Una domanda inaspettata. E un progetto narrativo multimediale per raccoglierne le risposte
di Andrea Cardoni
Il profumo della parmigiana, il primo servizio in una pubblica assistenza, il primo viaggio fatto da solo, il primo giorno di scuola di un maestro elementare, l’odore della terra fresca e delle lumache, il rumore della portiera della Lancia Appia, il momento in cui si facevano le squadre da calcio, il paio di scarpe di una marcia in Africa, il sussidiario, un albero di ciliegie, l’odore dei broccoli nella mensa dell’asilo, un momento di paura, i delfini di Taranto.
Questi sono alcuni dei ricordi improvvisi che possono venire in mente alla domanda: raccontami il primo ricordo che ti viene in mente. Un’ autobiografia improvvisa, raccolta in strada, che fa dell’oralità il suo mezzo espressivo della raccolta di video su youtube e tumblr.
Un rielaborazione del meccanismo ideato da Joe Brainard che, nel 1970, fece di “Mi ricordo” un modello letterario, tradotto in italiano solo un anno fa da Lindau, e che è stato poi ripreso da Georges Perec (Je me souviens, 1978), e in Italia da Matteo B. Bianchi (2006).
Una struttura narrativa semplice composta da autobiografie brevi, altre volte brevissime che raccontano storie personali piccole che forse, proprio perché così intime sono le storie di tutti. Tutti mi ricordo iniziano con “Mi ricordo”, ad esempio:
«Mi ricordo la mia prima sigaretta, era una Kent» e «Mi ricordo la “superficie utile”» di Georges Perec; «Mi ricordo la penitenza “Dire, fare, baciare, lettera o testamento?” (anche se non mi ricordo più a cosa corrispondesse “testamento”)» e «Mi ricordo Pinocchio (lo sceneggiato tv di Comencini, che è quello che ricordo meglio di tutti)» di Matteo B. Bianchi; «Mi ricordo l’unica volta che ho visto mia mamma piangere. Stavo mangiando una crostata d’albicocche» e «Mi ricordo l’insegnante di storia che minacciava sempre di buttarsi dalla finestra se non stavamo buoni (Secondo piano)» di Joe Brainard.
Matteo B. Bianchi ricorda che la poetessa Anne Walden scrisse a Brainard: «Penso che parli di tutti quanti, oltre che di me». Alla fine del suo Mi ricordo, Georges Perec ha lasciato alcune pagine bianche dove il lettore potesse scrivere i suoi mi ricordo perché «Tutti possono scrivere un libro come Mi ricordo, ma nessuno sarà uguale all’altro», diceva Perec (anche l’ex sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca ne ha scritto uno).
Durano un minuto, a volte meno. Raccoglierne in strada, fermare uno sconosciuto o un amico, accendere la telecamera e farsi raccontare un ricordo, il primo che viene in mente (sempre iniziando la frase con “Mi ricordo) fa nascere un racconto ancora più stupefacente proprio perché in risposta ad una domanda improvvisa, inaspettata e stupiscono soprattutto chi le racconta.
Paul Auster, nell’introduzione del libro di Brainard ha scritto: «Fermatevi per un momento o due, date modo alla vostra mente di aprirsi, e inevitabilmente ricorderete, con una chiarezza e una specificità che vi stupirà». Provate a farlo e stupitevi.