di Redazione
Muoiono con il Mediterraneo nei polmoni, i migranti che non riescono a raggiungere la terraferma. Hanno l’acqua intorno e l’acqua dentro, muovono le braccia senza saper nuotare e poi smettono di respirare.
Il naufragio di Lampedusa – costato la vita a 368 persone, quasi tutti eritrei in fuga dal regime di Afewerki – è avvenuto esattamente due anni fa. Alle dichiarazioni di dolore e ai mai più non sono seguite politiche – come l’istituzione di corridoi umanitari – per combattere il traffico di uomini, i viaggi di morte. E negli anni successivi i migranti hanno continuato ad annegare: almeno 2800, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, solo in questo 2015 ancora in corso. Più quelli di cui non si sa nulla: né che sono partiti, né che non sono mai arrivati.
Una strage quotidiana che Harald Höppner, commerciante tedesco, ha capito non poter più sopportare: l’orrore e il dolore erano cosi’ forti che ha dichiarato che “gli veniva da vomitare”. Doveva agire. E in meno di un hanno, con la sua nave Sea-Watch, ha soccorso circa 2000 mila persone.
Nata da quel senso di vomito trasformato in visione, è una delle pochissime iniziative private in prima linea per assistere i migranti nel Mediterraneo. Höppner ha messo sul piatto i suoi risparmi e lo stesso hanno fatto altri quattro piccoli imprenditori tedeschi: con 75 mila euro sono riusciti a comprare a Rotterdam un peschereccio di seconda mano che l’ingegnere navale del team ha giudicato in grado di salvare vite umane.
Per tutto il resto hanno cercato altri finanziatori: al posto di un mecenate, tante persone che vogliono fermare quelle morti assurde. In molti fanno una donazione, qualcuno decide di imbarcarsi. Il bilancio lo tratteggia Giorgia Linardi, consulente legale e unica italiana dell’equipaggio.
Come è stata questa prima stagione?
Da luglio ad oggi abbiamo soccorso circa 2000 persone. Una volta, un giorno di fine agosto, 550 nell’arco di 16 ore, durante 5 operazioni condotte in contemporanea. Tra loro c’erano anche alcuni feriti gravi e due migranti senza vita. A bordo della Sea-Watch ho visto con i miei occhi che il Mediterraneo è un mare popolatissimo, dalle navi da guerra ai droni: se un gommone di migranti non viene salvato mi sento di dire che è stato colpevolmente dimenticato. Eppure, anche e soprattutto portando soccorso, si ha la sensazione di fare parte di un grande gioco: più vite salviamo in mare più la rotta appare sicura e in questo modo partono sempre più persone, andando ad aumentare il giro d’affari dei trafficanti.
Come opera la Sea-Watch?
La nave è di stanza a Lampedusa e si muove tra l’Italia e la Libia, appena al di fuori della zona contigua libica (fino a 24 miglia marine dalla costa), in acque internazionali. Facciamo sia pattugliamento sia primo soccorso. La base legale su cui agiamo è l’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che impone agli Stati firmatari l’obbligo di prestare soccorso a chiunque si trovi in condizione di pericolo in mare. E i migranti lo sono tutti.
Quando li avvistate come vi comportate?
Ci avviciniamo prima con la nave e poi con un tender. Vedendo una grande imbarcazione, infatti, i migranti potrebbero sporgersi verso di essa, sbilanciare il loro gommone e finire in mare. Per prima cosa, quindi, forniamo giubbotti di salvataggio – a bordo ne abbiamo circa 400, fondamentali perché quasi tutti i migranti non sanno nuotare – poi acqua e cure mediche. Abbiamo anche delle zattere di salvataggio, nel caso sia necessario trasferire le persone a bordo di un gommone che si sta sgonfiando. Tutto questo avviene in attesa delle imbarcazioni per il trasbordo e lo sbarco, sotto le direttive della Guardia Costiera.
Vi state già organizzando per il prossimo anno?
Sea-Watch tornerà nel Mediterraneo in primavera con una nuova imbarcazione e personale selezionato dalla stagione di lancio 2015 anche se l’organizzazione resta aperta al contributo di nuovi volontari: sia con competenza tecnica, come soccorritori o esperti nautici, sia altre figure, come reporter.
Intanto, per l’inverno, Sea-Watch si ferma in Tunisia, dove verrà congedata con onore, dopo cento anni di storia e una seconda vita: costruita nel 1917, prima degli uomini nel Mediterraneo, pescava gamberi nel Mare del Nord.