La cosiddetta “crisi dei rifiuti” in Libano è stata la scintilla di una protesta che, specie negli ultimi giorni, ha portato in piazza non solo sempre più cittadini ma anche una frustrazione dalle radici profonde
di Marta Santamato Cosentino, da Beirut
“Il Libano è un carro trainato da 2 cavalli, uno sunnita e uno sciita, che tirano in direzione opposta e contraria. È un carro paralizzato perché la forza esercitata dall’Alleanza dell’8 marzo, che tira da un lato, viene annullata dalla forza – di eguale intensità, ma di contrapposto vettore – esercitata dall’Alleanza del 14 marzo che tira esattamente dall’altra parte.
#YouStink è un movimento che, per la prima volta, ha preso di mira il carro e lo ha liberato dalle briglie e dagli umori dei cavalli”.
Un’immagine, quest’ultima che, a costo di semplificare eccessivamente un universo complesso, ha il pregio di rendere a portata di mano una delle tante ragioni che, nel Paese dei Cedri, si traduce in una necrotica letargia politica. Nonostante il carattere acerbo di qualsiasi valutazione specifica, questo movimento, nato dalla volontà di denunciare una puzza ha avuto la costanza e la capacità di diffondere, nelle piazze assolate e lungo i marciapiedi vissuti di Beirut, una fragranza nuova.
Poche centinaia di persone nella prima metà di luglio, diverse migliaia alla fine di agosto, chiedono un cambio di passo e nuove elezioni trasparenti. La cosiddetta “crisi dei rifiuti” del mese scorso è stata la scintilla di una protesta che, specie negli ultimi giorni, continua a doppiare milestones e porta in piazza non solo sempre più cittadini ma anche una frustrazione dalle radici profonde.
Lo scorso luglio, a seguito della chiusura della principale e sovraccarica discarica della capitale e della zona del Mount Lebanon, Beirut è stata invasa da voraci montagne di rifiuti. Il lezzo della pattumiera – bruciata quando non fatta marcire al sole – a molti ha ricordato la puzza della corruzione dilagante, del malcostume e dei tanti favoritismi che, secondo i manifestanti, oliano i meccanismi della dormiente macchina pubblica libanese.
#YouStink “Voi puzzate” ed è un J’accuse che non parla ai rifiuti, ma alla classe politica. Questo raccontava Piazza dei Martiri lo scorso sabato, quella stessa piazza, lungo l’antica linea di demarcazione, in cui nel 2006 migliaia di tende chiedevano l’inizio di un nuovo capitolo. Le violenze e la – legittima quanto scomposta – rabbia di appena pochi giorni fa, sono un ricordo pallido davanti al colpo di reni di quella folla così come pallidi e forzati sono i parallelismi con le piazze di Tunisi e del Cairo degli anni scorsi. Stessi gli slogan, ma così diverso l’odore. Piazza dei Martiri non aveva l’odore del gelsomino. Quella piazza, come hanno twittato da tutto il mondo molti espatriati libanesi, aveva l’odore delle rose.
In Libano il regime da rovesciare, come grida la folla, non è un dittatore ma è il sistema zoppicante che permette che i servizi essenziali, come l’acqua, l’elettricità, la sanità e l’istruzione, rappresentino un lusso- per pochi ma “profumatamente” pagato da tutti”.
#YouStink è nato in rete dall’indignazione di una parte della classe borghese e cattolica che, sotto un hashtag e la bandiera nazionale, è riuscita ad attrarre a sé le più disparate entità conquistando una reale dimensione collettiva e interconfessionale. Sunniti, sciiti, maroniti, i rappresentanti di quelle 18 confessioni religiose qui riconosciute, chiedevano tutti la stessa cosa: un cambio di scuderia.
Il banco di prova per, questo movimento, sarà quello di riscattarsi, per davvero, da quelle briglie senza essere messo in scacco dal settarismo religioso a cui si aggiungono la minaccia del fallimento, le dinamiche degli equilibri internazionali, la e l’eco lunga della crisi siriana.
Ancora una volta, questo carro, rischia di trovarsi incastrato nel mezzo. Puntare sul (nuovo e diverso) cavallo corretto segnerà la differenza tra la rapida e vivace fiammata della paglia e una lunga quanto sapiente brace di una reale alternativa.
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