Il nuovo film del regista iraniano Asghar Farhadi
di Irene Merli
IL CLIENTE, di Asghar Farhadi. Con Shahab Hosseini, Taraneh Alidoosti, Babak Karimi, Farid Sajadi Hosseini, Mina Sadati. Premio per la sceneggiatura e per l’interpretazione maschile al Festival di Cannes 2016.Nelle sale dal 5 gennaio
Il regista, già celebre e amato in Europa per About Elly, Una separazione e Il passato, con questo ultimo film torna a girare a Teheran e continua a utilizzare le dinamiche di una coppia come cartina tornasole della situazione sociale iraniana. Non solo per aggirare la feroce censura del suo Paese.
Emad e Rana sono due giovani attori sposati da qualche anno. Mentre stanno provando Morte di un commesso viaggiatore, devono lasciare il loro appartamento al centro di Teheran per un improvviso cedimento dell’edificio, che viene dichiarato inagibile.
Un collega della compagnia li aiuta a trovare una nuova sistemazione. Ma senza raccontare nulla della precedente inquilina, una donna di reputazione equivoca che ha lasciato una stanza piena di suoi vestiti e sarà la causa di un ”incidente” che sconvolgerà la loro vita.
Nella quotidianità di Emad e Rana irrompe infatti un atto violento, che ne metterà a dura prova la tenuta affettiva. E se nella giovane si insinua un senso di instabilità e paura prima sconosciuti, come accade a qualsiasi donna che abbia subito un’aggressione, nel marito si fa strada in modo prepotente il desiderio atavico di farsi giustizia da sé: Emad si sente preda di un onore perduto, del senso di colpa per non essere riuscito a proteggere la moglie. Vuole scoprire chi l’ha fatta soffrire e fargliela pagare, senza però coinvolgere la polizia.
La sua, poco a poco, diventa un’ossessione. Fino a che, come nel dramma che stanno provando in teatro, finiranno col trovarsi davanti a un “venditore” di mezza tacca, di cui dovranno decidere la sorte.
L’Iran in cui Farhadi ambienta la sua storia è un mondo laicizzato dove le pulsioni verso la modernità si scontrano con i retaggi di un Paese che che non ha ancora fatto i conti col proprio passato e la propria cultura tradizionale.
Lo si vede nella frizione tra i due protagonisti, e in quella ancora più forte che si crea tra Emad e il responsabile dell’aggressione, un miserabile che usa il suo stato di salute per impedire uno scandalo familiare. Alla sua scoperta si arriva mentre cadono una ad una le tessere dell’ elegante domino costruito dal regista, e si scivola lentamente nel gorgo di una vicenda claustrofobica che passa dalla detection story al revenge movie. In salsa iraniana, ovviamente….
Farhadi, preciso e implacabile, gioca sempre con la stessa struttura – un plot che innesca una serie di domande sotto l’apparente facciata di un conflitto familiare – ma ogni volta ci mostra una nuova capacità di esplorarla e renderla viva.
E i problemi che pone non sono certo di poco conto, per la società in cui vive. Proprio come Tennessee Williams, nel suo celeberrimo Morte di un commesso viaggiatore, ne poneva a quella americana della fine degli anni Quaranta.