di Pierre Salvadori, con Catherine Deneuve, Gustave Kervern, Féodor Atkine, Pio Marmai, Michèle Moretti, Nicolas Bouchaud
Nelle sale
di Irene Merli
@merlire
19 ottobre 2014 – Ecco un film dove si capisce che il regista prova amore per i suoi personaggi, tutti in crisi, fragili ma buffi. Ed un titolo italiano che massacra la commedia strampalata ed amara realizzata da Salvadori con efficacissimi protagonisti, tra cui una Deneuve che per questo ruolo ha ricevuto una standing ovation all’ultimo festival di Berlino. Il titolo originale è infatti Dans la cour, nel cortile.
Ed è proprio in un cortile condominiale dell’est di Parigi che si ambienta il film: area comune, come spesso nella vita, di una serie di proprietari ed abusivi con paure irrazionali e segreti inconfessabili.
Qui, una mattina, arriva Antoine, un musicista sulla quarantina che si improvvisa concierge per sfuggire alla sua vita e al lento arrivo della depressione. Ad assumerlo sono Serge, un ex sindacalista e sua moglie Mathilde, che d’improvviso si sveglia alle tre di notte per controllare le crepe nel muro del salotto, e in poco tempo, man mano che cresce la sua ansia, le crederà premesse di cedimento e crollo del palazzo.
Nello spazio scenico all’aperto, con il pavimento consumato e le piante sfiorite, si avvicendano poi il classico cavillatore che pianta grane un giorno sì e uno no, un pusher che oltre agli stupefacenti vende biciclette rubate, e le stipa nella corte, perché ha dovuto rinunciare a carriera da calciatore, un cieco che si fa leggere i libri dalla volenterosa Mathilde e una guardia della security, vittima di una setta e privo di mezzi per pagarsi l’affitto, chi ascolta la tv troppo forte e chi non sa dove lasciare il bambino.
Antoine, in breve, diventa il confessore e il parafulmine di questa comunità di instabili: ascolta tutti e con tutti è paziente, gentile o addirittura complice. Chiude un occhio sui traffici dell’ex-calciatore, che in cambio della copertura gli passa strisce di cocaina, accoglie a dormire nella sua guardiola l’agente di sicurezza e il suo gigantesco cane, ruba da un giardino pubblico una pianta di rose e la fa crescere su una parete del cortile.
Ma soprattutto sarà d’aiuto a Mathilde, donna iperattiva che si sente letteralmente mancare il terreno sotto i piedi senza che il marito riesca a comprenderla. La sua ossessione la sta rovinando e Antoine, depresso pure lui, diventerà la persona di cui fidarsi, l’unica che non la giudica mai. È come se i due si fossero riconosciuti: tra la bionda borghese divorata dall’ansia e l”orso” bipolare nasce un legame di profondo sostegno. Il problema è che, come la cocaina, Antoine e Mathilde sono uno per l’altro sollievo e veleno… E quel che farà male a lui riporterà alla vita lei, e tutti quanti a ciò che conta davvero.
Piccole crepe, grossi guai ha una scrittura molto vivace e gioca bene tra i registri della commedia e dei drammi che si celano come la polvere sotto i mobili. I suoi personaggi si muovono in una fitta rete di equivoci e conflitti, ma riescono a farci ridere nonostante vivano gravi disavventure.
E nessuno di loro, neppure per un istante, ci risulta odioso o insopportabile. Perché Salvadori guarda le sue creature con empatia, anche lui come Antoine non giudica mai.E un film, ovviamente, è lo sguardo di un regista su fatti e persone, lo specchio delle sue intenzioni e delle sue idee su quei fatti e quelle persone. “Questo cortile”,spiega Salvadori, “può essere percepito come un concentrato dell’epoca e, soprattutto della paura diffusa. Per effetto di una lente di ingrandimento”.
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