Burundi e il punto di non ritorno

Elezioni rimandate e cronache di guerra civile

di Raffaele Masto

Le elezioni presidenziali in Burundi sono state spostate dal 15 al 21 luglio. Lo si è appreso da un portavoce del presidente Nkurunziza. La comunità internazionale aveva chiesto un rinvio delle elezioni ma non certo solo di una settimana. Di fatto non si tratta di date, le opposizioni ritengono incostituzionale la decisione di Nkurunziza di candidarsi per un terzo mandato. Per questo motivo ci sono state manifestazioni di strada, repressioni, cariche, rastrellamenti di oppositori e morti e feriti.

Ogni giorno che passa il paese è sempre più vicino al punto di non ritorno, se già non lo ha superato. Le ultime notizie sono praticamente la cronaca di una guerra civile ormai scoppiata e, forse, ormai impossibile da fare rientrare. Ci sono stati scontri tra soldati e uomini armati nel nord del Burundi, vicino al confine con il Ruanda.

In oltre due mesi di proteste, piu’ di 70 persone sono morte e quasi 160mila sono fuggite nei Paesi vicini.

Da Bujumbura arrivano notizie di una città sotto coprifuoco nella quale a volte si combatte per il contro di un quartiere o di una strada. Diversi generali dell’esercito hanno dichiarato la loro fedeltà ad un ufficiale che ha promesso di non lasciar insediare il Presidente Nkurunziza. L’ufficiale si chiama Leonard Ngendakumana.

In una intervista uscita in Kenya l’ufficiale ha rivendicato attentati contro seggi elettorali in occasione del contestato voto legislativo che ha preceduto le presidenziali. Ngendakumana è ritenuto uno dei più stretti collaboratori del generale Godefroid Niyombare’, coordinatore a maggio di un piano che sarebbe fallito per un tradimento all’ultimo minuto del ministero della Difesa.