Nigeria, il petrolio non è eterno

Il gigante africano non deve far fronte solo al terrorismo, ma anche a una situazione economica che, in vista delle elezioni di febbraio, si fa preoccupante a causa del prezzo in calo dell’oro nero

[author] [author_image timthumb=’on’]http://www.buongiornoafrica.it/wp-content/uploads/2012/06/raffa01.jpg[/author_image] [author_info]di Raffaele Masto. @RAFFAELEMASTO. Faccio il giornalista e lavoro nella redazione esteri di Radio Popolare. Nei miei oltre venti anni di carriera ho fatto essenzialmente l’inviato. In Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa, continente nel quale viaggio in continuazione e sul quale ho scritto diversi libri dei quali riferisco in altri spazi del blog www.buongiornoafrica.it. Insomma, l’Africa e gli africani, in questi venti anni, mi hanno dato da vivere: mi sono pagato un mutuo, le vacanze e tutto ciò che serve per una vita di tutto rispetto in un paese come l’Italia.[/author_info] [/author]

2 dicembre 2014 – La caduta del prezzo del petrolio danneggia ovviamente tutti i paesi petroliferi. Ma alcuni sono più danneggiati. La Nigeria arriva a questo appuntamento, che del resto era quasi atteso, in condizioni drammatiche.

 

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Secondo gli esperti di Deutsche Bank, per coprire le spese di bilancio alla Nigeria serve il petrolio a 120 dollari al barile. L’Economist Intelligence Unit, un gruppo di esperti che fa riferimento all’omonimo settimanale britannico, prevedono che nel 2015 le entrate di Abuja derivanti dalle esportazioni di greggio non supereranno i 67 miliardi di dollari, vale a dire il 18% in meno rispetto all’anno scorso.

Questa crisi per la Nigeria non è affatto congiunturale. Le grandi compagnie già da qualche tempo stanno disinvestendo dal Delta del Niger, la regione petrolifera del paese. Per ragioni di sicurezza ma anche perché negli equilibri geo-strategici che vanno profilandosi il petrolio utile sarà sempre di più quello sulla costa opposta africana, cioè sulla dorsale del Pacifico, vista la vicinanza con le economie emergenti dell’Asia.

E poi ormai di petrolio se ne trova dappertutto tanto che per molti analisti il trend del futuro sarà appunto quello di un prezzo al barile costantemente sotto i 70 dollari.

Per la Nigeria è realmente una crisi gravissima e strutturale dato che oltre l’ottanta per cento del suo PIL è costituito dalle esportazioni petrolifere e dall’indotto di questo settore.
Per ora l’unica misura che si profila all’orizzone è un provvedimento di emergenza, contingente: la svalutazione della moneta nazionale che è già stata deprezzata dell’8 per cento rispetto al dollaro la settimana scorsa.

Certo. Ci si avvicina alle elezioni di febbraio e nessuno si può permettere di mostrare una economia e un paese in grave crisi. Ma le cose stanno diversamente.

Anche sul fronte terrorismo la Nigeria non è messa bene. Boko Haram continua a espandere il proprio “califfato” nelle regioni del nord al confine con Niger, Ciad e Camerun e continua a sferrare attacchi clamorosi e sanguinosi come quello alla Moschea di Kano con oltre 120 morti. Da qui a febbraio la situazione può solo peggiorare.

 

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