[note color=”000000″] Io arrampico. E trovo che lʼarrampicata sia una stupenda metafora di vita. Ma la vita, lʼaltra montagna, è piena di metafore. Perché ogni gesto, anche il più piccolo, è solo una parabola di qualcosa di molto, molto più universale. [/note]
di Alice Bellini
20 maggio 2014 – Vivo a Genzano di Roma, nei Castelli Romani. Si tratta di 17 pittoreschi paeselli a pochi chilometri a sud di Roma, più o meno arroccati e più o meno trapuntati di tesori di epoca romana e barocca di vario e suggestivo tipo, due laghi vulcanici, circa 15.000 ettari di boschi, prati e colline, circa 300mila abitanti durante tutto l’anno e un Papa durante la stagione estiva.
Nell’effettivo, è probabilmente uno dei posti più belli d’Italia. E non lo dico perché è casa mia. Lo dico perché è vero. Il Parco Regionale dei Castelli Romani è un vero fiore all’occhiello del Bel Paese e la quantità di turisti, soprattutto stranieri, che attira ogni anno è innumerevole.
.
.
Seguendo lo spiccato senso di cura, salvaguardia e protezione che le politiche e le autorità locali hanno nei confronti di questo preziosissimo territorio, è in programma la costruzione di un inceneritore nel comune di Albano Laziale, in Via Roncigliano, per chi è più pratico della zona. In altre parole, uno scempio, che non solo lede all’estetica del paesaggio, ma inquina aria e terreno, provocando enormi rischi per gli abitanti del territorio circostante dato il copioso rilascio di scorie cancerogene che l’inceneritore provocherebbe.
Grazie all’instancabile lavoro di opposizione e sensibilizzazione del Comitato NO INC, i lavori sono stati bloccati e si mira all’interruzione totale della costruzione di tale inceneritore. Ad ogni modo, i comuni, da Roma fino ai Castelli, sembrano trovare difficoltà a staccarsi da una politica basata su discariche e inceneritori e la lotta dei rifiuti continua.
.
Un suggestivo barlume di speranza, per quanto poco affidabile nella sua messa in atto, lo ha dato l’obbligo, che sempre più comuni stanno imponendo alla loro cittadinanza, di fare la raccolta differenziata dei rifiuti, e finalmente il 19 di maggio quest’obbligo arriverà anche a Genzano di Roma, seguendo l’operato di già altri svariati comuni dell’area Castelli.
Una vittoria, viene da pensare. Ma mi domando se è davvero così.
Quando, qualche giorno fa, l’ente che si occupa della raccolta differenziata si è presentato sotto il nostro condominio per distribuire i cestini e i sacchetti e disporre i secchi davanti al palazzo, le scocciature e le lamentele sono state di gran lunga superiori al sollievo e alla soddisfazione di avere finalmente anche noi la possibilità di essere dei cittadini più civili e rispettosi.
“Ma noi lì dove avete messo i secchioni volevamo metterci le panchine per l’estate”, “e poi adesso pensa che fatica stare appresso a tutte ‘ste istruzioni, io c’ho un bambino piccolo, mo mi devo preoccupà pure della monnezza?”, “ma almeno paghiamo meno tasse sulla mondezza? Perché sennò che la facciamo a fare?”.
Così, in tutto il condominio, che conterà circa una settantina di persone, inquilino più inquilino meno, saremo forse in 10 ad aver provato contentezza di fronte a tale evento e ad aver pensato che è meglio dover stare appresso alla monnezza, che avere un inceneritore a qualche chilometro da casa. Ad essere felici di avere la possibilità di vivere in un ambiente almeno un po’ più pulito. Di poter dare una mano. Fare il nostro. Agire.
.
.
Senza contare lo stupore vagamente scandalizzato davanti alla notizia che, se l’immondizia non verrà riciclata nel giusto modo, seguendo le apposite istruzioni, tutto il condominio verrà adeguatamente multato. Come se, una volta diventato rifiuto, l’effetto di ciò che buttiamo non ci competesse più. Come se i rifiuti non fossero nostri e, dunque, non solo possiamo far di loro ciò che vogliamo, ma non possiamo essere multati a causa loro.
Così continuo a chiedermi se è davvero una vittoria, o solo lo sbuggeramento di una sconfitta che è avvenuta ormai da anni, decenni, direi anche ventenni.
Perché se essere cittadini responsabili e rispettosi dell’ambiente non è un piacere, allora cosa lo è? Se poter trattare i nostri simili e il Pianeta in cui viviamo in maniera consapevole e giusta non è motivo di soddisfazione, allora cosa potrà mai esserlo? Se poter garantire un futuro migliore e meno inquinato alle generazioni future non è una valida azione, allora quale altra?
Quando si dice che siamo peggio delle bestie, forse è vero. Perché quello che le bestie capiscono e noi no è che i rifiuti che produciamo non sono scarti, ma risorse. Che non sono senza valore, ma assolutamente preziosi. Che rifiuto, e dunque immondizia, significa rispetto, cura, risparmio, salvaguardia, salute, miglioramento, giustizia. E che il problema non sono i rifiuti, ma il modo in cui li trattiamo e ciò che ne facciamo.
Bisognerebbe rifiutarsi. Nel senso di diventare noi stessi rifiuti, ossia diventare capaci di fare qualcosa di buono, dar vita a nuove forme d’energia e di vita, aiutare l’ecosistema, farne parte in maniera rispettosa ed equilibrata. Rifiutarsi sarebbe una cosa bellissima, se fatta nella giusta maniera.
Ma poi esco di casa il pomeriggio e vedo un padre che spiega a sua figlia di sei o sette anni, appena uscita dalla scuola davanti al mio condominio, a cosa servono quei nuovi secchioni, cosa c’è scritto sopra e dove va quale rifiuto. E allora mi dico che magari non sarà una vittoria, ma almeno una speranza e che per cambiare le cose è necessario continuare ad avere fiducia nel genere umano, sensibilizzandosi a vicenda, credendo nella capacità altrui di capire e partecipare. La speranza che poi, una conseguente responsabilità verrà da sé.
.
.
Sosteneteci. Come? Cliccate qui!
.