Inside Out

Recensione dell’ultimo lungometraggio della Pixar, in sala in Italia dal 16 settembre

di Irene Merli

A Cannes 2015 , presentato fuori concorso, questo capolavoro dell’animazione è stato acclamato dalla stampa al grido di palmares, palmares. E il suo autore, Pete Docter, ovvero il papà di Up,  così come la Pixar, avrebbero davvero meritato un premio: con Inside Out hanno toccato una vetta difficilmente immaginabile, per audacia, fantasia e capacità tecniche.

Da secoli l’homo sapiens cerca di capire cosa si agita nella testa di grandi e piccoli. Ebbene, questi geni della Pixar si sono tuffati dentro la mente umana, – per la precisione dentro quella di di una ragazzina – in un modo totalmente nuovo che arriva a tutti, bambini e adulti.

Riley, la preadolescente in questione, ha 11 anni, vive in Minnesota ed è felice. Divisa tra due amiche del cuore, l’hockey su ghiaccio, la scuola e due genitori adorabili, sta crescendo insieme alle sue emozioni, accomodate in un attrezzato quadro comandi, che la consigliano, la incoraggiano, la spazientiscono, la infastidiscono e la contengono.

In una parola, ne guidano le decisioni e e la capacità di interagire con gli altri.

Dietro la console organizzativa mentale a governare è Joy, positiva e intraprendente; poi ci sono Anger, che perde la calma facilmente, Disgust, che arriccia il nasco sempre svogliata, mentre Fear si turba impaurito e Sadness, ovviamente triste e sfiduciata, si immalinconisce a piè sospinto.

Quando i genitori impongono a Riley il trasferimento a Los Angeles, con tutti gli strappi e i cambiamenti del caso, e il camion del trasloco risulta disperso in Texas, la ragazzina viene messa a dura prova. Non bastasse, a peggiorare la situazione ci si mettono Sadness e Joy, la prima determinata a partecipare ai cambiamenti emotivi della ragazzina, assediando timidamente la sua infanzia sul finire, la seconda risoluta a garantirle una felicità inscalfibile qualunque cosa accada. Ma la vita quasi mai è così semplice… e la lezione, alla fine del viaggio,  sarà che la tristezza esiste e va affrontata, se si vuole crescere e cambiare.

Niente di nuovo, dirà qualcuno. Ma il miracolo cinematografico di Docter è  riuscire a impersonare le voci interiori. Passare dall’astratto al concreto.

Rimettere l’immaginario al potere ingaggiando cinque creaturine brillanti, ognuna vestita di un colore diverso e con spiccate personalità, per animare un racconto di formazione straordinariamente vero, profondo, che azzarda una spiegazione su come le emozioni si inneschino, cambino nel tempo e si connettano saldamente con la coscienza.

Perché, in questa storia e in quella di tutti, non c’è apprendimento senza una colore emotivo. E Riley nel film viene spinta dalla vita a passare dal noto all’ignoto, dal semplice al complesso, per imparare ad adattarsi e a compensare quelle creature interiori che tirano da una parte e dall’altra.

“Mia figlia era tutta una risata da piccola e poi di colpo, a 11 anni, non ci guardava più e io ero ossessionato da una domanda: a cosa diavolo starà pensando?”, ha spiegato Docter.

“Ho tentato di darmi una risposta con Inside Out, un viaggio all’interno della mente, con al centro le emozioni. Certo, è stata dura scegliere come rappresentare questi cinque esserini. Abbiamo cercato di mostrare perché prendiamo una certa decisione, come selezioniamo i ricordi, perché ci si fissa con una canzoncina degli spot. È una versione pop delle teorie di Jung”.

Così vedremo sullo schermo un aspirapolvere che risucchia ricordi non irriducibili per fare posto al nuovo e al cambio delle stagioni della vita, pensieri sferici e colorati come biglie, uno strano animale generato dalla fantasia di Riley piccina che piange caramelle e guiderà Joy e Sadness nei suoi sogni e nei suoi  incubi, per poi scivolare nel burrone dell’oblio e lasciare la compagna di giochi  farsi più grande.

Insomma, tutti pazzi per Inside Out? Assolutamente sì. Senza tema di essere smentiti. I ragazzini salteranno di felicità e gli adulti inizieranno a considerare in maniera diversa quello che frulla in testa, dagli umori ai furori.