di Raffaele Masto,
tratto da Buongiorno Africa
Appena tornato da un viaggio in Senegal, paese stabile, non attraversato da conflitti, senza tensioni religiose latenti o palesi, la scuola è gratuita e obbligatoria e la sanità accessibile a tutti, anche se mancano gravemente farmaci, attrezzature e medici preparati e competenti. Insomma un paese dove, sulla carta, non ci sono grandi motivazioni che spingono i giovani ad emigrare.
Eppure il nostro paese, l’intera Europa è piena di senegalesi che hanno scelto (e continuano a scegliere) la via dell’emigrazione. Perché?
Forse hanno ragione coloro che dicono che i migranti economici non hanno diritto di emigrare e che i paesi europei fanno bene a respingere chi non ha i requisiti per richiedere l’asilo o la protezione umanitaria?
Personalmente credo che i senegalesi abbiano lo stesso diritto ad emigrare che abbiamo noi e che hanno i giovani europei. Se il mondo è globale, se la circolazione delle merci e del lavoro non ha frontiere, perché dovrebbero avercelo gli uomini? Noi italiani abbiamo riempito il mondo di migranti economici. Lo abbiamo fatto nel passato (in America, in Argentina, in Brasile) e continuiamo a farlo. Londra, per esempio, è piena di italiani e l’Irlanda, l’Australia, il Brasile anche, per non parlare di tutti gli italiani in giro per il mondo a studiare.
Perché mai, allora, i senegalesi non dovrebbero poterlo fare? Offrono un lavoro poco qualificato che i “signorini” europei non vogliono più fare, ma sempre lavoro è (e in molti casi ci è indispensabile).
Perché mai dovrebbero essere respinti? Non vorrei credere che è solo perché hanno la pelle nera. E poi la realtà non è così schematica: in Senegal stanno bene che ci rimangano. In questo mio viaggio non ho vistato solo Dakar e il mare circostante, ho girato l’intero Senegal da nord a sud. Si attraversa una savana secca difficile da coltivare dove l’eredità coloniale ha lasciato come unica coltura le arachidi. Si incontrano piccoli villaggi isolati che vivono praticamente di una misera agricoltura di sussistenza, oppure di pesca.
Per i giovani andare a Dakar o nella città più vicina è quasi impossibile. Muoversi costa un sacco di soldi per le le loro economie personali. E quand’anche vi arrivassero comprendono subito che non è lì che troveranno una alternativa: Dakar è una città molto cara, dove è difficile avere una casa e un lavoro.
Più volte vedendo scorrere questo panorama dai finestrini dell’auto con la quale viaggiavo mi sono detto che se fossi nato in uno di quei villaggi sarei scappato, non avrei accettato di pensare che la mia vita si sarebbe dovuta esaurire in quella esistenza indolente e senza prospettive.
Avrei certamente voluto conquistarmi la possibilità di avere una chances e magari, con le rimesse da emigrante avrei potuto offrirla anche ad altri. Del resto è la stessa cosa che fanno i nostri giovani. Loro possono, i senegalesi no.