Le proteste di Sarajevo lasciano indifferente l’Europa: testimonianze della società civile raccontano una situazione difficile
[author] [author_image timthumb=’on’]https://www.qcodemag.it/wp-content/uploads/2013/06/Schermata-2013-06-14-alle-09.27.47.png[/author_image] [author_info]di Alessandro Rocca. Nato a Torino, giornalista pubblicista, fotografo freelance, regista e autore di documentari. Ha scritto, diretto e sceneggiato il film-documentario “La lista del console”, Media UE – Excellent Award Indie Film Festival 2012. Ha collaborato alla realizzazione della trasmissione tv di Rai 3 “Radici” – Viaggio alle origini delle migrazioni” e alla realizzazione di oltre 60 documentari e reportages in più di 50 paesi del mondo per trasmissioni tv tra cui: Il Pianeta delle meraviglie, Timbuctù, Geo&Geo, Alle falde del kilimangiaro. Ha realizzato reportages ed inchieste per Effetto reale (La7). Finalista al Premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi nella sezione produzione nel 2004 con il documentario “Nos existimos”, sulla condizione degli indios e dei senza terra in Amazzonia. Premio Hermes per la comunicazione turistica (2005) con il documentario “Andalusia”.Regia del documentario “Somalia-Italia”, con Francesco Cavalli, presentato al Premio Ilaria Alpi del 2007 e all’interno di Piemonte Movie 2009 – Ha scritto nel libro “Carte false” (ed. Verdenero), curato da Roberto Scardova, sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia – Collaborazioni giornalistiche e fotografiche con: Famiglia Cristiana, Wired, Oasis, Africa, Avvenire. [/author_info] [/author]
Nessuna eco dalle piazze di Sarajevo. Dopo le manifestazioni di fine maggio e quelle di luglio, pare che quella che doveva essere una nuova primavera balcanica, si sia spenta ancora prima di cominciare.
“Sono manifestazioni prive di rilevanza politica. Ancora una volta è stato dimostrato che le persone in Bosnia Erzegovina non sono ancora consapevoli di quanto complicata sia la situazione nel loro paese. E possiamo dire anche questo per i dimostranti. Ognuno è solo ed è disconnesso dalla realtà”.
Marko Tomas è nato a Lubiana nel 1978. E’ uno scrittore e giornalista, commentatore di sport e politica per zurnal.info. Ha pubblicato cinque libri di poesia e numerosi saggi su riviste periodiche. Editor di letteratura per la fanzine Kolaps. Abita a Mostar e risponde così rispetto alle manifestazioni di Sarajevo.
Tutto nasce da una bambina alla quale non è stato concesso di essere curata all’estero per un problema giuridico, di fatto dal 12 febbraio nessun neonato ha potuto ottenere un numero di immatricolazione amministrativo, cioè un codice fiscale. A questo punto centinaia di cittadini si sono raccolti davanti al parlamento del governo centrale circondandolo. La pressione della piazza ha fatto si che venisse consegnato il passaporto alla bambina malata attraverso una procedura d’urgenza.
Sembrava che questo evento potesse portare ad un movimento civile che andasse oltre le divisioni etniche (ricordiamo che la Bosnia-Erzegovina è organizzata sul principio della distinzione etnica ed è composta dalla Federazione croato-musulmana e dalla Repubblica serba di Bosnia), viste anche le manifestazioni di studenti a Banja Luka e Mostar, nonostante i divieti. L’11 di giugno migliaia di persone a Sarajevo sono nuovamente scese in piazza. E ancora il primo di luglio per chiedere diritti uguali per tutti e apertura verso l’Europa. Ma quella che poteva sembrare una nuova stagione per il paese balcanico è forse stata solo una bolla di sapone.
“Purtroppo no, a mio parere non si può parlare di primavera Bosniaca. Credo che sia stata solo una reazione di riflesso su uno dei tanti problemi che ci sono in Bosnia Erzegovina, problemi che hanno prodotto i governo negli anni passati. Nessuno accetta che questo paese sia completamente lacerato e che le persone provenienti da diversi gruppi etnici hanno posizioni e opinione completamente diverse su questioni politiche. E senza dialogo fra questi gruppi siamo persi, rimarremo intrappolati in questo fango in cui viviamo per molti anni ancora”, continua Tomas.
“In Bosnia-Herzegovina ci sono tre gruppi etnici riconosciuti sugli accordi presi a Dayton e poi un gruppo di “cittadini”, che non è riconosciuto. Ma il problema è che nessuno è pronto al dialogo e all’ascolto e a conoscere le posizioni differenti. Questo al momento è un grosso problema per il nostro paese. Questi “altri” non riconosciuti, hanno un atteggiamento radicale nelle loro campagne e usano gli stessi metodi della partitocrazia nazionalista. Quindi non riesco a vedere una soluzione se non in forma di nazionalismo. Dobbiamo iniziare a vivere nella realtà e rispettare le posizioni di tutti. Il dialogo è quello che ci serve, non un radicalismo di qualsiasi tipo. Questi concetti dobbiamo lasciarli al passato se vogliamo un futuro più luminoso”, sostiene lo scrittore.
Che conclude: ”Ma purtroppo per il futuro non posso prevedere nulla. Credo che saremo ancora nella stessa situazione di stallo economico. Non credo che le dimostrazioni che hanno avuto luogo possano avere alcuna possibilità di crescere in un movimento politico serio e così tutto continua a dipendere dall’ energia di alcuni singoli attivisti. Purtroppo quelle manifestazioni erano quasi apolitiche e senza una organizzazione vera e propria alle spalle. Comunque, se vuoi che ti dica qual è il problema più grande in Bosnia Erzegovina, posso descriverlo con una sola parola: capitalismo. Questo capitalismo scandaloso e selvaggio che sta distruggendo ogni idea di vita decente. In una parola sola c’è il più grande problema di questo povero e distrutto paese”.
Ajna Galicic, nata a Sarajevo nel 1979 dove è vissuta fino all’aprile del 1992. Con l’inizio del conflitto si trasferisce in Italia, prima in Valle d’Aosta e poi a Bologna, dove rimane a vivere fino al 2010. Spinta dal desiderio di ravvicinarsi al proprio paese, inizia la collaborazione con Oxfam Italia, ONG internazionale che ha assorbito Ucodep, ong toscana, presente in Bosnia Herzegovina dal 2003, e vive prima a Mostar poi a Sarajevo , dove risiede tutt’ora, lavorando su progetti di sviluppo rurale e turismo sostenibile.
Con lei Silvana Grispino, nata a Montevideo in Uruguay enl 1976. Dal 2003 lavora per Oxfam Italia seguendo molti paesi nel mondo e nel 2010 e’ approdata in Bosnia Erzegovina, paese del quale si e’ innamorata subito, anche perché avendo gestito progetti sull’ecoturismo, ha avuto la possibilità di osservare le bellezze naturali di questo Paese! Silvana e’ diventata Direttore dell’area del Sud-est Europa per Oxfam nel 2013, coprendo anche Albania, oltre che la Bosnia Herzegovina.
“E’ ancora troppo presto per paragonare la portata e l’impatto che le manifestazioni della primavera araba hanno avuto negli scorsi anni con quello delle proteste in BIH. Le manifestazioni di piazza a Sarajevo sono sicuramente un forte segnale di insoddisfazione contro la mala politica e la corruzione, tuttavia in questo momento la protesta non coinvolge ancora la maggioranza della cittadinanza, nè riguarda le problematiche principali del Paese. E’ piuttosto l’esternazione della rabbia accumulata a seguito di un episodio specifico, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il blocco, da febbraio 2013, dell’assegnazione dei codici fiscali alla nascita che ha tolto ai neonati i diritti umani più di base, come la possibilità di cure mediche. La manifestazione è nata per solidarietà alla famiglia di una bambina che aveva urgente bisogno di cure mediche all’estero, e che senza il codice fiscale non poteva viaggiare”, racconta Silvana.
“Se le proteste proseguissero ulteriormente e con altre motivazioni, allora la situazione in BIH assomiglierebbe a quella che sta avvenendo in Turchia. E’ comunque importante che la popolazione bosniaca stia iniziando dignitosamente ad attivarsi, arrabbiarsi e a chiedere a chi li governa di svolgere il loro lavoro. Questo non è un elemento da sottovalutare poiché è dal 1992, da quando migliaia di cittadini di Sarajevo si sono ribellati – purtroppo inutilmente – contro l’inizio della guerra, che la popolazione non scende davvero in piazza”, spiega Ajna.
“Ad oggi le manifestazioni non chiedono ai parlamentari e al governo di risolvere la questione della divisione della BIH in due entità. Personalmente crediamo che questo invece sia uno dei problemi più rilevanti, perché causa una paralisi politico amministrativa che rende il sistema, di fatto, inefficiente e che rende difficile lo sviluppo, mancando la base stessa di un’idea di costruzione di un Paese unico. Purtroppo cambiare questa situazione è molto complesso: in primo luogo servirebbe un processo politico che porti alla scrittura di una Costituzione che sostituisca gli accordi di pace firmati a Dayton nel 1995 – raccontano le due cooperanti – La divisione in due entità rende poi molto più difficile ai cittadini far sentire la loro voce per migliorare le cose: la cittadinanza, invece di essere compatta contro un unico interlocutore statale disperde le proprie energie nel rivolgersi a due entità diverse. Come se i problemi – la corruzione, la mala politica, l’arretratezza economica – non fossero comuni! Tuttavia, è proprio per queste ragioni che le manifestazioni degli ultimi giorni hanno un peso importante e portano con sè la speranza di un cambiamento o per lo meno, dell’inizio di un dialogo richiesto ad alta voce dai cittadini”.
Il lavoro di tutti i giorni, è dedicato alla società civile. “Le attività di Oxfam in Bosnia Herzegovina fino ad ora sono state indirizzate allo sviluppo economico di specifici gruppi della popolazione – famiglie rurali, giovani disoccupati e donne – con l’obiettivo di rafforzare la loro posizione all’interno del sistema economico e sociale del Paese”, raccontano Ajna e Silvana. “Oxfam ha lavorato per aumentare le loro opportunità di creazione di impresa, in particolare di sviluppo delle loro attività commerciali in ambito rurale, eco-turistico, delle piccole medie imprese, spesso inserendoli in una rete più ampia. Ad esempio abbiamo lavorato con i piccoli produttori di prodotti tipici per creare le “Strade del vino e dei sapori” che collega i loro prodotti alla ristorazione, all’accoglienza turistica e alle risorse naturali e culturali del territorio. Oppure abbiamo promosso una rete di operatori turistici locali che offrono possibilità di turismo outdoor dando lavoro a molti giovani. In tutti i casi, Oxfam cerca di fare in modo che questi gruppi di persone possano essere economicamente più stabili e partecipino attivamente alla vita sociale e politica del proprio Paese. Questo ha anche un impatto sul miglioramento del dialogo tra le diverse comunità, indipendentemente dall’entità di appartenenza. Inoltre, Oxfam lavora a tutti i livelli della realtà del Paese, dialogando con le autorità locali e quelle governative, per cercare di tutelare il diritto all’identità, al lavoro, a un ambiente salubre e a una vita dignitosa di tutti, anche dei gruppi più vulnerabili. In futuro, vogliamo continuare su questa strada ancora di più, rafforzando la società civile in modo che riesca sempre di più a far sentire la propria voce” .
Secondo le due cooperanti, bisogna “tenere alta la pressione sulla classe dirigente potrebbe essere una via da seguire. Il punto è proprio qui: mantenere sull’agenda dei media e della politica le questioni chiave. Ci auguriamo che i cittadini della Bosnia herzegovina possano mantenere la volontà di partecipare, fare pressione e controllare il lavoro politico. Staremo a vedere”.