Presentato ieri il nuovo sito che dovrebbe essere un faro per noi cittadini verso il 2017. Un countdown dei mille giorni e ovviamente non una notizia negativa
di Angelo Miotto
@angelomiotto
2 settembre 2014- I quadrotti, sono nove, gli articoli sei in home page, le voci di menu sono cinque, il countdown sotto la testata che ha un loghetto tutto italiano nei colori con le frecce che danno nella loro semplicità una buona idea di dinamismo, ma il risultato a prima vista è di una struttura un po’ troppo cheap, leggerina. Eppure il comunicatore che usa gli Hastag # e si pregia di parlare a braccio ha voluto costruire tutta una retorica intorno al numero mille – un numero importante e ricco di riferimenti nel subconscio di un cittadino comune – annunciando un sfida, il, conto alla rovescia, piuttosto risibile.
Lo si capisce immediatamente dal tono di questo sito che è istituzionale, ma il vero aggettivo, che non dovrebbe accompagnare ‘istituzione’ ahimé, è: propagandistico.
News e infografiche, video. Son voci del menu sopra uno slider che fa scorrere gli argomenti importanti, quindi giustamente posti in testa. Poi i quadrotti colorati, verde, blu, arancio e rosso, che portano dentro gli articoli. Le prime news sono positive, la riforma del Senato ha un’infografica che a leggerla così sembra il racconto di una manna dal cielo, la giustizia sarà più efficace, l’Istat che negli ultiomi decenni ormai ha raccontato la mucillagine sociale italiana, l’impoverimneto materiale e di valori, qui annuncia la ripresa dell’occupazione.
È il governo che parla di sé, quindi, si potrebbe obbiettare – che cosa vi aspettavate d’altro.
Ecco. Il tema dell’utilizzo della rete e delle istituzioni, però, qui viene svilito in maniera aberrante. La semplicità con cui viene imbastita la comunicazione e il nostro futuro da qui al 2017 è imbarazzante, posto che al cittadino la materia da presentare dovrebbe essere tanto più ricca e complessa per far onore alla sua dignitòà e del suo pensiero. Spiegata bene, e in linguaggio popolare, ma complessa.
Ah già quello dovrebbero farlo i giornali. Obiezione accolta. Eppure rimane l’idea che il tempo dedicato a costruire uno spottone sul web dai meccanismi simili ai pezzi grossi del Lego potrebbe essere rivolto a costruire meccanismi web sulla trasparenza delle istituzioni. Insomma, allora funzionava anche meglio la propaganda dello spot berlusconiano con lo stampo che si imprimeva roboante sui provvedimenti dicendo: “FATTO!”.
Ma girando l’Italia forse il presidente del Consiglio mai indicato da nessun voto democratico avrà compreso ben meglio di noi che questo Paese è destrutturato nelle sue fondamenta. Voluto così, missione compiuta. Oltre un quarto di secolo di lavoro costante nell’abbattere bellezza e cultura nel nome dell’intrattenimento becero e risate volgari, tette, culi e sguardi erotici che ci perseguitano anche dalla macchina del caffè, dove non si capisce perché la ditta che noleggia arriva con quella signorina con l’occhietto vivace al posto di una sana immagine di un chicco tostato per benino. Cercare cultura ed esercitare l’intelletto è cosa che la massa ormai ritiene da snob, un insulto a ben vedere. Mentre troppo spesso piccoli spettacoli popolari montati su palchi cittadini divengono motivo di sentirsi partecipi di eventi di cultura, come se questa non fosse una cosa da assumere e fruire nella quotidianità e non nell’evento speciale. Su Il fatto quotidiano un sovrintendente che lascia l’italia e va a Los Angeles perché là per l’arte funzionano due paroline: research and education. Inutile aggiungere commento.
Continuiamo così. L’uomo prima del progetto, le sue virtù di comunicazione che generano notizia sulla non notizia, come dimostrava Arianna Ciccone del festival di Giornalismo di Perugia, quando via twitter chiedeva alle grandi testate perché ritwittassero i cinguettii di Renzi anche quando non vi era notizia, ma semplice annuncio. È un meccanismo sbagliato. Il che non è solo dannoso per il sistema informativo, ma per la comprensione delle cose. Il decreto sblocca Italia non sblocca e va riscritto, e in poche ore abbiamo ‘passodopopasso’.
I programmi, le idee ragionate, la pazienza e il tempo – il tempo – per riuscire a spiegare una via, una strada senza condire il tutto con paillettes luccicanti manco dovessimo convergere festosi alla fiera dell’aspirapolvere a rate o al coltello tagliaverdure e tagliatutto, sarebbero l’unica vera strada per non perdersi nella comunicazione spettacolo, dove i mille giorni diventano evento, quando sono un lavoro, normale, di chi governa, di chi ci rappresenta. E anzi forse non rappresenta proprio un granché visto che siamo ancora nelle larghe intese e con un tradimento più che discreto del voto elettorale. Uno scippo.
Ma anche qui, per costruire una cultura diversa e normale dovremo andar passo dopo passo. Il problema è cominciare, dare il primo, creare le condizioni per. E questo è un tema della società civile, prima che della politica. Dell’educazione, dell’informazione e della capacità che avremo di arginare la deriva delle news da primate, le non-notizie acchiappa click che tanto piacciono ai decerebrati del marketing nei giornali, cui i giornalisti non sanno imporre una visione. Questione, come sempre, di profitto.
Tiriamo innanzi, se la causa vale, le battaglie non si perdono mai. Caro governo, #Millegiorni è solo il tuo dovere. Invece di strombazzare la voce del padrone ,meglio #zitti e a lavorare.
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