A Gerusalemme un agente della sicurezza uccide un uomo credendolo un terrorista arabo. Era un ebreo, ma poteva essere chiunque di noi, in una società vittima dell’ossessione securitaria
di Christian Elia
Al Muro del Pianto a Gerusalemme si accede da due punti, entrambi fortificati, con uno scanner per i bagagli e un metal detector. Come in aeroporto, con procedure molto più accurate. Alle spalle, mentre in fila attendi il tuo turno, brilla una delle piazze più suggestive del mondo.
In alto scintilla la moschea di al-Aqsa, dorata come un sogno, alla quale si accede da un camminamento dotato delle stesse procedure di controllo. Turisti e fedeli da tutto il mondo, tutti i giorni dell’anno, si accalcano per camminare, vedere, toccare, respirare uno dei luoghi più carichi di spiritualità. In passato ci sono stati scontri e violenze in questo luogo, ma quello che è accaduto oggi, 21 giugno 2013, è surreale nella sua violenza.
Una guardia di sicurezza ha ucciso un uomo di 46 anni nella piazza del Muro del Pianto, dove una barriera separa uomini e donne che si avviano a pregare di fronte ai lastroni millenari, spesso infilando un biglietto con una preghiera tra le fessure, a volte appoggiando il corpo per sentirne il contatto. Una prima ricostruzione della polizia israeliana rende noto che l’uomo sarebbe stato scambiato per un miliziano palestinese, perché avrebbe gridato ‘Allah u Akbar’ e provato ad estrarre qualcosa dalla tasca.
La guardia regisce: dieci colpi massacrano l’uomo, ebreo, che pare noto come assiduo frequentatore della Spianata del Muro del Pianto dove avrebbe fama fra i fedeli di persona “eccentrica”. Sembra di leggere quelle vecchie cronache locali, dove ‘il matto’, ‘lo strano’, popolano i racconti delle serate al bar e spiegano le cose che non si vogliono capire davvero.
Cioè che Israele ha creato un luogo, calpestando i diritti di chi lo abitava, e ci si è chiuso dentro. Perché un muro, alla fine, chiude qualcuno fuori, dall’altra parte, ma finisce per recludere anche il costruttore. E peggio dei muri di cement, a volte, sono i muri della mente. Quelle barrier dell’ossessione securitaria, del pregiudizio, nutrito da anni di propaganda dei vari governi israeliani che, per giustificare le violazioni dei diritti dei palestinesi, hanno lavorato a nutrire l’idea dell’arabo assassino.
Un pregiudizio che basta avere la barba e un colorito della pelle più scuro per provare. Lo senti addosso, te lo fanno sentire con mille attenzioni e domande. Solo che una società militarizzata, ossessionata da una sicurezza totale che non esiste, fomentata nell’odio e nel timore dell’altro, genera mostri. Oltre a rivoltarsi contro il suo creatore, novello Franckenstein. Perché, come diceva il poeta, chi non terrorizza si ammala di terrore. Ma è questa la società che Israele voleva edificare? Fino a quando non verranno rimosse le cause dell’odio, l’occupazione e la violenza, i palestinesi continueranno a soffrire come accade loro da più di sessanta anni, ma gli israeliani, guardandosi allo specchio, finiranno per non conoscere neanche un giorno di pace.