sommità del campanile giallo ocra, che si staglia contro i calanchi e le colline verdi, immerso dal cielo azzurro. Sembrerebbe la provincia di Parma e l’Appennino Tosco-emiliano, invece siamo sempre nella Tuscia Viterbese.
Un borgo in pietra arroccato sulla rupe di tufo che scende a picco, casupole accatastate una sull’altra, vicoli stretti, panni stesi al sole, lunghe scalinate che raggiungono il fondo valle. Matera e la Basilicata? Entroterra campano? Il parco nazionale d’Abruzzo? Niente di tutto questo, siamo sempre in Tuscia, a Civitella d’Agliano.
La Tuscia viterbese è un territorio astratto e cubista, formato da borghetti in peperino giallo, corrosi dal tempo e abbandonati dagli italiani. È in questa regione fatta di campagne e boschi, tra contadini e pastori che Marco ha deciso di sviluppare il suo progetto di viaggio a piedi. Che ha chiamato “Il giro della Tuscia in 80 giorni”. Tra i pochi anziani ancora presenti, tra sentieri di campagna abbandonati o poco battuti, sconfinando con calanchi e siti archeologici ricoperti dalle frasche e dalla vegetazione. Quello di Marco è un viaggio che ricorda il Gran Tour settecentesco o la metodica passione di uno storico, perché a percorrere questi sentieri non è rimasto più nessuno.
L’idea di Marco è semplice: che l’Italia sia interamente percorribile a piedi, da Trieste a Trapani, tra tratturi e sentieri. Propone il progetto al Crowfunding e ottiene finanziamenti sufficienti per lanciare il sito (www.ammappalitalia.it), dove ognuno può pubblicare i percorsi a piedi che conosce.
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Però per lui non è abbastanza e decide di dare per primo il buon esempio: zaino in spalla e bastone da passeggio in mano parte per il suo giro della Tuscia in 80 giorni. Un’avventura esotica come la citazione all’avventuroso viaggio fantastico di Jules Vernes lascia intuire, perché ad averla attraversata tutta a piedi, la Tuscia, sono davvero in pochi, a memoria d’anziano è addirittura il primo.
Ma procediamo con ordine: la Tuscia viterbese è sostanzialmente il territorio della provincia di Viterbo, nel nord del Lazio. Un territorio che sfuma tra la maremma Toscana, le colline umbre, la valle del Tevere, il lago di Bolsena e il Mar Tirreno. Un’area abitata fin dall’antichità da romani ed etruschi, e ancor prima da greci, longobardi e bizantini. A giudicare dagli innumerevoli siti archeologici abbandonati e dimenticati tra i boschi potrebbe riservarci parecchie sorprese storiche, ma ogni azione di recupero è affidata a sconosciuti gruppi archeologici, composti da volontari e appassionati con grande motivazione ma pochi mezzi economici.
La Tuscia non è solo storia, ma anche minuscoli borghi di pietra, incastonati sulle rupi, una gastronomia popolare e casalinga, le campagne coltivate come una volta, i noccioleti e gli ulivi, i bar di paese, le associazioni culturali semisconosciute che organizzano eventi artistici e musicali più originali che nella capitale, ma che hanno visibilità e pubblico pari a zero.
La Tuscia è un territorio cubista, che avrebbe deliziato la fantasia di Pablo Picasso per le prospettive geometriche, umane, per gli incroci di storie e situazioni. Una regione praticamente sconosciuta ai più, che forse proprio per questa ragione è stata risparmiata alla deturpazione edilizia degli ultimi decenni.
Marco percorre le campagne di villaggio in villaggio, la sera si fa accogliere dalle amministrazioni comunali, dalla protezione civile, da amici, curiosi. Discute con gli anziani, lava i panni nei lavatoi antichi scoprendo che qualche massaia li adopera ancora. Si fa indicare i sentieri dai pastori. Si ritrova a cene di gruppo con vecchietti che ballano la mazurca, bevono vino rosso e discutono di politica e coltivazione dei noccioli. Viene contattato da volonterosi, curiosi sul suo percorso, appassionati del viaggio a piedi, professionisti del turismo, famiglie: tutti desiderosi di partecipare a qualche tappa, a qualche chilometro tra i boschi e le campagne.
Così quello che doveva essere un viaggio solitario e intimo si trasforma in un movimento collettivo, e quel Marco che partì da solo con lo zaino sulle spalle dalla sconosciuta frazione di Chia, dove pur visse Pier Paolo Paolini, si ritrova accompagnato da motivati camminatori.
Attorno al progetto di Marco si crea un’attenzione particolare, quando i gruppetti di viandanti arrivano nei borghi antichi oltrepassando qualche inutilizzata porta in pietra vengono scrutati da dietro le finestre dalla popolazione del posto, perché nel silenzio delle pietre colpiscono il quotidiano e diventano evento eccezionale. Chiedono indicazioni ed aiuto a sconcertati bottegai che li osservano avviarsi verso la piazza principale, chiacchierano in campagna con i contadini che zappano l’orto o che li superano in Apecar. Sono seguiti su Facebook e Twitter da chi vorrebbe essere lì ma non può, da chi aspetta di vedere le nuove foto e il nuovo percorso della giornata o da chi semplicemente vuol vedere se ce la faranno ad arrivare fino in fondo alla loro folle impresa.
Il cammino che Marco e i suoi sostenitori stanno percorrendo sta smuovendo un territorio che è prima di ogni altra cosa agricolo e contadino. La loro volontà di ferro per affrontare i quotidiani chilometri che separano un borgo dall’altro colpiscono gli anziani, ormai abituati a vedere i giovani partire verso Roma o Milano, disinteressati dalla campagna. Eppure Marco risponde con semplicità, non vuole essere un protagonista ne un eroe, un viaggio di questo tipo può farlo chiunque, continua a ripetere, non servono allenamenti particolari, giusto la voglia di ammirare il paesaggio che scorre lento.
Le tappe del giro della Tuscia in 80 giorni sono aperte a tutti, basta contattare Marco attraverso il sito del viaggio e farglielo sapere preventivamente, si può seguire il progetto anche attraverso i social network: basta cercare su Facebook o Twitter. Oppure leggere il quotidiano blog di Marco sul sito.
Come disse qualcuno in compagnia di Marco sulla cima della torretta di Civitella d’Agliano, su di uno scenario meraviglioso fatto di calanchi argillosi, le pietre antiche del borgo, verdi oliveti spazzati dal vento primaverile e un generale senso di armonia e bellezza: l’Italia è sempre qui, con i suoi paesaggi, pronta a meravigliarci e stupirci ancora. Quelli che mancano sono gli italiani.
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