tratto da Redattore Sociale
Non è solo un nuovo social network. Né tantomeno l’ennesima piattaforma per dare voce a rappresentanti di culture bistrattate da qualche fondamentalista o da qualche giornale che si fa un baffo della deontologia. “The Shukran”, in realtà, è molto di più: è uno strumento tecnologico che ambisce a costruire una rete di persone che vogliono cambiare il mondo. Con un gesto che poco differisce dal mettere “mi piace” su Facebook, ma che alle spalle ha un’accezione totalmente diversa. Invece che gradire un contenuto, gli utenti di The Shukran ringraziano per il post cliccando su una mano che appare in ognuno dei post. D’altronde “shukran” in arabo significa proprio “grazie”, ma la parola è passata anche nella cultura indiana, con lo stesso significato.
Suhair El Qarra è il prototipo della Shukranian, dell’internauta del nuovo social network. Under 30, padre palestinese e mamma italiana, un inglese fluente che affiora nella conversazione anche quando si parla in italiano, una carriera accademica spesa attorno al mondo. È musulmana, ma ci tiene a precisare che The Shukran non è solo il social di chi crede nell’Islam o che vuole difendere l’Islam dal fango gettato addosso da fondamentalisti e speculatori.
El Quarra ha messo le sue competenze in relazioni internazionali al servizio del progetto, gratuitamente. Così come lo hanno fatto il grafico (un’esperienza anche al Guardian), il programmatore (Nicola Fioravanti) e altri del nucleo di una decina di ragazzi che ha dato il lancio a The Shukran, online dal 26 marzo. “Non ci conoscevamo prima, il team è nato con il progetto – spiega El Qarra -. Per noi c’era l’esigenza di superare i problemi di oggi mettendo competenze e tecnologia al servizio della nostra causa”. Una piccola squadra di quattro Shukrians ha poi autofinanziato la società con la quale si pagherà lo sviluppo del sito. E che porterà The Shukran da startup a terzo social network su cui condividere contenuti, dopo i colossi Facebook e Twitter.
L’interfaccia di The Shukran è molto semplice: una schermata con lo sfondo modificabile a seconda dell’umore e un flusso di fotografie incorniciate dentro un ottagono arabeggiante, uno dei motivi ricorrenti nella pagina.
Dentro la cornice, c’è sempre una foto o un video, con allegato il suo hashtag e le sue tag. A volte qualche parola per descrivere la situazione, più in inglese che in italiano. “Le parole però non sono centrali, le lingue diverse creano barriere. Di fronte a un’immagine invece siamo tutti uguali”, continua El Qarra. “Non si aggiungono ‘amici’ – spiega la ragazza, dottoranda in Relazioni Internazionali – il termine ha preso una valenza che a noi non piace con Facebook. Dentro The Shukran c’è una comunità di pari, dove non conti di più a seconda delle conoscenze che hai e quindi degli amici”. Bando alle polemiche, bando alla violenza, bando alle offese: The Shukran da questo punto di vista è un luogo “altro” rispetto ai social. Tutti i contenuti pubblicati mirano a costruire una comunità pacifica e accogliente. E le foto postate rimandano alla vita di tutti giorni, a luoghi incantati nascosti in qualche angolo di mondo che si guadagna i titoli dei mass media per morti e bombe. “Ci stiamo attrezzando anche per avere un moderatore che toglie i contenuti inappropriati – prosegue -. Ma la selezione sarà naturale: chi posterà immagini non in linea riceverà ben pochi Shukran”.
Se Facebook ha inventato i tag e Twitter gli hashtag, The Shukran diventerà il social che si è inventato le campagne. Basta aggiungere prima della parola il punto esclamativo. La prima lanciata dagli animatori di The Shukran è !freedominegypt, una campagna che ricorda il colpo di Stato in Egitto e le manifestazioni a sostegno della libertà di stampa nel Paese.
Si può trovare la campagna in una pagina del blog della community del social, www.theshukrans.com, nella sezione Pages of tomorrow. In alto, scorre il video di Matin Luther King “I have a dream”. Un’ispirazione per tutti: “Vogliamo che The Shukran si apra poi a ong e associazioni che fanno volontariato, per dare loro spazio e visibilità”, aggiunge Suhair El Qarra. Oltre all’ottagono, infatti, il simbolo di The Shukran è una mano, quella che ci si stringe quando ci si ringrazia: “È un elemento che unifica tutte le culture, l’abbiamo scelto per questo”.
Obiettivo di The Shukran non è tanto il pubblico italiano quanto quello internazionale. Th Shukran punta a costituire delle community di Shukrians in ogni Paese, in modo da creare una rete di amicizie e contatti che sia anche operativa e non solo virtuale. Expo a Milano sarà una grande vetrina per mostrare le proprie capacità: “Ora siamo salpati e speriamo di diventare da barca, un grande veliero, grazie all’aiuto di tutti”, aggiunge El Qarra. Il primo passaggio sarà realizzare un’applicazione per smartphone, in uscita a breve, oltre che lanciare una campagna stampa, soprattutto nel mondo anglosassone. Per ora, senza pubblicità, il sito ha già i primi 1.500 Shukrians. Tra le altre pagine collegate all’universo di The Shukran anche una collezione di aforismi della cultura islamica e un manifesto di Shukran.