di Angelo Miotto e Christian Elia
Stiamo, lo diciamo, con gli operai delle acciaierie di Terni.
Non con chi manda i poliziotti a pestarli.
E nemmeno con chi non ha chiesto conto ai poliziotti che si toglievano i caschi di fronte ai forconi, abbassando la testa dello stato minuscolo, e alzano ora i bastoni su chi perde il lavoro.
Ma soprattutto stiamo oggi con le parole di Maurizio Landini. E vi diciamo perché.
Un articolo, bello e utile di Christian Raimo sulle colonne di Internazionale (eccolo qui) racconta perché il linguaggio di Matteo Renzi alla Leopolda e in maniera di diversa di Susanna Camusso in Piazza San Giovanni siano fonemi vuoti alle orecchie di tanti, impedendo la via che dalle nostre orecchie arriva ai nostri pensieri, scatenando giudizi, empatie, critica, entusiasmo, rabbia. Leggetela è una analisi molto interessante.
Oggi stiamo con Landini che ferma i suoi di fronte all’attacco a freddo dei poliziotti in antisommossa e manganelli e che di fronte alle telecamere grida, adrenalina nella voce e negli occhi, parole comprensibilissime e dirette. Arrivano senza ostacoli a colpire quella parte di noi che capisce immediatamente il linguaggio della sincerità e dello sdegno.
Sdegno, perché qui c’è di mezzo la dignità delle persone, dei lavoratori, quelli in carne e ossa, non quelli delle strumentalizzazioni retoriche sull’articolo 18.
Urla Landini rivolto a Renzi: “Dica una parola invece di fare slogan del cazzo! C’han da chieder scusa ai lavoratori, questo paese esiste perché c’è la gente che lavora, altro che palle, leopolde e cazzate varie. Basta Slogan! Basta! Han rotto le scatole! Ma che diano ordine di colpire, quelli che sono ladri, che evadono le tasse, i corrotti. Se la prendono con gli unici onesti. Ma come cazzo siamo messi!”.
Dopo quattro giorni di analisi e di guerra aperta, ormai, fra Palazzo Chigi e il sindacato, arrivano le botte mentre gli operai mariano verso il ministero. Scherzi di Alfano? Adesso avremo tutti i retroscena e nello stesso tempo Renzi si ritrova con una carica a freddo su chi perde il lavoro dopo aver predicato di cuori sorridenti. Fosse anche un trappolone, ne abbiam visti in passato non sarebbe certo la prima volta, rimangono le parole di Landini che esprimono nell’adrenalina dell’incazzatura furiosa una sintesi precisa, schietta e sintetica di quello che stiamo aspettando una larga parte della popolazione di elettori che si trovano in mezzo a un deserto fra formazioni logore e tentativi naufragati.
Basta slogan del cazzo. Ottimo inizio per iniziare a scrivere cosa vorremmo dalla politica. Meno show e frasi belle, meno hastag e botta e risposta fra gettoni e Iphone. Ci vogliono ancora una volta, ahimé, bastoni e sangue a ricordare al nostro mondo digitale che stiam parlando di persone, che chiedono lavoro, che avrebbero diritto – senza chiedere – a uno Stato non compassionevole, ma Stato. Con la S maiuscola.
King! Direbbe qualche giovane dopo aver visto il video di Landini. La verità nell’urlo, che è urlo di dignità. Stiamo con gli operai delle acciaierie di Terni. E con tutti quelli che urlano quando c’è di mezzo la dignità.
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