Fotografie di Luigi Ottani
I nanetti e Biancaneve si sono spostati in balcone.I gabbiani, dalla discarica, sono volati a San Clemente. Sul litorale improvvisato spiccano i rami nudi marroni e arancio, le giacche fluorescenti gialle e arancio.
“No tav” dice il graffito sul muro della ex stazione ferroviaria.
I piani terra hanno traslocato in cortile. Frigoriferi bianchi, color legno, blu. Lavatrici bianche. Ante scure degli armadi della nonna. Tavoli anni Settanta in compensato. Scaffali anni Duemila dell’Ikea.
Un braccio meccanico mangia la spazzatura. Un phon bianco e arancio, rotondo, vintage. Una radiolina a transistor che sembra uscita dal film di Wall-E. Mezza pagnotta d’Altamura imbibita d’acqua.
Un sandalo ortopedico dottor Scholl’s. Una confezione di tortelloni di ricotta. Una palla-mappamondo di gommapiuma. Mele.
“Dire fare abitare”, dice il cartello sulla vetrata dell’agenzia immobiliare. Si intravede dietro le ante bianche di un’altra cucina smontata e traslocata sul marciapiede. “Via Tornacanale” dice il cartello stradale. Un altro diceva “Via Chiaviche”.
Col terremoto non si poteva entrare
I piani terra? Erano una benedizione. Oggi si è rotto l’argine, e traslocano sul marciapiede.
Sedie asciutte, grigie, da sala d’aspetto. Un condizionatore. Cocci di bottiglie verdi, sembrano terracotta. I faldoni delle fatture. “19 indirizzi beauty”.
Alle piante di casa manca la terra sotto i piedi. Una stufetta rosa, uno scendiletto in pelo di pecora.
Il braccio meccanico continua a mangiare. Aperto, sembra la corolla di un fiore. È il giorno degli spurghi, degli uomini in tuta spaziale, delle divise dei volontari, del rumore delle idrovore.
“Asciutto, da asciugare, da buttare”. La litania accompagna il passamano.
Un ombrello. Un sandalo a punta. Stampanti e lattine d’olio. Lampadine “Radium”. Zampironi.
Le piante in vaso della banca sono uscite a vedere la luce. Spento il bancomat. Spento il distributore di sigarette. L’espositore di caramelle asciutto aspetta vicino al bagagliaio. Il cartello “Euro jackpot” dorme nel fango.
Le cose buone delle case di provincia
La petronilla. il Tuttocittà, Il ritratto di un parente coi mustacchi. Il ferro da stiro, la macchina per scrivere Adler, la macchina da cucire Singer.
Quadri, videocassette, 33 giri. “La principessa sul pisello”. Spongebob. “Scimmietta si fa male”. Domenico Modugno. Un film di Hitchcock. Un Borsalino nero. “Il circolo Pickwick”.
Le cose buone delle case di provincia. Le cose di pessimo gusto accantonate in garage. “Prima o poi lo buttiamo”. “Ma ci sono affezionata”.
L’acqua non ha chiesto permesso. Ha violentato ricordi di famiglia, regali del primo stipendio, capricci della prima paghetta. Ha aperto i libri del liceo, i codici civili non sfogliati da anni.
“Oggi tornano i quotidiani” dice il cartello fuori l’edicola. La ferramenta in vetrina ha solo stivali di gomma.
“Ho bisogno di te perché ti amo”, c’è scritto a pennarello sullo zaino dell’Invicta. Il pupazzo giallo è rimasto asciutto. Il pupazzo rosa è affondato nel fango.
Certe case hanno ancora le crepe nel terremoto.
Un bidè, il forno a incasso, il compressore, Babbo Natale. “Ci vuole il vaporello per pulire, non vien mica via niente con solo la gomma”.
Lampadari, gialli Mondadori, addobbi. “L’è sté brèv bagaj, coso, al marì della Sabrina”.
Cinque giorni senza luce
La pizza cruda rimasta nella teglia, la squadra di pulitori venuti dall’Australia, o dall’Austria, a riallestire il Conad. “Come facciamo, che s’è rotta la gabina dell’ascensore”.
Le damigiane, una tigre di gomma, la collezione di ricordini degli ovetti Kinder. I sacchi di sabbia “speciale del Po”.
La scatola di “forza 4”, la latta di aringhe da un chilo, il casco da ciclista.
“La pizzeria il veliero non è affondata”.
Il dizionario italiano francese. I calici buoni ancora avvolti nella Gazzetta dello sport. “Cinque giorni senza luce chiusi in casa, siamo stati”.
La casa di Barbie. Il lumino rosso da cimitero.
Il nastro sottile dell’audiocassetta è rimasto impigliato a un ramo. Si srotola piano mentre il furgone fa retromarcia. Se fosse un film partirebbe la musica.
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Un anno fa, il 19 gennaio, l’esondazione del fiume Secchia colpiva i comuni di Bastiglia e Bomporto, nel modenese, provocando anche la morte di una persona. Il testo e le fotografie sono tratti dalla mostra “Il giorno della nutria”, aperta a Modena fino al primo febbraio alla galleria Consorzio Creativo.
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Nel 2014 in Italia ci sono state 42 tra alluvioni, allagamenti e frane con morti o feriti (fonte: Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica).
Su tutta la penisola ci sarebbero oltre 6000 scuole e 550 ospedali costruiti su aree di dissesto idrogeologico.
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