di Lorenzo Bagnoli, Redattore Sociale
Il governo di Alexis Tsipras nella controproposta all’Unione Europea, inserisce il taglio netto alle spese militari. La previsione è di risparmiare 200 milioni sul 2016 e 400 milioni per il 2017. “Sarebbe il primo a riuscirci, visto che altri governi hanno fallito nell’intento”, spiega Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo e giornalista di Altreconomia. La Grecia continua a spendere il 2,2% del proprio Pil per gli armamenti, come afferma un comunicato stampa della Nato del 22 giugno, ossia quasi 4 miliardi di euro.
Vignarca ne dà notizia sul suo blog e parte dal lavoro da lui svolto (con Duccio Facchini e Michele Sasso) nel libro Armi, un affare di Stato. Nel volume si racconta della situazione in Grecia del 2009, già in piena crisi di liquidità con l’allora troika. Al governo sedeva Kostas Karmanlis, primo ministro di Nea Demokratia. Il suo piano dell’epoca, tra le altre cose, prevedeva una riduzione della spesa del 15%.
Il leader di Syriza di quegli anni si chiamava Alekos Alavanos e in un discorso in Parlamento, come riporta un cablo di Wikileaks, chiese di ridurre del 50% la spesa militare. Per tutta risposta, il governo greco addusse che c’erano ancora pericoli di conflitti con la Turchia, per quanto i due Paesi siano da sempre entrambi membri Nato.
Dopo Karamanlis toccò a Georgios Panpandreou, del Pasok, il partito socialista. Tentò di ridurre la spesa militare in modo più netto, ma in quel caso intervennero Francia e Germania, con cui gli ellenici avevano in atto un piano di acquisto per sommergibili e navi da guerra. Proprio sui sommergibili scoppiò un caso che fece molto rumore: il direttore dei cantieri navali Skaramangas, dove arrivarono i sottomarini, e un collaboratore dell’ex ministro della difesa furono arrestati per corruzione. Avrebbero ricevuto tangenti per approvare l’acquisto. Papandreou avrebbe voluto fermarlo, ma non potè. Valore dell’operazione in tre anni: quasi 4 miliardi di euro, intascati dall’azienda tedesca Thyssen Krupp, costruttrice dei sottomarini. La consegna iniziò, racconta Vignarca, nel 2011 e i sommergibili cominciarono a prendere polvere, come previsto. Nel 2012, la Germania guadagnava circa il 15% delle entrate provenienti dall’export di armi in scambi commerciali con la Grecia. Il business è sempre stato florido: “Ai greci si domanda di tagliare tutto, ma non le spese militari”, commenta Vignarca.
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