Recensione in anteprima del graphic novel di Luca Ferrara e Antonio Recupero che Tunué pubblica a ottobre, dedicato al maratoneta emiliano che stupì il mondo alle Olimpiadi di Londra 1908
di Luca Rasponi
Sono passati più di cento anni, ma l’eco della sue impresa sportiva non si è ancora spenta. Lui è Dorando Pietri, corridore emiliano che nel 1908 stupì Londra e il mondo intero tagliando per primo il traguardo della maratona olimpica, per poi essere squalificato e perdere la medaglia.
La sua vicenda racconta che anche una sconfitta può consegnare un atleta alla storia dello sport: dopo essere entrato per primo allo stadio di White City, con un netto vantaggio sul suo inseguitore, Pietri ebbe un mancamento e superò il traguardo sorretto dai giudici di gara.
Proprio dai drammatici momenti successivi, con il difficile risveglio in un ospedale inglese, comincia il graphic novel Dorando Pietri. Una storia di cuore e di gambe, scritto da Antonio Recupero per i disegni di Luca Ferrara, che l’editore Tunuè pubblicherà nel mese di ottobre.
Un volume che ho avuto l’opportunità di leggere in anteprima, e che mi ha conquistato per la spontaneità e la fluidità della sua narrazione, costruita con un intreccio di flashback chiaramente identificabili dall’assenza di riquadro nelle tavole riferite al passato.
Una sceneggiatura a tratti poetica, accompagnata da disegni particolarmente evocativi, che a distanza di oltre un secolo restituisce un ritratto, inevitabilmente filtrato attraverso la sensibilità contemporanea, di un personaggio quasi dimenticato ma non per questo meno affascinante.
Anzi il ruolo di Dorando Pietri è forse proprio quello di riportarci a un tempo in cui lo sport non era ancora lo strumento di propaganda che sarebbe diventato nei decenni successivi in mano alle dittature più sanguinarie d’Europa e del mondo, né la macchina da soldi globale che è oggi giorno.
L’impresa di Dorando Pietri ha quel sapore epico dell’essere umano spinto al limite delle sue possibilità che caratterizzava lo sport moderno ai suoi primordi, in grado di affascinare sinceramente anche i personaggi più in vista dell’opinione pubblica dell’epoca.
La regina Alessandra d’Inghilterra, presente allo stadio di White City all’arrivo di Pietri, fu commossa a tal punto dalla sua prova che volle conferirgli un premio speciale, pare su proposta dello scrittore Arthur Conan Doyle, anch’egli presente quel giorno.
E così che – dopo la paura in ospedale e l’amarezza per la squalifica comminata dalla Commissione olimpica – Dorando entra nella leggenda: ricevendo dalle mani della regina una coppa d’argento al posto della medaglia d’oro destinata al secondo classificato, lo statunitense Johnny Hayes.
Da questo punto focale si snoda una vicenda che affonda le sue radici nel passato di Pietri, dalle prime corse con il fratello Ulpiano ai contrasti con il padre, dagli allenamenti di Ottavio Dondi al matrimonio con sua figlia Teresa.
Per poi dipanarsi in un futuro che sembra anticipare la show business sportivo dei giorni nostri, con un ingaggio ricco – ma fin troppo vincolante e probabilmente poco pulito – per una serie di gare negli Stati Uniti, che segnano la consacrazione di Pietri come celebrità planetaria.
Quella di Dorando è la vicenda straordinaria di una persona normale, che partendo da una condizione economica e familiare comune si trova catapultata nella storia grazie a un talento e a una tenacia – quelli sì – fuori dall’ordinario.
Una storia di cuore e di gambe: la parabola di Dorando Pietri si può riassumere in queste parole, ma è molto meglio scoprirla tra le pagine colorate e vivaci di Ferrara e Recupero, insieme a un’idea di sport che forse è destinata a non tornare più.