I separatisti filorussi ormai lasciati soli da Mosca
di Matteo Zola, tratto da EastJournal
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5 giugno 2014 – La guerra civile ucraina, se così può essere chiamata, vive ore di intensi e feroci combattimenti. Un sanguinoso canto del cigno per i separatisti ormai abbandonati anche da Mosca. Stamane, alle prime ore del giorno, circa 800 miliziani filorussi hanno attaccato un posto di frontiera al confine con la Russia nei pressi della città di Lugansk.
Non è ancora noto il numero esatto di morti. Secondo le fonti ucraine, l’attacco era ben organizzato e ben coordinato dai separatisti: per affrontarli è stato necessario aviotrasportare truppe sul posto. Questo starebbe a dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno, l’ottima preparazione tattica dei rivoltosi. Una preparazione che non si improvvisa e non ci si può attendere da semplici cittadini in armi. L’attacco – forse pensato per alleggerire Lugansk dall’assedio dell’esercito regolare – è stato respinto ma i disordini sono continuati.
A Lugansk i separatisti hanno dichiarato che contro di loro sono state usate bombe a grappolo e molti ordigni giacciono inesplosi per le vie della città. Per questo i filorussi, che ancora controllano alcuni edifici chiave di Lugansk, hanno invitato la popolazione a lasciare la zona. L’offensiva di Kiev, ripresa con vigore dopo l’elezione di Poroshenko a presidente, sta spingendo i rivoltosi verso il confine al di là del quale le truppe russe starebbero smobilitando, almeno secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters che cita fonti Nato.
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A Donetsk si è sparato intorno all’aeroporto e i quartieri limitrofi sono stati sgomberati. Forse per far spazio ai caccia bombardieri di Kiev che, secondo Russia Today, emittente di stato russa, sarebbero stati usati per far saltare i capisaldi dei rivoltosi.
A Sloviansk e Kramatorsk i separatisti si stanno giocando il tutto per tutto, intensificando gli attacchi ma anche qui, secondo l’agenzia russa Itar-Tass, aerei militari ucraini stanno ripulendo il fronte per favorire l’avanzata dell’esercito regolare mandato da Kiev.
Se l’uso di caccia bombardieri e aerei militari, con il bombardamento anche intenso di alcune aree urbane, fosse confermato, ecco che allora si avrebbe la certezza della fine del sostegno di Mosca ai rivoltosi. Fino a qualche settimana fa sarebbe bastato un solo colpo di pistola in direzione di un miliziano filorusso a scatenare l’invasione russa. Oggi non bastano bombardamenti e bombe a grappolo. Putin, dopo le minacce, sta ora battendo in ritirata anche perché a Kiev si sta instaurando un potere assai diverso da quello paventato da Mosca: il potere degli oligarchi. Poroshenko, il nuovo presidente, è uno di loro ma soprattutto Achmetov, il padrone del Dombass, sostiene apertamente il nuovo corso.
La “rivoluzione” di Maidan è bell’e finita. Con un sublime esercizio di gattopardismo tutto è cambiato affinché tutto potesse rimanere uguale. Così anche i separatisti a est non servono più. Gli oligarchi hanno tutti gli interessi a trattare con Mosca, anche se cercheranno di mungere la vacca euroatlantica per un po’.
I miliziani, precedentemente armati da Mosca, sono ora senza padrini politici e proprio per questo il sangue, nel Dombass, scorrerà ancora più copioso nelle settimane a venire. Ma gli assalti sempre più violenti condotti dai separatisti testimoniano come questi presagiscano la fine e, braccati, abbiano deciso di vendere cara la pelle.
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