UN PADRE, UNA fIGLIA, di Cristian Mungiu, con Adrian Titeni, Maria-Victoria Dragus, Lia Bugnar, Malina Manovici, Vlad Ivanov. Premio per la miglior regia in ex aequo al Festival di Cannes 2016, Nelle sale dal 30 agosto.
di Irene Merli
Dopo l’ottimo “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”, che gli ha fatto conquistare la Palma d’Oro a Cannes 2007, Cristian Mungiu torna ad interrogare le nostre coscienze sulle conseguenze di una scelta con un film sempre ambientato nel suo Paese (la Romania), ma dotato di forte universalità per tema e contesto.
Romeo Aldea è un medico ospedaliero di una cittadina della Transilvania. Lavora molto e adora sua figlia Eliza. Per lei e per darle le migliori opportunità ha fatto un mucchio di sacrifici, compreso quello, d’accordo con la moglie, di restare insieme per anni senza quasi parlarsi, pur di non ferire la ragazza. Ora Eliza è a un passo dal diploma ed è stata accettata in un’università inglese: deve solo fare la maturità e poi è tutto pronto per la sua partenza.
Ma il giorno prima degli scritti subisce un’aggressione vicino a scuola, si rompe un braccio e finisce sotto choc. Sarà difficile per lei affrontare gli esami.
Suo padre, però, non può neppure pensare che la ragazza non si presenti o vada male. Nel 2009 lui e la moglie sono tornati in Romania pensando di poter cambiare le cose, di vivere una vita nuova. A distanza di anni, il dottore si è convinto di non esserci riuscito e vede per Eliza una sola salvezza: andarsene a Londra.
Così, all’insaputa della figlia, cerca una raccomandazione nella commissione d’esame in cambio di uno di quei favori professionali che prima aveva sempre rifiutato. Nel suo piccolo, Aldea non si era mai fatto corrompere e ora, pur di aiutare la figlia, è pronto invece a rimettere in discussione i suoi principi. Con conseguenze nefaste.
Da qui in avanti, gliene capitano infatti di tutti i colori, a cascata: la sua vita va in pezzi passo dopo passo e tutti lo ritengono l’unico responsabile del disastro che si propaga attorno a lui. Per ironia della sorte, la dura lezione che deve subire e forse lo porterà a una seconda opportunità lo colpisce nel ruolo che credeva di condurre al meglio: la paternità…
In sostanza il nostro dottore agisce quando non ce n’è neppure o ancora bisogno, nel terrore che il futuro di sua figlia possa improvvisamente sbriciolarsi.
Ma sino a che punto si ha diritto di scegliere per i propri figli? E a quali compromessi siamo pronti a scendere per la loro supposta felicità, pur di farli riuscire dove noi abbiamo fallito?
Queste domande risuonano in tutto il film di Mungiu, perché prima o poi può arrivare a porsele qualsiasi genitore, in qualsiasi parte del mondo. E Il contesto di piccole e grandi corruttele, complicità, compromessi e illegalità che il regista descrive non riguarda certo solo la Romania.
“Un padre, una figlia” (titolo originale “Bacalaureat”) si rivela quindi una formidabile indagine psicologica, tesa come un thriller, radicata nel sociale quotidiano e davvero coinvolgente. Anche grazie a un ottimo gruppo di attori che sanno restituirci i toni realistici di un’ ordinaria tragedia borghese. Nel corso del film possiamo percepire l’adrenalina, il cuore che batte all’impazzata del protagonista, un cinquantenne assolutamente comune che all’improvviso viene messo di fronte a scelte estreme e si sente braccato, sorvegliato, assillato dai sensi di colpa e dall’ansia senza requie. Per tutto il resto del film.