Frammenti di Kurdistan
di Linda Dorigo
No Ruz 1395, Sanandaj.
“In Medio Oriente ogni venti anni abbiamo avuto una guerra e quindi la società non si è potuta evolvere. I padri non hanno fatto in tempo a tramandare la loro esperienza che i figli sono morti. In Europa invece, finita la Seconda Guerra Mondiale, avete ricostruito la civiltà. Non bisogna ambire alla perfezione ma noi, popoli del Medio Oriente, dobbiamo imparare da voi, confrontarci e non pensare – come fanno certi che conosco – che la nostra cultura sia la migliore al mondo perché questo ci fa essere ottusi, fondamentalisti e quindi pericolosi”.
Morteza è un matematico, uno di quelli che perde la vista sulle formule che governano il mondo. Racconta di avere a casa film in tutte le lingue, ma il suo preferito rimane “Salò” di Pasolini. “Illuminante – commenta – In Iran viviamo la stessa situazione descritta nel film”. Le presentazioni ufficiali della cugina e il futuro marito non lo interessano. La famiglia è al completo e lui racconta di quando ha rinunciato al dottorato negli States: “Non ce l’avrei fatta ad adattarmi a quella vita. Quando nasci in un luogo appartieni a quel luogo, e devi fare di tutto per migliorarlo”. Morteza non è partito anche a causa del figlio. “Un giorno sarà lui a decidere se emigrare. Se l’avessi portato con me e lui avesse perso le sue radici curde sarebbe stato un vero peccato”.
Morteza ama i numeri perché dentro a quel mondo magico nessuno gli dice cosa sia giusto fare. Lì tutto è possibile e rassicurante. Nessuno lo giudica. La matematica è un viaggio, una peregrinazione ossessiva e controversa come il suo atteggiamento paranoico, ma pur sempre uno strumento divino per volare sopra questo mondo di guerre e paura per il futuro.