tratto da NenaNews
Scricchiola la connivenza dei paesi occidentali, soprattutto la Gran Bretagna, con la repressione in atto in Bahrein. E le autorità britanniche, dopo aver spiccato l’ordine di arresto della celebre attivista bahreinita Maryam Khawaja il 30 agosto scorso mentre faceva ritorno a Manama per visitare il padre in sciopero della fame, e dopo aver trattenuto anche l’attivista Nabeel Rajab lo scorso maggio appena arrivato a Heathrow, ora potrebbero prendere provvedimenti anche contro la dinastia al-Khalifa che controlla il piccolo regno del Golfo.
Gruppi di attivisti e di rifugiati politici bahreiniti stanno infatti pressando Scotland Yard perché arresti il principe Nasser bin-Hamad, figlio del re, accusato di aver torturato i manifestanti in prigione durante la sanguinosa repressione che, dal 2011, continua fino a oggi.
Gli attivisti, come ha riportato il quotidiano The Independent, hanno detto ieri di aver consegnato un nuovo “dossier di prove” all’Unità crimini di guerra della polizia metropolitana britannica chiedendo l’arresto del principe che si trova ora a Londra: a far scattare la mobilitazione dei gruppi per i diritti umani sarebbe stato un video postato giovedì dal principe sul social network Instagram in cui si vedeva il rampollo bahreinita fare jogging ad Hyde Park con un corredo di guardie a cavallo dietro di lui.
Il principe Nasser, laureato al college di Sandhurst e appassionato equestre, è un assiduo frequentatore della Gran Bretagna: si muoveva liberamente finché, nell’ottobre scorso, un primo dossier di prove di alcuni rifugiati politici aveva spinto l’Alta Corte del Regno Unito a togliergli l’immunità diplomatica.
In particolare, era stata la testimonianza di un rifugiato, conosciuto solo come FF, a far scattare l’apertura del caso: arrestato durante le sanguinose proteste contro la mancanza di democrazia in Bahrain nel 2011, ha affermato che il principe Nasser aveva partecipato di persona alle torture di due prigionieri politici nel mese di aprile dello stesso anno.
Pur privato dell’immunità diplomatica di cui godeva, in quanto membro della famiglia reale e delle forze armate bahreinite, il principe Nasser non era stato arrestato da Scotland Yard per “mancanza di prove”: anzi, dopo essere stato dichiarato “il benvenuto” in Gran Bretagna, ha visitato il paese in almeno un’occasione, durante la quale – come rivela The Independent – ha incontrato funzionari della difesa e l’inviato di David Cameron per il Medio Oriente. Meno di un mese dopo la riunione, il Bahrein ha firmato un accordo per stabilire una nuova base della Royal Navy nel paese del Golfo.
Ora gli attivisti dichiarano di aver consegnato un nuovo dossier all’Unità crimini di guerra di Scotland Yard, contenente delle prove “decisive” per procedere contro il reale bahreinita. Il principe Nasser, dal canto suo, si dichiara innocente, negando qualsiasi coinvolgimento nelle torture e sostenendo che le accuse contro di lui sono mosse da “motivazioni politiche”.
Sulla stessa posizione si trova il governo bahreinita, che in occasione della sospensione dell’immunità del principe lo scorso ottobre aveva diffuso un comunicato in cui si scagliava contro “il tentativo mal mirato, politicamente motivato e opportunistico di abusare del sistema legale britannico. Il governo del Bahrein nega di nuovo categoricamente le accuse contro Sheikh Nasser”.
Eppure, come evidenziano le ultime notizie in provenienza dal regno, le torture ci sono state e continuano a esserci: lo scorso anno, nel giro di due mesi, erano morti in custodia Jaffar Mohammed Jaffar e Fadhel Abbas, arrestati in seguito alla promulgazione della controversa legge anti-terrorismo per il loro presunto ruolo nelle manifestazioni contro la monarchia al-Khalifa che, sunnita, tiene sotto scacco la maggioranza sciita del paese senza diritti.
Il rapporto dell’ong britannica Centro internazionale per gli studi sulle prigioni (CPS) diffuso lo scorso anno piazzava il Bahrein, con tremila prigionieri politici su una popolazione di 1.2 milioni di persone (di cui solo 570 mila con cittadinanza) al secondo posto per tasso di popolazione imprigionata tra le nazioni arabe. Persino la Commissione di Inchiesta indipendente per il Bahrein (BICI), nominata dal governo stesso e guidata dall’avvocato di origine egiziana Sherif Bassiouni, aveva sottolineato due anni fa i gravi abusi e le torture compiute in carcere.
“Almeno cinque persone sono morte a causa della tortura – si legge nella relazione della BICI – tra cui figurano tecniche come la forzatura a stare in piedi, gravi percosse, l’uso dell’elettroshock e delle bruciature di sigarette, la privazione del sonno, le minacce di stupro, l’abuso sessuale, l’isolamento, le impiccagioni per gli arti e l’esposizione a temperature estreme”.