Come molti si aspettavano già dall’autunno scorso, le scosse della frustrazione sociale in Tunisia si sono fatte sentire nel mese di gennaio. Un mese che non sarà dimenticato e che rievoca una lunga storia di militanza popolare culminata nel 14 gennaio 2011.
Di Majid Hawachi e Gorkem Duru, pubblicato su Nawaat in francese il 12 febbraio 2016
Come molti si aspettavano già dall’autunno scorso, le scosse della frustrazione sociale in Tunisia si sono fatte sentire nel mese di gennaio. Un mese che non sarà dimenticato e che rievoca una lunga storia di militanza popolare culminata nel 14 gennaio 2011 [con la cacciata dell’autocrate Ben Ali, NdT].
Le scosse si sono innescate in punti nevralgici del Paese dove la questione sociale si intreccia con la questione regionale, una sorta di « cintura di fuoco » che si snoda tra le regioni dell’interno della Tunisia, da nord-ovest fino a sud-ovest. Senza voler minimizzare i fenomeni di esproprio e sfruttamento di classe nelle zone costiere, è importante ricordare quanto odiosa sia stata l’alienazione dell’interno tunisino, l’appropriazione delle ricchezze agricole, minerarie e idriche da parte di ristrette élite, cui si aggiunge l’emarginazione di queste popolazioni costrette alla disoccupazione e al disprezzo.
« Non si tratta di una maledizione del cielo, questi sono problemi che ci vengono inflitti dall’epoca del Presidente Borguiba », ci confida un cinquantenne di Thala, non lontano da Kasserine, venuto ad accompagnare i due figli, membri attivi del sit-in della città. E aggiunge : « Thala sostenne Ben Youssef [uno dei capi del movimento indipendentista tunisino e rivale di Bourguiba, che criticava per le posizioni troppo concilianti nei confronti della Francia e la linea politica troppo sbilanciata a favore delle zone costiere, NdT] nel suo conflitto contro Borguiba per il potere. Ragione per cui è stata punita ». L’immaginario popolare cerca così di dare una spiegazione politica alla contraddizione di Thala e dell’interno della Tunisia in generale, zone fertili e ricche di risorse naturali ma le cui popolazioni non godono del diritto a condizioni di vita dignitose e decorose.
Thala è stata l’ultima tappa del viaggio dal nord al centro-ovest che abbiamo compiuto fra i sit-in organizzati dai disoccupati di Dahmani, Ksour, Jedliane, Sbiba, Sbeitla. Numerosi sono gli elementi ricorrenti che accumunano questi sit-in. Una reale parità tra ragazzi e ragazze. Una determinazione militante a lottare fino alla fine. Ciò che colpisce è l’energia, la mobilitazione, la capacità organizzativa. I discorsi e i dibattiti, nonostante le soventi diversità di opinioni, testimoniano una maturità e una visione approfondita della realtà locale e delle sue interconnessioni con il contesto nazionale e addirittura internazionale.
Abbiamo preso parte a delle solide discussioni per elaborare delle soluzioni al problema della disoccupazione, individuando delle possibilità di impiego. A Dahmani, nel governatorato del Kef, un mulino e una fabbrica di pasta sono chiusi da almeno due decenni. Eppure, centinaia di semirimorchi giungono alla fine di ogni raccolto per prendere il grano e portarlo ai mulini della costa.
L’esempio più scandaloso e più ricorrente nei racconti, riguarda però le terre demaniali assegnate in passato agli uomini di Ben Ali. Ora, dopo la Rivoluzione, sono cinque anni che queste terre fertili, con infrastrutture e attrezzature annesse, rimangono abbandonate senza che le nuove autorità si preoccupino di assegnare le terre ai giovani di queste zone.
A Ksour, nel sud, ci è stato portato l’esempio di un arcimiliardario che sfrutta la falda d’acqua minerale di Safia [marca d’acqua in bottiglia, NdT] da diversi decenni, ma nessun contributo è stato dato per migliorare la condizione di questa poverissima località. Numerose promesse sono state fatte dalle autorità per la creazione di imprese o l’apertura di nuovi siti di estrazione mineraria, ma i giovani sono stufi di quelle che ritengono essere solo frottole.
Vogliono soluzioni concrete ai loro problemi di mera sopravvivenza, qui e ora. L’urgenza questa volta si alimenta di un forte sentimento di frustrazione. Dall’altra parte, gli aumenti dei salari degli agenti delle forze dell’ordine, dei deputati e dei direttori generali delle banque pubbliche, annunciati quasi in contemporanea all’organizzazione dei sit-in, suona quasi come una provocazione.
Lo stato d’animo dei giovani, queste vere e indomabili forze rivoluzionarie si oppone all’atteggiamento delle autorità tunisine, che continuano a difendere gli interessi delle oligarchie di ogni sorta, al fine di dare vita a un movimento radicale che possa un giorno farsi nuova intifadha rivoluzionaria.