Il nuovo documentario prodotto da Zalab, per la regia di Marco Calore e Gustav Hofer, parla del dramma dei CIE
di Redazione
@QcodeM
15 ottobre 2014 – Immaginatevi che una delle persone più care con cui vivete – vostro padre, il vostro compagno, vostra madre, un figlio o un fratello – venga improvvisamente prelevata dalla polizia e imprigionata lontano da casa, con il rischio di essere per sempre espulsa dall’Italia, questo non per aver commesso un reato o un atto violento, ma solo per la mancanza di documenti in regola.
Un pericolo tanto angosciante quanto reale per le famiglie di molti immigrati inseriti nella nostra società ma in conflitto con la burocrazia. Questa è la realtà vissuta da Alejandro, Bouchaib, Karim, e Peter, rinchiusi nei C.I.E. (Centri di Identificazione ed Espulsione) di Torino, Trapani e Roma, e delle loro famiglie, che attendono in un limbo di sapere se i propri cari torneranno a casa o saranno mandati via dall’Italia. Limbo racconta le loro storie di attesa, rabbia e paura, di affetti in bilico tra famiglie e culture diverse.
Storie in cui i figli sembrano solo poter subire i destini di sofferenza e assenza dei padri e le donne devono reggere il peso di una legge ingiusta e senza cuore.
Nota di regia
Quando abbiamo iniziato le ricerche, siamo partiti dalla convinzione che il Limbo in cui la vita di queste famiglie viene drammaticamente sospesa per un tempo non prevedibile coincidesse con il tempo di permanenza nei CIE, ma ci siamo presto resi conto che non è così. L’incubo di non riuscire a prevedere in nessun modo gli eventi futuri, la paura di perdere improvvisamente un pezzo importante della propria famiglia, l’angoscia di dover abbandonare anni di fatiche, amicizie e affetti si protrae ben oltre l’uscita dai CIE. Fino a quando non si trova un modo di ottenere un permesso di soggiorno la paura di essere nuovamente fermati, rinchiusi ed espulsi resta il peso reale su cui si costruisce la quotidianità di intere famiglie.
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