tra i rifugiati della città francese
foto e testi di Flavia Coppa
L’Inghilterra ha esteso i confini oltre la Manica, fino a Calais. In base all’accordo diretto con la Francia, il Trattato di Touquet, il Paese che accoglie un migrante si impegna a riprenderselo nel caso in cui l’altro Paese firmatario lo rifiuti. Accordo che obbliga la Francia a riprendere tutti i migranti in transito rifiutati da Londra. La presenza inglese a Calais si manifesta nella palizzata alta 4 metri e lunga 20 km circa, finanziata con decine di milioni di euro alla Francia per bloccare il flusso aldilà della Manica, e dalla presenza di decine di poliziotti stanziali dal Regno Unito disseminati sull’area nei pressi del campo e del porto.
Il ricorso ai gas lacrimogeni da parte di polizia e agenti antisommossa inglesi e francesi, è quotidiano e si intensifica nelle ore di buio, momento della giornata in cui i migranti tentano di raggiungere il porto.
Chiudere la via legale, alla quale i richiedenti asilo e rifugiati non vorrebbero sottrarsi, spiana la strada ai trafficanti di uomini e poco importa se siamo nel cuore dell’Europa. Ad Huguette mancherebbe un anno alla fine degli studi universitari in Information Technology, ma arrivato a Calais 4 mesi fa dall’Iran, aspetta ansioso “the answer to be free, again”. Si riferisce alla disponibilità da parte di famiglia e amici in Iran, a raccogliere 4.000 pounds, il prezzo medio che un trafficante di uomini estorce ai rifugiati, per attraversare la Manica. Gli smugglers lo chiamano Warranty Pack, in realtà di garantito non c’è niente: se individuati ai controlli di frontiera, i rifugiati vengono bloccati e nessuno restituirà loro un solo pound.
Secondo il censimento svolto da Help Refugees a Luglio, la Jungle di Calais ha registrato un aumento degli arrivi del 15% nell’ultimo mese e conta 7.037 presenze. 761 sono bambini, di cui 608 sono minori non accompagnati. Il 37% dei rifugiati sono afgani, il 32% sudanesi, l’8% eritrei e seguono pachistani, kurdi iracheni e somali.
A baluardo del dialogo interreligioso, all’interno del campo si incontrano a distanza di pochi metri una chiesa ed una moschea. Cinque volte al giorno il muezzin richiama i fedeli alla preghiera ed in queste ore dimenticarsi di essere nel campo informale per rifugiati più grande d’Europa, è più facile.
In apertura, un uomo cerca segnale per il telefono accanto alla fence