Causa ed effetti di una storia che non insegna
di Christian Elia
@eliachr
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22 dicembre 2014 –Osservatorio Iraq e Un ponte per, due sguardi differenti solo per i linguaggi utilizzati, per raccontare la realtà complessa e dolorosa dell’Iraq. Il racconto e la denuncia giornalistica, il lavoro di sostegno alla società civile.
Edizioni dell’Asino pubblica un libro che raccoglie interventi e testimonianze, che nasce “dalla necessità di comprendere e di affrontare l’emergenza cha ha travolto l’Iraq nell’estate del 2014”, come recita la quarta di copertina. Per scoprire che di tutto si tratta, tranne che di un’emergenza. Perché fin dalla guerra del Golfo del 1991, in Iraq, è stato innescato un processo che oggi mostra, definitivamente visibili sul terreno, i sui drammatici effetti.
Quali sono? Quelli di una ‘confessionalizzazione’ violenta della società, il ribaltamento di un assetto regionale che ha trovato nella contrapposizione posticcia tra sunniti e sciiti il carburante con il quale incendiare la zona, l’autonomia curda in malcelata tensione con la Turchia e la Siria.
Un’emergenza che, dopo anni di silenzio, è tornata alla ribalta quando le colonne di Isis hanno invaso Falluja a gennaio, per diventare narrazione globale con la caduta di Mosul, fino a farsi drammaturgia con l’assedio di Kobane.
Oggi tutti parlano dell’Iraq, della necessità di sostenere un governo che per anni è stato affidato alle criminali cure di Nouri al-Maliki e dei suoi sodali. Una società civile abbandonata al suo destino, dopo che l’invasione del 1991 aveva creato aspettative deluse in sciiti e curdi e quella del 2003 aveva affogato il Paese nel sangue e tra i profughi.
Un paese del quale abbiamo fatto un teatro di burattini, giocando con Saddam in chiave anti Iran (guerra degli anni Ottanta), poi rendendo lo stesso Saddam come il bersaglio da abbattere, fino al Maliki di turno, lasciato libero di fare quel che voleva in cambio di ‘stabilità’.
Per tutto questo è utile leggere La crisi irachena, perché è utile ricordare. E’ utile riflettere sulle parole di coloro che negli ultimi venti anni denunciavano gli interessi occulti dietro le operazioni militari in un paese che tra guerre e sanzioni è stato devastato.
Oggi tutti si ricordano dell’Iraq. C’è chi non ha mai smesso di occuparsene, raccontandone l’umanità, le risorse rapinate, la cultura e le tradizioni distrutte a colpi di cannone. Isis è solo l’ultima puntata di una lunga e triste storia. Che dobbiamo rileggere per tentare di non commettere sempre gli stessi errori.