Negli ultimi giorni è arrivata all’ANSA, agenzia nazionale di notizie, una busta senza mittente. Dentro c’era fotocopiata la lettera che Luciana Alpi, madre di Ilaria Alpi, uccisa con Miran Hrovatin a Mogadiscio venti anni fa, chiedeva all’associazione Alpi di mettere fine al Premio giornalistico, oltre a rassegnare le proprie dimissioni da socia. La stessa signora Alpi ha giudicato meschino il fatto che la sua lettera sia stata diffusa in questa maniera, un gesto indegno che aggiunge amarezza.
Mancanza di utilità, denuncia la madre di Ilaria, soprattutto nella scoperta della verità. Una verità che, qui il lancio ANSA, «non si può aspettare per 20 anni». È assolutamente vero, se fosse necessario dirlo. Le parole della madre di Ilaria Alpi non sono materiale di controversia o di critica, nemmeno quella costruttiva.
Ci sentiamo però di dire che il lavoro svolto in 20 anni dal Premio Ilaria Alpi è sotto gli occhi di tutti; un lavoro faticoso che con il tempo ha dovuto reagire alle normali esigenze di ricerca fondi per avere ospiti interessanti, garantire la vivacità dei parterre pensati per onorare l’esempio di una brava giornalista con un momento a cadenza annuale di riflessione, di visione, di incentivo per i giornalisti più giovani.
È tutto questo patrimonio che non può e non deve andare perduto. Il Premio, che si svolge a Riccione, non potrà certo ignorare la volontà della signora Alpi, ma quello che più conta in questo momento è che si ordinino le idee e si canalizzino gli sforzi per mantenere un appuntamento serio e fecondo che possa amplificare la necessità del giornalismo di inchiesta, di quello narrativo, del teatro civile, della prosa impegnata, della musica e degli intrecci che coniugano le diverse arti e le diverse tecniche al servizio del fare un giornalismo utile, ma anche bello, di denuncia e di contesto.
Nell’accavallarsi della cronaca mordi e fuggi, in un rumore indistinto di notizie che si annullano nello spazio limitato della nostra percezione, nel bombardamento senza sosta di input che riceviamo nella nostra quotidianità c’è assoluto bisogno di oasi in cui atterrare e fermarsi, per ritrovare il senso, per scoprire, per fare comunità e conoscere altri soggetti che condividono una visione del fare informazione.
Q Code lancia dunque questo appello, sperando che non cada inascoltato, e vi chiede di farlo circolare: non si chiuda un’esperienza utile e importante, che può trovare – nel rispetto del volere della mamma di Ilaria Alpi – una diversa motivazione e denominazione, per continuare a proporre ai più giovani esempi di giornalismo vero, anche a partire dalla sconfitta che rappresentano 20 anni senza una verità. Eppure nella capacità di veicolare messaggi e conoscenza, di disegnare nuovi orizzonti e nel dibattito che è sempre stato presente in questi anni c’è la forza per proseguire con un progetto capace di lasciare un segno.
Maurizio Torrealta, un giornalista importante per il Premio, invita a raccogliere il seme che è stato lanciato e a far crescere una nuova realtà. È anche l’auspicio di Q Code Magazine, in un messaggio agli amici dell’Associazione e del Premio Ilaria Alpi, riconfermando la nostra disponibilità a essere presenti per qualsiasi confronto o supporto che garantisca un futuro a un momento così importante del nostro giornalismo.
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