In Fabula / L’uomo che camminava sull’acqua

Una rubrica per non dimenticare il valore del patrimonio narrativo mondiale, tra fantasia e attualità

«Ogni immagine esteriore corrisponde un’immagine interiore che evoca in noi una realtà molto più vera e profonda di quella vissuta dai nostri sensi. Questo è certamente il senso
dei simboli, dei miti e delle leggende: ci aiutano ad andare al di là, a guardare oltre il visibile.
Questo è anche il valore di quel capitale di favole e di racconti che uno mette da parte da bambino e a cui ricorre nei momenti duri della vita, quando cerca una bussola o una consolazione. Di questi miti eterni, capaci di far strada all’anima, in Occidente ne abbiamo sempre meno».

Tiziano Terzani

L’uomo che camminava sull’acqua

C’era un tempo un derviscio dalla mentalità piuttosto rigida e legata alle regole convenzionali. Aveva studiato molto e diligentemente e presto era divenuto il perfetto prodotto della sua severa scuola religiosa. Con la fronte aggrottata, passeggiava lungo le sponde di un fiume, pensando ai problemi teologici e morali su cui si concentrava tutto il giorno, tutti i giorni, proprio come gli avevano insegnato.

Per lui, la religione emotiva, quella fede profonda che ognuno sente dentro, corrispondeva non tanto a un sentimento, quanto alla costante ricerca della Verità Suprema attraverso domande e liturgie ben precise e imprescindibili.

Ma mentre pensava così intensamente e deditamente, un suono insistente s’intromise tra i suoi pensieri. Da qualche parte in mezzo a un’isola al centro del fiume, proveniva il grido di qualcuno che ripeteva un’invocazione della sua stessa religione. Ma la pronuncia di tale invocazione sembrava ripetuta in maniera sbagliata e così, pensò fermamente il derviscio, non sarebbe servita mai a nulla.

Allorché, ritenendo che fosse suo dovere di studente diligente e competente andare a correggere quella povera e sgraziata invocazione, noleggiò una barca e andò a cercare l’uomo a cui apparteneva quella voce, per aiutarlo a migliorare le sue conoscenze e porre rimedio alla sua fede espressa in modo così sbagliato.

Approdato sull’isola, scorse in mezzo a un canneto un uomo vestito anche lui da derviscio che, seduto per terra, si cullava al suono di quel verso iniziatico. Senza indugio, il nostro derviscio lo fermò.

“Mio caro amico, stai sbagliando. La pronuncia del tuo verso è errata. Ed è bene che io te lo dica, perché è meritevole dare consigli, tanto quanto riceverli e accettarli. Dunque ecco come devi pronunciare”, e prontamente glielo spiegò. L’altro subito lo ringraziò con cuore e umiltà.

Il ligio derviscio risalì dunque sulla sua barca e, tutto soddisfatto della sua buona azione, si mise a remare verso la sponda del fiume, pensando che, in fondo, chi possiede la formula sacra corretta possiede anche il potere di camminare sull’acqua.

Non aveva mai visto nessuno compiere un prodigio di tale portata, ma sperava che prima o poi gli sarebbe capitato. Certo, pensava, se quell’uomo avesse continuato a sbagliare così, non gli sarebbe mai stato possibile raggiungere nessuna Verità, men che meno Suprema.

Ma quando stava a metà strada, immerso nei suoi pensieri, le sue orecchie vennero disturbate di nuovo dal grido della liturgia, che però ancora una volta veniva pronunciata nella maniera sbagliata, risultando ostinatamente inutile e inconcludente.

Il derviscio si fermò e cominciò a ponderare l’idea di tornare indietro e provare ad insegnare ancora una volta all’altro derviscio la giusta via per la fede, ma i suoi occhi non gliene lasciarono il tempo. Videro infatti il derviscio dell’isola che, camminando sull’acqua, s’avvicinava a lui.

Quando l’altro lo raggiunse e gli si parò davanti, così leggiadro sulla superficie del fiume, il derviscio della barca non seppe più che pensare.

E l’altro, approfittando di quel silenzio stupefatto, gli chiese: “Fratello, perdonami se ti disturbo, ma saresti così cortese da spiegarmi nuovamente come si pronuncia la formula in modo corretto? Ho difficoltà a ricordarlo e continuo a sbagliare senza rimedio”.

Racconto Sufi

 

 

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