Portogallo, il banco prende tutto

Lisbona: sono migliaia i clienti del vecchio Banco Espírito Santo che hanno perso i risparmi di una vita

di Marcello Sacco da Lisbona

Un’anomalia si aggira per le strade del Portogallo, quel Portogallo che accetta i sacrifici dell’austerità perché i debiti vanno pagati, come ripetono incessantemente quei ministri che hanno fatto della crisi mondiale una questione fra galantuomini. Eppure l’anomalia non è solo una, ma centinaia, pari al numero di piccoli e medi risparmiatori del vecchio Banco Espírito Santo i quali, dopo il fallimento della banca di cui si fidavano ciecamente, hanno visto volatilizzarsi i propri depositi.

L’estratto conto riporta ancora il numerino su cui molti facevano affidamento per la vecchiaia, ma quei soldi non ci sono più, come non c’è più la loro banca. È scomparsa.

Il governo l’ha rilevata creando, come vogliono le nuove norme europee per la risoluzione bancaria, una banca “ponte” – il Novo Banco, la cui vendita ai privati è ora in fase di non facile trattativa – e isolandone le attività tossiche in una bad bank, la banca cattiva. Però tra il nuovo, il brutto e il cattivo si è aperta una voragine che ha inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro, i risparmi di tutta una vita investiti in titoli Bes e carta commerciale di Esi e Rioforte, imprese del gruppo Espírito Santo, la cui triste performance finanziaria ha affondato la banca nell’estate del 2014 lasciando, fra l’altro, un enorme scoperto anche nel colosso Portugal Telecom, subito acquistato dai francesi di Altice.

Nel popolo ormai quasi consacrato come il più silenzioso e paziente tra quelli che hanno subito l’intervento della troika (tanto che il governo in carica ha ancora buone possibilità di essere confermato alle legislative del prossimo 4 ottobre) chi promette un autunno caldo di marce tutt’altro che silenziose sono proprio loro, le vittime del più vecchio e prestigioso gruppo bancario privato portoghese. Si sono riuniti in un’associazione, ribattezzata Idignados e Enganados, e annunciano battaglie legali, ma anche manifestazioni come le tante di questa estate (culminate il 27 agosto scorso a Lisbona, con lancio di uova sulle finestre del Banco de Portugal) o come quella che preparano per ottobre a Francoforte, davanti alla sede della Bce.

Per molti di loro andare a Francoforte è persino più facile che raggiungere Lisbona. Sono infatti emigranti, i classici espatriati con la fissa del ritorno, l’idea ossessiva e circolare di morire laddove si è nati.

Pur vivendo in Germania o Lussemburgo, avevano scelto la banca che da oltre 140 anni parlava portoghese per metterci il proprio danaro. Alla manifestazione del 27 sfilavano anziani e trentenni, pensionati e disoccupati, “quinte-elementari” e diplomati. I genitori ci portano i figli, fra cui un ragazzino con la maglia di CR7, una sigla che è garanzia di successo: il Cristiano Ronaldo che fino all’anno scorso faceva da testimonial di lusso al Bes. La signora Alice marcia accanto al marito invalido, mentre Maria Rosa è sola, viene dalla Savoia e dice che in Francia ci è andata quando si lavorava come schiavi, non come ora – aggiunge – che ci si va a caccia di sussidi. Forse solo a caccia di socialdemocrazie più sostanziali.

Nel caso degli emigranti la soluzione sembrerebbe addirittura più “semplice”: hanno investito in titoli diretti del Bes e dunque il Novo Banco dovrebbe, almeno in parte, rimborsarli.

Ma questa banca ponte si poggia su pilastri fragili: ha i conti in rosso e attraversa una fase di trattative di vendita tutt’altro che liscia, visto che gli acquirenti interessati sono fondi cinesi, dunque esposti alle turbolenze finanziarie di laggiù. L’ultima proposta, prendere o lasciare, è stata quella di spalmare i pagamenti fino al 2049. Le signore Alice e Maria Rosa, entrambe ben oltre la sessantina, pronunciano quella data con un sorrisino triste. Neanche un filo di voglia di sorridere, invece, nella donna che, di fronte al Ministero delle Finanze, ha cercato di rompere il cordone della polizia per poi sciogliersi in lacrime sulle spalle di un agente.

Non tutti sono risparmiatori ingenui o scarsamente scolarizzati, ma quale scuola, se non quella della fiducia, ti insegna come leggere ogni singola clausola di un investimento?

Paulo, tra i militanti più attivi, lavorava nell’industria farmaceutica. La sua ditta ha chiuso e lui è andato a depositare l’intera liquidazione. Per ciascuno di questi risparmiatori si tratta di centinaia di migliaia di euro andati in fumo.

Non sapevano bene che cosa stessero comprando, avevano un rapporto personale con i loro gestori, con la loro agenzia di quartiere, spesso sbrigavano il grosso dell’affare al telefono, persuasi da impiegati cordialmente agguerriti a puntare tutto su un unico prodotto finanziario, per giunta di un istituto da tempo in odore di crack. Non è più un mistero infatti che lo sprezzo con cui il padrone, Ricardo Salgado, aveva rifiutato l’aiuto della troika nel 2011, più che all’orgoglio del banchiere di razza, si doveva alla paura che altri dessero un’occhiata alla sua contabilità. E sul ruolo di vigilanza dei due ultimi governatori del Banco de Portugal – Vítor Constâncio fino al 2010 (ora è il vice di Draghi alla Bce) e Carlos Costa (recentemente riconfermato) – il Paese si interroga storcendo il naso.
L’avvocato Nuno Silva Vieira, che rappresenta la fetta più grossa dei membri dell’associazione, accusa la banca di vera e propria vendita fraudolenta. I conti erano falsificati e i prodotti venduti come semplici depositi a termine, anche se i tassi d’interesse al 4% e 5% (altissimi di questi tempi, specie in Portogallo) avrebbero potuto far sospettare qualcosa. Inoltre il Banco de Portugal, avendo capito le difficoltà del Bes, già a febbraio dell’anno scorso aveva proibito la vendita di carta commerciale; vendita che invece è frettolosamente proseguita, nella disperata ricerca di una liquidità che avrebbe dovuto spalare acqua dalla nave che affondava.

Il giovane avvocato non ha paura delle clausole scritte a caratteri minuscoli – quelle che dicono sempre: il banco vince – e annuncia battaglie domestiche, ma anche lettere ai primi ministri Ue e azioni presso l’Onu, buone a mettere in guardia ogni possibile acquirente del Novo Banco.

È convinto di spuntarla e, alla fine del nostro incontro, è lui a rivolgermi una domanda: “Non ha notato l’aspetto sociologico più rilevante in tutta questa storia? Come mai questi signori non hanno trovato di meglio che un avvocato trentacinquenne proveniente dalla lontana provincia di Braga? Perché tutti gli studi che contano qui a Lisbona hanno nei banchieri, vale a dire nei vari soci del Fondo di risoluzione delle crisi bancarie, i loro più grandi clienti”.

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