Egitto, repressione preventiva

A pochi giorni dalla ricorrenza della rivoluzione del 2011, arresti e retate contro gli attivisti


Riceviamo, e pubblichiamo, da una fonte di Q Code Magazine, una testimonianza dalla capitale egiziana

dal Cairo, V.T. (le iniziali per motivi di sicurezza)

Ieri, 15 gennaio 2016, tre giovani attivisti egiziani sono stati arrestati al Cairo. La polizia ha fatto irruzione nel loro appartamento, a Downtown, vicino al Ministero degli Interni, e li ha portati via, nella stazione di polizia di Abdin. Con loro è stato arrestato anche il portinaio del palazzo, per essere interrogato sui tre ragazzi; è stato rilasciato la sera stessa.

La polizia ha ispezionato l’appartamento e ha trovato documenti, file, carte relative al loro attivismo politico e ha dunque deciso di procedere all’arresto dei tre giovani.

L’appartamento appartiene a uno dei tre, il dottor Taher Mokhtar, un membro del Comitato Libertà del Sindacato dei medici di Alessandria che ha partecipato a diversi movimenti per il miglioramento del sistema sanitario del Paese. Gli altri due inquilini, Ahmed Mohamed Hassan and Husammadin Hamad, sono attivisti per i diritti umani.

Gli ultimi aggiornamenti dicono che gli interrogatori dei tre si sono conclusi tutti con la stessa accusa: “possesso di pubblicazioni che incitano al rovesciamento dell’attuale regime”: ci chiediamo con precisione cosa questo significhi.

Questa mattina, con alcuni amici, siamo andati davanti alla Procura di Abdin dove i ragazzi venivano interrogati. Qualcuno piangeva, poca voglia di parlare, lunghe ore di attesa, telefonate, per capire cosa stesse succedendo. Ci siamo poi spostati in un caffè, vicino alla Procura, con qualche raggio di sole a riscaldarci.

Tornando a casa, per le vie di Downtown, mi sono accorta, come mai prima d’ora, quanti muri chiudano ogni strada del centro, quanto filo spinato circondi i ministeri, chiuda le strade e, srotolato per terra, renda difficile anche solo camminare.
Da poco anche Falaki street, una delle strade principali del centro del Cairo, è stata chiusa con un lungo cancello dipinto con la bandiera egiziana: si può passare solo da una piccola porta, ma la via è chiusa al traffico.

Dieci giorni fa sono stati fatti dei controlli in uno dei centri culturali più importanti del Cairo: la Townhouse Gallery, una galleria di arte contemporanea, che poi è stata chiusa, senza che nessuno ne capisse bene il motivo e con essa è stato chiuso anche il teatro Rawabet. Nell’ultimo anno moltissime ONG culturali e che si battono per il rispetto dei diritti umani sono state chiuse dal governo guidato dal generale Abd al-Fattah al-Sisi.

Sui social network – negli ultimi mesi – si è notata una particolare attività in vista dell’anniversario della Rivoluzione del 25 gennaio 2011 e in tanti ritengono che il governo, per timore dell’avvento di una nuova rivoluzione, stia chiudendo tutti i luoghi dove possano circolare idee e stia blindando il Cairo, con sempre più numerosi posti di blocco e strade chiuse.

Ritornando all’arresto dei tre attivisti di ieri, le supposizioni che circolano tra i loro amici sono che le forze di sicurezza egiziane stiano irrompendo negli appartamenti dei giovani che vivono nell’area del Ministero degli Interni, a Downtown, prima dell’arrivo del 25 gennaio come misura di “prevenzione” o meglio di repressione.

Si conclude così una giornata lunga e difficile, con la tristezza di vedere oppresso ogni tentativo di cambiare questo Paese in meglio, di apportare idee nuove e cultura. Personalmente credo che questo controllo ossessivo potrà soltanto portare ad una nuova ondata di malcontento e protesta che con ogni possibilità verrà repressa nel sangue.

Mi chiedo se esiste una soluzione e quale essa sia. Mi chiedo se abbia ancora senso credere in un cambiamento e soprattutto quali possano essere i mezzi per ottenerlo. I tentativi di portare un cambiamento attraverso la cultura, l’arte e la sensibilizzazione sociale in parte ci sono e ci sono stati, ma vengono costantemente banditi e repressi, quindi cosa rimane? Di nuovo scendere in piazza a farsi arrestare e uccidere? Voglio ancora sperare in qualcosa di diverso.