di Sophie Tavernese, tratto da EastJournal
L’avvicinamento di Kiev all’Unione Europea si sta per compiere. Dal 1° gennaio 2016 – come ha confermato lo scorso 27 aprile Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo – entrerà in vigore l’accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles. «Un’Europa senza Ucraina sarebbe incompleta, mutilata», aveva ribadito in occasione della sua ultima visita a Parigi il presidente Petro Poroshenko. La Russia ne aveva recentemente richiesto il rinvio per un altro anno, fino al 2017.
Tuttavia Bruxelles si è mostrata reticente a impegnarsi più a fondo per aiutare l’Ucraina, il cui obiettivo rimane quello dell’ingresso ufficiale nell’Unione Europea. Eppure, il Paese ha ancora tanta strada da fare per conformarsi agli standard previsti dall’Ue, prima di poter ambire a diventarne un membro a tutti gli effetti.
Il fronte interno: una situazione politica che sfugge al controllo del governo?
Nella capitale proseguono le manifestazioni dei minatori che hanno bloccato alcune strade del centro e protestato davanti al palazzo presidenziale e ad alcune sedi ministeriali. Chiedono il pagamento degli stipendi arretrati e la fine della chiusura delle miniere. Le autorità li accusano di essere legati all’oligarca del Donbass, Rinat Akhmetov, che aveva appoggiato alle elezioni del 2004 la candidatura di Victor Yanukovich, rifiutandosi, forse, di accettare che, in realtà, il popolo ha sempre meno fiducia nelle capacità del governo di salvaguardare la sicurezza e l’indipendenza del paese. La protesta dei minatori è comunque un messaggio importante lanciato da Akhmetov tanto a Kiev quanto a Mosca e mostra una volta di più quanto profonda e irrisolta sia la crisi ucraina che è, anche, una guerra tra oligarchi.
Il rapporto del Comitato consultivo internazionale del Consiglio d’Europa, reso pubblico a fine marzo, aveva già denunciato l’incapacità di gestire la giustizia da parte del governo e la non credibilità delle forze dell’ordine ucraine. La situazione politica interna, inoltre, è stata destabilizzata negli ultimi mesi da una serie di morti sospette. A marzo, in poche settimane, sei luogotenenti dell’ex presidente Yanukovich sono stati ritrovati senza vita in dubbie circostanze. Alcuni si sarebbero sparati, altri impiccati o lanciati dalla finestra del loro appartamento. Gli inquirenti, nei loro rapporti, hanno catalogato queste morti come “suicidi”. Ad aprile, invece, due gli omicidi che il presidente russo Putin ha definito «di matrice politica», accusando il governo ucraino. Quello di Oles Buzina, noto giornalista di posizione filorussa ed ex direttore del quotidiano Segodnia – di cui è proprietario proprio Akhmetov – e quello di Oleg Kalashnikov, ex deputato del partito di Yanukovich, entrambi freddati davanti alla loro abitazione. Poroshenko ha risposto al Cremlino sostenendo che queste morti sono delle «consapevoli provocazioni del nemico, che tenta di screditare la scelta democratica del popolo».
Proseguono gli scontri nel Donbass
Nel Donbass, anche se sporadici, continuano gli scambi di fuoco tra separatisti filorussi, appoggiati da Mosca, e truppe dell’esercito ucraino. La tregua di Minsk 2, siglata a metà febbraio, continua ad essere violata.
Gli Stati Uniti hanno accusato la Russia di aver messo in piedi sistemi di difesa aerea e accumulato armi pesanti lungo i confini. Per Marie Harf, portavoce del Dipartimento di stato americano, «si tratta della più alta concentrazione di equipaggiamenti russi nell’Ucraina orientale da agosto». Sempre secondo Harf, Putin starebbe continuando ad aiutare i ribelli in esercitazioni militari anche con l’utilizzo di alta tecnologia elettronica. «Non solo la presenza russa non è diminuita al confine, ma è anche aumentato il numero di unità inviate al fronte» ha denunciato.
Sul versante opposto, migliaia di cittadini ucraini si mobilitano per aiutare l’esercito in difficoltà e finanziare lo sviluppo di nuovi software e hardware di difesa. Come ha riportato il quotidiano inglese The Guardian – che ha documentato la presenza di droni in dotazione ai soldati di Kiev -, si cercano aziende private e si punta al finanziamento collettivo di organizzazioni volontarie (crowdfunding). Per esempio alla Eleks, una delle principali società informatiche ed elettroniche del paese, una squadra di ingegneri sta progettando software per droni. Queste operazioni non sono ufficialmente approvate dal governo.
Oltre seimila persone sono state uccise dall’inizio del conflitto, scoppiato più di un anno fa.
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