in.fondo.al.mar è un progetto di infovisualizzazione sulla vicenda delle “navi dei veleni” che mette assieme dati provenienti da dossier, archivi navali e ritagli di giornale. Usando mappe, cronologie e altri strumenti di visualizzazione, il sito vuole facilitare la comprensione di una vicenda estremamente complessa e contribuire alla continuazione della ricerca sul caso.
tratto da in.fondo.al.mar
Il Progetto
in.fondo.al.mar è un’inchiesta giornalistica che si avvale degli strumenti del Web per costruire una memoria condivisa sullo scandalo delle “navi dei veleni” e dare vita ad un’indagine partecipata sugli affondamenti di rifiuti tossici e radioattivi nel Mar Mediterraneo.
Il progetto pubblica in esclusiva i risultati di un’indagine condotta presso l’archivio dei Lloyd’s di Londra (Lloyd’s Register of Shipping) e li incrocia con informazioni ricavate da ritagli di giornale, dossier di organizzazioni ecologiste e siti specializzati, per costruire un dataset aperto, liberamente scaricabile e riutilizzabile dagli utenti per altri progetti.
Mappe, cronologie ed altre forme di info-visualizzazione forniscono strumenti interattivi per interpretare questa mole di dati ed individuare analogie nei luoghi e nelle modalità d’affondamento, nei carichi dichiarati e nei porti di partenza ed arrivo, e forniscono la base per effettuare ulteriori ricerche sulla vicenda.
Portare veleni a galla
Le hanno chiamate “navi dei veleni”, “navi tossiche”, “navi a perdere”. Si tratta di decine di navi mercantili, affondate o naufragate misteriosamente durante gli ultimi trent’anni nel mare Mediterraneo. Dalla Aso andata a picco nel 1979 vicino a Locri in Calabria, alla Rigel affondata dolosamente al largo di Reggio Calabria nel 1987, alla Marco Polo inabissata nel Canale di Sicilia nel 1993, oltre a decine di incidenti meno noti avvenuti in anni più recenti.
Il sospetto che aleggia su questi incidenti è inquietante: le navi sarebbero state usate per sbarazzarsi di tonnellate di rifiuti tossici, chimici e radioattivi.
Veleni affidati ad organizzazioni mafiose ed impresari senza scrupoli per evitare l’alto costo di smaltimento e fare lauti profitti. In questo traffico sarebbero coinvolte non solo imprese italiane ed europee ma pure governi e servizi segreti.
Sono quasi venti anni che si cerca di passare da queste accuse all’accertamento della verità e alla individuazione dei responsabili. Anche se quasi sempre manca il “corpo del reato” nascosto sotto centinaia di metri d’acqua, la quantità di indizi è in molti casi schiacciante.
Tracce di radioattività ben al di sopra alla media sono state rilevate su container e materiali riconducibili ad alcuni degli incidenti, e la presenza di isotopi di cesio e torio è stata riscontrata in alghe e pesci nelle vicinanze. Il numero di tumori in alcune zone costiere della Calabria – regione attorno a cui sono avvenuti molti incidenti sospetti – sono 3 o 4 volte superiori alla media nazionale.
Nonostante i rischi enormi per la salute pubblica che potrebbero essere causati da questa catastrofe ecologica le navi continuano a rimanere laggiù – in fondo al mar – senza che si sia mai verificato cosa contengano veramente.
Di fronte all’inerzia delle istituzioni, in.fondo.al.mar si propone come uno strumento di indagine partecipata, che invita gli utenti a contribuire con nuove segnalazioni, integrazioni e correzioni, che aiutino a ricostruire cosa si nasconda dietro diversi incidenti e chi siano i responsabili.
Il progetto è aperto a collaborazioni con esperti nel campo dei rifiuti tossici e radioattivi, della sicurezza marittima e della tutela ambientale. in.fondo.al.mar è un progetto in evoluzione, aperto al contributo degli utenti.
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