propone aerei militari a quei Paesi che non possono acquistarli per ragioni politiche o economiche. Facendo così concorrenza alla celebre Lockheed Martin
di Gabriele Battaglia
tratto da China Files
Aviation Industry Corp of China (Avic), l’impresa di Stato che è il primo produttore cinese di aerei, ha rivelato le specifiche di un avanzato jet da combattimento stealth (invisibile) nel tentativo di attirare compratori stranieri. Lo riporta China Daily, aggiungendo che la compagnia ha pubblicizzato le capacità del J-31 – questo il modello “in vendita” – in una fiera dell’aeronautica, anche se il jet è ancora in fase di prova.
I funzionari Avic dicono esplicitamente che stanno cercando acquirenti stranieri per l’aereo, nella speranza di competere con l’F-35 della Lockheed Martin.
Paesi che non possono acquistare armi dagli Stati Uniti si stanno infatti sempre più rivolgendo a Pechino, anche perché i dispositivi cinesi sono spesso più economici.
È il fenomeno della cosiddetta zizhu chuangxin, alla lettera “innovazione indipendente”, ma meglio definita come “innovazione domestica” in Occidente, per sottolinearne la natura tipicamente cinese. In pratica, da anni il Celeste Impero copia le eccellenze di altri Paesi, le adatta al contesto nazionale e poi, facendo affidamento sul basso costo del lavoro e sull’economia di scala, la esporta in pacchetti prêt-à-porter nei Paesi che non si possono permettere i prodotti d’avanguardia del nord del mondo e che sono esclusi dal trasferimento di tecnologia per ragioni politiche.
È stato, questo, il caso delle ferrovie ad alta velocità; ora tocca ai jet invisibili. Il processo non viaggia senza intoppi.
Il più catastrofico e drammatico avvenne nel 2011, quando due treni ad alta velocità si scontrarono nei pressi di Wenzhou, provocando decine di vittime. Il disastro fu imputato al reverse engineering difettoso della tecnologia giapponese su cui si basava il treno: era stata importata e riadattata (al rialzo) la velocità, ma non la sicurezza. O meglio, era stata sviluppata male, tant’è che bastò un fulmine per far saltare i dispositivi che evitano le collisioni lungo le rotaie.
Sia inteso: nella sua marcia verso una società che produce ad alto valore aggiunto, la Cina cerca di sviluppare sempre più tecnologia in proprio, disruptive innovation, come suol dirsi. È questo per esempio il caso del distretto tecnologico di Shenzhen, dove la rimanipolazione dell’hardware d’importazione si fonde con il concepimento di prodotti del tutto nuovi, spesso dopo decine di tentativi un po’ balzani (un paio d’anni fa, un esperto cinese di tecnologie mi raccontò di essersi imbattuto in uno smartphone che sul retro era un rasoio da barba).
E che dire poi di quella pietra miliare che è il recente Nobel per la medicina vinto dalla dottoressa Tu Youyou? Un rimedio anti malarico concepito negli anni Sessanta, sulla base di antiche ricette della medicina naturale cinese, che diventa poi standard internazionale. Qui siamo nel pieno dell’innovazione domestica cinese che però diventa disruptive: cambia il paradigma precedentemente in voga – la cura della malaria con il chinino – e diviene dono per il mondo.
Il J-31, come prodotto tecnologico, dove si colloca?
La Avic dichiara che il bimotore a reazione di quinta generazione, che ha un raggio d’azione di 1.200 chilometri e una velocità massima di 2205 chilometri orari, è progettato per restare in servizio fino a 30 anni e ha una capacità massima di carico di 8 tonnellate. Il caccia sarebbe in grado di “abbattere” aerei nemici in volo, secondo le parole di un dirigente dell’impresa aeronautica. Il primo J-31 ha fatto il volo di prova nel 2012.
La strategia militare della Cina è volta alla difesa attiva del proprio territorio nazionale – o di ciò che Pechino ritiene esserlo – sulla capacità cioè non solo di difendersi, ma di attaccare anche per un raggio d’azione limitato, neutralizzando così eventuali nemici che si avvicinino troppo. In questa strategia, i caccia invisibili sono vitali perché in grado di svolgere sia le operazioni offensive sia quelle difensive.
Gli analisti della difesa cinese hanno spesso paragonato il J-31 all’F-35 e funzionari degli Stati Uniti hanno ipotizzato che la Cina potrebbe aver fatto ricorso allo spionaggio informatico per acquisire conoscenze top-secret sullo sviluppo del velivolo della Lockheed. Siamo ancora alla zizhu chuangxin, o almeno così sembrerebbe. A meno che il nuovo jet messo sul mercato nasconda qualcosa di davvero disruptive. E non solo in senso bellico.