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I volontari agricoli che vanno a piedi dal Veneto alla Puglia

[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/08/IMG_4409.jpg[/author_image] [author_info]di Samuel Bregolin, @Samuelbregolin. Diplomato come perito agrario, ha seguito letteratura contemporanea a Bologna. Si occupa di agricoltura biologica, reportage, poesia, giornalismo e viaggio. Ha viaggiato in Francia, Italia, Inghilterra, Spagna, Ex-Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, Tunisia e Marocco. Ama raccogliere e raccontare storie dal basso e dalla strada. Ha collaborato con Il Reporter, Colonnarotta, Lindro e Turisti non a Caso. Collabora con Viaggiare i Balcani, OggiViaggi, Il circolo del Manifesto di Bologna, Articolo3, Il Reportage, Qcode Mag. [/author_info] [/author]

12 novembre 2014 – Puglia e Veneto distano 965 chilometri l’una dall’altra, contando dal lido di Venezia al Salento. Una distanza che di solito attraversiamo in autostrada o in treno, per chi scende in vacanza ad Alberobello o per La Notte della Taranta, oppure in autobus per gli studenti fuori sede di Padova e Verona che rientrano a fare il pieno di taralli e olio d’oliva.

Chilometri macinati il più velocemente possibile, per risparmiare tempo e annullare le distanze. Eppure sono proprio la fretta, la velocità, l’unire un punto A con un punto B che creano gli ostacoli e le barriere più grandi, finendo per separare la penisola con incoscienza e incomprensione.

Bisognerebbe affrontare ogni viaggio con calma, andare incontro al cambiamento piano piano, perché corpo e spirito abbiano il tempo di metabolizzarlo e capirlo. Quante cose succedono in 965 chilometri, quanti paesaggi, città, paesi, borghi, prodotti agricoli, paesaggi, storie, persone e situazioni diverse. Chilometri e distanze che ci insegnano, un passo dopo l’altro, ad accettare il diverso, a capirlo e a riconoscerlo come simile.
 

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Puglia e Veneto sono diverse come il giorno e la notte e qualsiasi tentativo di dare omogeneità agli antipodi del Paese non è solo inutile ma addirittura dannoso. Magna Grecia la prima, Impero Austroungarico la seconda, non hanno niente in comune se non il fatto di far parte della stessa penisola.

Questa è, a volerla vedere, una delle ricchezze più grandi dell’Italia, che ci obbliga a rimetterci perennemente in discussione, a capire situazioni diverse dalle nostre, a confrontarci e in fin dei conti a mantenerci vivi. Inutile viaggiare fino in capo al mondo per riportare a casa quattro foto sbiadite e sopratutto vuote di significato quando basta fare una manciata di chilometri per ritrovare un universo da scoprire. Ma non eravamo un popolo di santi, navigatori, poeti e viaggiatori?

Carlo e Giorgio sono i veri protagonisti, fin ora rimasti dietro le quinte, di quest’articolo. Sono partiti pochi giorni fa per un viaggio che lì occuperà per più mesi. L’idea è di scendere da nord a sud, dal Veneto alla Puglia spostandosi solo ed esclusivamente a piedi e dormendo in aziende agricole biologiche ospitanti.

 

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Carlo e Giorgio attraversano tratturi di campagna e strade bianche, tracciano col GPS vecchi sentieri abbandonati di cui hanno sentito parlare dagli anziani al bar, oppure seguono quelli già tracciati. Riscoprono territori per molti anni abbandonati all’incuria, attraversano campagne frequentate ormai solo da enormi trattori agricoli. Paesaggi inquinati dagli scarichi industriali, panorami abbruttiti dagli abusi edilizi e risorse naturali e storiche inestimabili, luoghi che oggi sono sopratutto vuoti e privi di vita: perché su quelle strade non si vede più passare nessuno da decenni.

Da nord: dall’ex produttivo Veneto, roccaforte leghista con il mito dell’azienda famigliare, la regione di Porto Marghera, dei Benetton, dei Gentilini e Galan, scendere giù giù fino alla Puglia del presidente Nichi Vendola, dell’ILVA, dei trulli e dei cantieri abusivi, di Caparezza, dei traffici illegali di sigarette e patria indiscussa del pomodoro. Perché, a voler continuare così, qualcosa che accomuna nord e sud lo si trova facilmente, ma purtroppo conviene di più alle lobby economiche che a noi, non conviene a chi perde il lavoro, a chi diagnosticano il cancro o a chi arriva nel nostro Paese senza permesso di soggiorno. L’alternativa, se possibile, ce la dobbiamo costruire noi dal basso. Se noi per primi non abbiamo la voglia e la tenacia per rimetterci in discussione, speranze non ne restano molte.

Terminata la giornata di cammino Carlo e Giorgio caricano tutto il materiale su internet: tracciano il percorso su google maps attraverso il GPS, poi spiegano dove si trovano i luoghi più interessanti, quali i bivi più difficili, mettono qualche foto. Da quel momento in poi quel percorso, quel sentiero, esce dai rovi e ritorna usufruible dagli altri: la scommessa è che tutto il territorio italiano sia percorribile a piedi, senza attraversare strade di asfalto.

È camminando ci si prende cura del territorio, così come coltivando. Si perché Carlo e Giorgio tracciano percorsi che collegano le aziende agricole locali, produttori biologici e biodinamici iscritti al Wwoof  (Working weekends On Organic Farms), che li accolgono per una notte o qualche giorno. Il Wwoof è un movimento mondiale che mette in relazione volontari e progetti rurali naturali promuovendo esperienze educative e culturali basate su uno scambio di fiducia senza scopo di lucro, per contribuire a costruire una comunità globale sostenibile.

 

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Il Wwoof nasce nel 1971 da un’idea di Sue Coppard, una segretaria londinese che riconobbe in se stessa e nei suoi vicini il bisogno di un ritorno alla natura. Da allora il Wwoof si è allargato e ampliato fino a essere presente in più di cinquanta paesi. Il funzionamento è semplice: si vive alla pari in aziende agricole biologiche o biodinamiche ospitanti, lavorando qualche ora al giorno in cambio di vitto e alloggio. Ci si mette d’accordo direttamente tra volontari e agricoltori, senza intermediari.

Carlo e Giorgio stanno unendo realtà agricole lontane tra loro, creano contatti e legami tra aziende agricole e produttori, tra contadini, imprenditori agricoli, be and breakfast e comuni ecologiche. Riaprono quelle strade che, lontane dall’asfalto delle tangenziali, portano ancora da un luogo a un altro in equilibrio con il territorio.

Camminando scoprono vecchi reperti archeologici dimenticati e ne parlano su internet per divulgarne la conoscenza, quando incontrano una discarica abusiva o rifiuti e sporcizia lo fanno sapere nel resoconto della giornata, informano le amministrazioni comunali responsabili che lì c’è da pulire. Mettono pressione perché il territorio venga rispettato e tutelato.

C’è da rimanere a bocca aperta a scoprire quante vestigia storiche, panorami e paesaggi diversi, specie vegetali e animali, usi e costumi, lingue e dialetti esistano in ogni fazzoletto di terra dello stivale. Una scoperta così stupefacente che viene da chiedersi: ma chi sono quei pazzi che abbandonano tutto ciò alle ortiche? Probabilmente pazzi anestetizzati da petrolio e consumismo!

 

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Mai nessuna terapia fu migliore che camminare: trasmettere sul piano fisico le riflessioni, le paure e le angosce. Allora si che da ogni passo scaturisce una rivoluzione: ma solo se a farlo siamo in tanti.

Carlo e Giorgio sono solo in due, ma potrebbero essere ciascuno di noi: non hanno riserve finanziarie infinite, la loro vita non è priva di problemi e difficoltà, semplicemente hanno deciso di provarci, che il momento giusto era adesso, non tra cinque anni o dieci, ma adesso, scendere in strada, imboccare il primo sentiero sconosciuto e andare alla riscoperta di tutto quello che abbiamo dimenticato.

Il loro viaggio è la prima dorsale delle VieWwoof, che con l’incontro di Maratea a fine settembre ha cominciato a muoversi all’interno di Wwoof Italia e Ammappalitalia, l’obiettivo è di tracciare e unire i territori di tutta la penisola, dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna al Friuli Venezia Giulia. Per adesso si comincia con due regioni emblematiche: Veneto e Puglia. Si comincia da nord verso sud, si comincia da Carlo e Giorgio, aspettando che veniate a raggiungerli.

Ricominciare da capo, da zero, non è mai semplice. Chi l’ha mai riaperto un sentiero abbandonato? Come si usa un GPS? Come si ammappa un percorso? L’ideale è chiedere a chi sulla nostra voglia di cambiare ha deciso di giocarsi molto del proprio futuro. Si chiama Marco Saverio Loperfido e potete contattarlo su www.ammappalitalia.it

 

 

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