Ritrovarsi

tratto da Redattore Sociale

La storia di una giovane eritrea che, dopo aver creduto il figlio morto, era caduta in una profonda depressione. Ripresasi lentamente dall’accaduto, per i due si apre la possibilità della convivenza. La mediatrice culturale: “Lei e il bimbo sono la celebrazione della vita che continua”

Un lieto fine, dopo mesi di angoscia e enormi difficoltà. La storia di S., giovane eritrea arrivata in Sicilia un anno fa dopo un difficoltoso soccorso in mare, sembra finalmente destinata a concludersi positivamente. A fine mese, infatti, la donna potrà coronare finalmente il suo sogno: vivere con il suo bambino facendo la mamma a tempo pieno. E magari, in futuro, raggiungere il marito che vive in Germania.

La storia. La giovane e il bambino l’11 maggio 2014 erano stati soccorsi in mare in elicottero. In ospedale la ragazza, non vedendo più vicino a sé il suo bambino, si chiuse subito in un preoccupante mutismo, credendo di averlo perso in mare. Invece il bimbo si trovava ricoverato in un altro reparto.

Successivamente la giovane è stata ospitata in un centro della Caritas di Palermo. Lento e difficoltoso è stato il percorso per il suo recupero: la giovane donna all’inizio non parlava con nessuno degli operatori, tranne che con la mediatrice culturale che ha cercato di capire come aiutarla, insieme a tutta l’equipe del centro. Più volte gli operatori avevano tentato di spiegarle che il suo bambino era in vita ma la giovane, in uno stato di forte depressione, non era in grado di avere quella lucidità necessaria per capire. Fino al mese di agosto dello scorso anno, quando la giovane è uscita dalla fase di depressione più critica, riuscendo ad incontrare il suo bambino di sei mesi, nel frattempo accolto è in una comunità per minori. Bambino che adesso vede per alcuni giorni alla settimana.

Quindici giorni fa nel centro di prima accoglienza della Caritas dove vive la ragazza, è stato festeggiato il primo compleanno del bambino ed è stata grande festa scandita da musica, cibo e abiti tradizionali dell’Eritrea.

“Non sono mancati i momenti di scoraggiamento in cui davvero non capivamo come meglio potevamo aiutarla ma adesso vedere S. felice e soprattutto serena mi riempie di gioia e di soddisfazione – dice Yodit Abraha, mediatrice culturale della Caritas -. La ragazza ha fatto enormi progressi affidandosi a chi in tutto questo tempo l’ha sostenuta. Adesso si sta impegnando per dimostrare che sta bene ed è in grado di fare la mamma. Il suo primo obiettivo è sicuramente quello di riabbracciare e potere stare ogni giorno con il suo bambino. Il tutto in vista della prospettiva più grande, quella di potere ricongiungersi con il marito in Germania”.
In questi mesi è stato svolto anche un lavoro di contatto telefonico continuo con il marito della giovane che, se pure a distanza, è stato fino a questo momento di grande supporto e aiuto. “S. è in una fase di stabilità – continua la mediatrice -. Il trauma che ha vissuto ha lasciato delle tracce emotive forti che però riesce a gestire. La sua fortuna è che in tutto questo tempo si è creata una rete di lavoro che coinvolge diversi operatori che la sostengono in vario modo. S. non è stata lasciata sola e se a breve andrà a vivere con il suo bambino è perché viene accompagnata e monitorata ogni giorno. Il trasferimento in una comunità insieme al bambino sarà per lei, ma anche per noi, un primo traguardo. Si tratta naturalmente di una comunità dove c’è una particolare attenzione ai casi di maggiore fragilità e vulnerabilità”.
“S. è il suo bambino – conclude – sono dei sopravvissuti che rappresentano, rispetto a tutte le tragedie del mare che ci sono state, la celebrazione della vita che continua”.

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