Hope on the line

Presentato al cinema Cappuccini di Genova, Hope on the Line è un documentario su Alexis Tsipras che può essere interpretato anche come una riflessione sulla complessità della politica

di Juri Saitta

Al cinema Cappuccini di Genova è stato proiettato per “Mondovisioni, la rassegna di Internazionale” (organizzata dall’Associazione Oblò, Y.E.A.S.T., 2minds e Marta Moretto) Hope on the Line di Alexandre Papanicolaou e Emilie Yannoukou, un documentario che segue il leader di Syriza Alexis Tsipras dalla campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 2012 fino alla chiusura del canale radiotelevisivo pubblico ERT, avvenuta nel 2013.

Il soggetto di partenza non è dissimile da quello del documentario di Corso Salani C’è un posto in Italia, film in cui il regista fiorentino osservava Nichi Vendola durante le regionali pugliesi del 2005. Ma se l’opera di Salani si concentrava soprattutto sui momenti più privati e quotidiani del candidato, il lavoro di Papanicolaou e Yannoukou si occupa soprattutto delle attività politiche di Tsipras, riprendendo le riunioni per la definizione del programma e delle strategie comunicative, i dibattiti televisivi, i comizi, gli incontri con i Paesi esteri, ecc. Il tutto inframmezzato da un’intervista frontale nella quale Tsipras racconta parte della sua biografia politica.

Risulta così evidente che ai due autori non interessa tanto sviscerare la personalità del leader di Syriza (che, infatti, emerge molto poco), quanto approfondire il programma del partito e le sue azioni quotidiane.

E se il primo punto non risulta particolarmente centrato, in quanto non svela nulla di veramente nuovo, il secondo rivela alcuni aspetti se non completamente inediti, almeno più controversi e interessanti.

In tale prospettiva, le sequenze più riuscite sono proprio quelle in cui vengono alla luce le incertezze del movimento. Si pensi, per esempio, alla scena nella quale alcuni quadri ammettono di non avere una soluzione per ogni problema e a quella dei risultati elettorali (che videro Syriza arrivare secondo), con la reazione festosa dei militanti per il buon esito complessivo, quella gioiosa dei dirigenti per aver evitato precoci responsabilità governative e quella più prudente di Tsipras, deluso per aver perso contro il centrodestra di Nea Dimokratia.

Da ciò emerge un partito con un progetto di fondo ma non esente da dubbi e incertezze, in conflitto tra il desiderio di andare al potere e la paura di non essere ancora pronto per farlo.

Nonostante questi aspetti vengano ben documentati, Hope on the Line risulta complessivamente poco incisivo come documentario su Tsipras e Syriza, in quanto anche nei momenti più interessanti non riesce ad andare veramente oltre a ciò che uno spettatore mediamente informato sa sulla situazione greca.

Ma l’opera può forse essere considerata anche e soprattutto una riflessione più ampia e generale sulla politica, come dimostra la breve sequenza di un discorso elettorale di Tsipras. Qui viene inquadrato il volto stanco e affaticato del candidato poco prima del comizio, durante il quale però cambierà espressione, sorridendo entusiasta alla folla. È proprio in tale mutamento che s’intuisce quello scarto tra la politica “ufficiale” e quella “privata”, tra la sicurezza degli slogan elettorali e le incertezze sul futuro, tra l’energia di un discorso pronunciato con carisma e il faticoso lavoro quotidiano. Uno scarto continuamente sotteso che forse rappresenta l’anima più profonda del documentario, che può essere così interpretato non tanto come un film su Tsipras ma come un’opera sulla politica e sulla sua complessità.

 

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