La colonna destra dei siti mainstream italiani è il trionfo dei click e la morte del contenuto in rete. Dai castori che ballano alle anatomie dei corpi esibiti in finti servizi rubati.
Q Code Mag affronta la sonnolenza postprandiale che caratterizza alcune date clou di queste feste, o il senso dilatato delle giornate natalizie e di inizio anno, con una carrellata di consigli fra lettura, video, cinema, facezie o spunti per svuotare la scatola cranica. O riempirla di contenuti di quel bellissimo concetto dei nostri avi, che veneravano l’otium come occasione di crescita personale.
di Antonio Marafioti
Lennonyc (2010). Docufilm, regia Michael Epstein
Nonostante siano passati trentacinque anni dalla sua tragica morte, New York City ricorda ogni 8 dicembre uno dei musicisti più importanti del Ventesimo secolo. Lontani che più non si potrebbe dall’annosa polemica sul reale peso musicale di Lennon e soci sulla storia della musica e sul presunto “pessimo carattere” del compositore di Strawberry Fields e Penny Lane, consigliamo la visione di Lennonyc semplicemente perché è un documento che va visto per il soggetto che vi è ritratto. La pellicola non rappresenta un semplice giudizio di valore sull’artista, ma tratta una delle storie più controverse che siano mai state vissute da una stella del rock.
Un uomo (fra i più famosi del pianeta) si trasferisce con l’amata, da lui, e odiata, dagli altri, compagna in una metropoli oltreoceano in cerca di una vita normale. Così tanto normale da dover imparare a trentadue anni suonati a pagare da solo i suoi acquisti, nello specifico un’orrenda pelliccia scura con la quale girò per le strade della Grande Mela durante il suo primo inverno in città. E ancora la persecuzione, politica, iniziata dall’amministrazione Nixon, la crisi con Yoko e la fuga nella West Coast, il baratro alcolico, il ritorno artistico, la nascita di Sean e la vita interrotta da un folle ai piedi del Dakota. Quello scritto e diretto da Michael Epstein nel 2010 è un documentario che non mitizza o assolve Lennon, ma lo racconta con dovizia di particolari, e grazie a numerose interviste inedite, in tutte le sue molteplici sfaccettature: dal grande artista, all’uomo geloso, dalla dipendenza dall’alcol alla dedizione alla seconda famiglia. In due parole: John Lennon.
The Wolfpack (2015). Docufilm, regia Crystal Moselle
Una delle storie più incredibili mai raccontate e perla cinematografica dell’anno che sta finendo. The Wolfpack narra della libertà e del suo contrario. Dell’amore esteso, imposto, fino a toccare le corde dell’odio e della rabbia. È la storia dei sette fratelli Angulo segregati, letteralmente, in casa dal padre padrone seguace del culto Hare Krishna, o meglio della sua cattiva interpretazione. Una privazione della libertà per evitare la “contaminazione” del mondo esterno. Una repressione delle personalità. Un’interruzione forzata della crescita intellettuale e sociale di sette esseri umani costretti a cercare il contatto con l’esterno nell’arte musicale e cinematografica in modo maniacale e ossessivo: da qui la trascrizione, battuta per battuta, di interi copioni di film e la reinterpretazione in chiave casalinga delle scene più celebri delle opere di Hollywood. Poi l’inaspettata consapevolezza, l’emancipazione e un volo verso la vita che sublima il carattere, e le capacità personali, di ogni protagonista e imprime alla pellicola un poetico lieto fine. Da vedere!
Il Sopravvissuto (2012). Libro di Pippo Giordano con Andrea Cottone
Negli anni della scalata dei corleonesi ai vertici di Cosa Nostra, Pippo Giordano era uno sbirro. Si definisce così lui stesso quando racconta la sua storia nel libro “Il Sopravvissuto” scritto con il giornalista Andrea Cottone per Castelvecchi RX, 2012, 173 pp., 14,70 euro. Essere sbirri in quegli anni significava mettersi contro una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo. Erano gli anni della connivenza fra mafia, politica, servizi segreti deviati, massoneria, a livello nazionale e internazionale. Era un mostro non ancora razionalizzato, e messo al suo posto, dalle indagini di Falcone e degli altri uomini del pool antimafia di Palermo. In città si sparava, si mettevano bombe, si uccideva alla luce del giorno con apparente impunità. Pippo Giordano se li è visti tutti uccidere i suoi compagni di lotta, da Cassarà, Montana, Chinnici, fino a Falcone e Borsellino. Sono pagine in cui l’ex ispettore della Dia ricorda sia la determinazione dei servitori fedeli dello Stato, che lo Stato lasciò soli, sia la paura personale di poter essere ucciso da un momento all’altro. Il testo contiene accurate ricostruzioni dei fatti dell’epoca, Nomi e sentenze, aneddoti privati volti a spiegare la scelta di tornare sempre e comunque a Palermo, nonostante fosse stato assegnato a compiti ben più comodi e sicuri in Emilia Romagna. Un’opera a metà strada tra il saggio e il romanzo per ricordare l’importanza storica del lavoro di quegli uomini che hanno dimostrato la non invincibilità della mafia che, nelle parole di Falcone, «è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha avuto un inizio e avrà anche una fine».
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