Per un partito di sinistra

Bruno Giorgini e Bifo a confronto

di Bruno Giorgini

“L’organismo della sinistra è assai poco vitale, ma comprensibilmente non vuole dirselo e nemmeno sentirselo dire. E se provassimo ad affrontare la questione da un punto di vista un po’ meno prevedibile? Se cominciassimo a dirci che no, ragazzi, non c’è vita a sinistra”.

Bifo comincia così un suo articolo pubblicato da Il Manifesto, e ripreso su Inchiestaonline, in merito al dibattito che il quotidiano comunista ha lanciato sulle sorti della sinistra con lo slogan c’è vita a sinistra.
Quindi prosegue con una sequenza di argomentazioni incalzanti, volte a dimostrare la sua tesi, concludendo all’estremo di un arco teso sulle sorti del mondo: “Ecco un pro¬getto straordinariamente importante: sopravvivere collettivamente, sobriamente, ai margini, in attesa. Riflettendo, immaginando, e diffondendo la coscienza di una possibilità che è iscritta nel sapere collettivo, e per il momento non si cancella: la possibilità di fare del sapere la leva per liberarci dallo sfruttamento. Attendere il mattino come una talpa.”

Non mi metterò a discutere i punti di riflessione proposti da Franco, quelli che condivido e/o quelli con cui non sono d’accordo: come spesso, le parole di Bifo obbligano a pensare fuori e contro gli schemi, generando sequenze impreviste di idee, questa è la loro intelligenza. Quindi semplicemente scriverò alcuni pensieri che il testo mi ha sollecitato a mettere insieme. Con una premessa, lo slogan: c’è vita a sinistra, mi è sembrato e mi sembra tutt’al più un artificio retorico – una vuotaggine, seppure capisco cosa vorrebbe evocare.

In primis mi viene in mente che ci vorrebbe alla svelta un partito di sinistra, direi: purchessia. Un partito senza discussioni bizantine, fronzoli e ghirigori, lasciando da parte ridicoli protagonismi personali, e altrettanto risibili voli pindarici, e abolendo linguaggi come: apriamo un cantiere, riscriviamo le narrazioni, è un processo complesso – ormai la parola complesso è come il prezzemolo, va bene per ogni piatto e nasconde tutti gli altri odori.

Un partito di sinistra che semplicemente tenti di dare rappresentazione sulla scena politica alle classi subalterne, che ormai non solo vengono private giorno dopo giorno di diritti fino alla sottomissione secondo il modello Renzi Marchionne FCA PD partito della nazione, ma nemmeno più hanno una qualche voce e/o espressione “politica” – qualcuno pensa che nemmeno esistano. Mentre anche una rappresentanza sindacale autonoma diventa sempre più incerta e subalterna. Poi c’è altro, ma ne diremo in fine.

Guardando ora il mondo, c’è una diffusa percezione che stia andando a scatafascio, e sempre più “s’incontra gente che sta facendo le valigie per andarsene dal mondo” (Bifo dixit chiaccherando sotto i portici, più o meno).
Più precisamente il paradigma evolutivo, che sottende e informa l’attuale civiltà degli umani, fondato su: patriarcato, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dominio dell’uomo sulla natura, mentre rende già oggi la vita sempre più invivibile, sta portando l’umanità verso una probabile catastrofe globale.
Non è possibile allo stato attuale definire quale tipo di catastrofe.
Lo spettro delle catastrofi è ampio e la natura è ricca di molti possibili fenomeni che per analogia possono darcene una percezione.

In una lista incompleta: un collasso globale e/o una collezione di collassi; un’estinzione di massa di una o più specie viventi; un sistema di frane e/o valanghe; l’apertura di fratture che evolvano verso il terremoto; una marea che sale molto rapidamente fino allo tsunami; uragani e tornadi che si inanellano l’uno sull’altro; una frammentazione le cui schegge si combattono senza esclusione di colpi e violenze, la guerra mondiale a pezzetti che già intravediamo; un cataclisma a ondate di suicidi; una crescita esponenziale di disagio psichico, fenomeni psicotici, follie e paranoie; un nero fascismo della miseria, di cui daesh, o isis che dir si voglia, è una anticipazione; o come molti dicono, il cambiamento climatico che diventa olocausto; forse una combinazione di queste e altre ancora, che possono cumularsi. Pensiamo al sistema del cancro con tutte le sue specificazioni tumorali, e ne avremo una idea.

Per i tempi, siamo nell’ordine di uno o più secoli ma i germi sono già attivi oggi. In altri termini, o il paradigma evolutivo basato su patriarcato, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dominio dell’uomo sulla natura, viene scardinato e sostituito con un altro, oppure ben presto, le decine d’anni, alcune strade verso la catastrofe saranno irreversibili.
L’umanità si trova quindi di fronte a una doppia necessità: per un verso distruggere l’attuale paradigma, per l’altro costruirne un altro, nuovo che le permetta di continuare a vivere.

Le tracce di un nuovo possibile paradigma evolutivo sono facili da scrivere:
la differenza sessuale assunta come uno dei fondamenti, l’abolizione dello sfruttamento e l’eguaglianza sociale il secondo pilastro, per terzo un nuovo contratto di equità tra uomo e natura attraverso il “lavoro come ricambio organico uomo natura”. (come insegna Euclide ci vogliono almeno tre punti per definire un piano).

Forse piuttosto di “lavoro”, dizione che ha assunto nella lunga dominazione capitalista il significato di lavoro salariato e/o sfruttato, dovremmo dire: libera attività per la trasformazione e la creazione di mondo. Qualcuno potrebbe inserire nel nuovo paradigma anche la ricerca di un nuovo mondo dove migrare, e/o l’incontro con altri viventi presenti nell’universo, la terra cominciando a essere percepita come troppo ristretta, che induce un senso di claustrofobia.

La claustrofobia è negli animali uno dei motori che provoca suicidi di massa: in un famoso esperimento una colonia di topini svedesi fu rinchiusa in un’area sui bordi di un fiordo, i topini figliarono riproducendosi fino a una certa densità per metro quadro, oltre la quale si incamminarono verso il precipizio buttandosi di sotto.

Facile da dirsi il nuovo paradigma, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare che sarà, è, molto tempestoso. I cultori e fruitori del paradigma fondato su patriarcato, sfruttamento, dominio sulla natura, non lasceranno la presa senza combattere, non rinunceranno al loro potere, usando per mantenerlo tutti i mezzi, comprese le armi di distruzione di massa se veramente si troveranno con le spalle al muro.

Bisognerà disinnescarli prima, sperando di farcela, oppure sarà guerra civile planetaria. Scomporre il loro paradigma, tagliarne le connessioni interne e quelle con i popoli, creare spazi di democrazia e autorganizzazione dove introdurre spezzoni del nuovo, sono alcune ipotesi di azioni possibili.

Quindi sia sul versante della distruzione del vecchio, che su quello della costruzione del nuovo, l’impresa è ardua, e non è impresa politica, nel senso di un partito e neppure di uno stato. Tra l’altro la politica oggi si trova stretta tra l’economia, la scienza del profitto, e la strategia, la scienza della forza, non a caso in Europa governa Draghi banchiere, negli USA Obama comandante in capo, Putin è un imperatore e non fa testo, occupando tutte le caselle.

Si tratta innanzitutto di una intrapresa culturale e antropologica, intendendo per cultura antropologica la capacità di definire e prefigurare nuove forme di vita e di socialità. Una intrapresa che deve veder in campo scienziati e ricercatori, lavoratori cognitivi, operai industriali, artisti, artigiani, lavoratori della terra, donne e uomini, insomma l’intera società civile globale, in una discussione e lotta a tutto campo. Il discorso sarebbe lungo e la prassi lo sarà ancor più. Qui vorrei solo aggiungere che sarà necessaria una riappropriazione della/e scienza/e da parte dei cittadini del mondo, vera e propria iniziativa di democrazia della conoscenza: democrazia si ha là dove nessun sapere viene disperso secondo l’antico legislatore. Ma anche sarà necessario inventare una nuova scienza, altra impresa mica facile, anzi arduissima e di lunga lena; intendo più di una generazione – da una a dieci almeno.

Avviandomi a concludere; non saprei dire se la trasformazione da un paradigma all’altro che credo necessaria, si configurerà come una metamorfosi (cambia drasticamente la forma, la larva che diventa farfalla, ma rimane invariato il DNA), oppure una mutazione (dalla vecchia specie trae origine una nuova specie con un nuovo DNA), una transizione di fase, cambiamento brusco e improvviso dallo stato solido a quello liquido per esempio, oppure un passaggio da un vecchio ordine a un nuovo ordine più o meno rapido che lascia invariato per così dire la materia. Altri tipi di cambiamento potrei elencare, tra cui la rivoluzione scientifico copernicana ma la faremmo troppo lunga.

Infine la politica: con buona pace di chi la pensava come totalità (il personale è politico: ma neanche per sogno!) occupa e si occupa solo di un pezzetto del vivere sociale, e quando va oltre rischia l’autoritarismo se non la tentazione totalitaria. Però non sarebbe male se ci fosse nel nostro paese un partito di sinistra.