Guerra fredda: Peter Mibus, border jumper per amore

Spinto dalle figlie, Peter Mibus è ritornato in Romania dopo 46 anni per ripercorrere le tappe della fuga assieme all’amata per realizzare il loro sogno d’amore

di Marina Constantinoiu, Istvan Deak, da Osservatorio Balcani Caucaso (tratto originariamente da miscareaderezistenta.ro)

Se il regista canadese Arthur Hiller fosse ancora vivo, avremmo ora un sequel del suo film “Love Story”, basato sulla storia di Peter Mibus, un tedesco della Germania Ovest che attraversò illegalmente il confine rumeno durante il comunismo, spinto da nient’altro che l’amore (e nonostante la possibilità per lui di attraversare legalmente il confine con il proprio passaporto).

Il punto è che si può veramente comprendere ciò che Peter Mibus ha fatto, solo se si ha realmente amato, almeno una volta nella propria vita.

Peter è un berlinese, che 46 anni fa viveva nella parte ovest della città, ovvero dalla parte “buona” del confine. Nonostante ciò, ha rischiato la propria vita per raggiungere l’amore della sua vita, una donna che più tardi divenne sua moglie e che chiamava affettuosamente Uschi e che viveva a Berlino Est.

Quarantasei anni dopo, in compagnia delle sue due figlie, Peter Mibus ha deciso di ripercorrere le tappe della loro fuga verso la Germania Ovest. Un viaggio che lo ha riportato in Romania, dove il team investigativo l’ha incontrato.

“Se non avete mai veramente amato in vita vostra, non riuscirete mai a capire ciò che ho fatto”, ci ha detto Peter Mibus, mentre con lo sguardo fisso su di lui camminavamo lungo la riva rumena del Danubio, a Moldova Nouă. Dopo quattro decenni e mezzo, l’oggi sessantanovenne tedesco è ritornato in Romania, spinto dalle sue figlie, Sophie e Anna, le quali hanno voluto che mostrasse a loro il punto in cui attraversò il Danubio a nuoto, nella notte tra il 22 e il 23 giugno del 1970.

Quello fu un evento così decisivo per la vita del padre che le figlie vollero condividerlo con lui nei dettagli.

Peter ha condiviso di persona il suo racconto con noi quando ci siamo incontrati a Timisoara. E’ certamente l’unico tedesco della Germania Ovest che ha intrapreso un’avventura così audace, e apparentemente non necessaria, per attraversare il confine durante il periodo comunista.

“Lo so, lo so. Mi direte che non aveva senso dal momento in cui avevo il mio passaporto ed ero un cittadino della Germania Ovest. Questo è il motivo per cui dovete ascoltare tutta la mia storia”, ci dice Peter con un sorriso rassicurante stampato sul vis

Peter Mibus nacque nella Germania Est nel 1947. Suo padre fu architetto del primo impianto convertitore di rifiuti domestici in energia elettrica. Nel 1960, suo padre fuggì nella Germania Ovest, e Peter e sua madre lo raggiunsero dopo due settimane. A quel tempo, il muro di Berlino non era ancora stato costruito.

Acquisirono tutti la cittadinanza della Germania Ovest, accedendo così a uno stile di vita più agiato. A 22 anni, Peter era uno studente, aveva un’auto e ottenne il passaporto per andare nella Germania Est. Ed è così che conobbe Ursula.

“La mia Ursula stava facendo autostop. E’ così che ci siamo conosciuti. Mi fermai e la invitai a salire. Mi disse che non sarebbe salita su un’auto della Germania Ovest. Le chiesi poi se le andava di vederci in un altro posto in un altro momento. Accettò. E’ così che iniziò, in un primo tempo scrivendoci lettere. Aveva 24 anni ed era già insegnante” ricorda Peter in modo affettuoso.

Dopo meno di tre mesi dal loro primo incontro, Peter era sicuro che lei fosse la persona giusta per lui, e che sarebbero dovuti vivere assieme nella Berlino Ovest.

“I nostri incontri dovevano concludersi prima di mezzanotte, perché secondo la legge, dovevo rientrare a Berlino Ovest entro quell’ora. Non potevamo continuare così. Decisi di portarla a Berlino Ovest. Ma il confine che divideva le due parti della città era troppo controllato e pericoloso per rischiare di attraversarlo.

Così, decidemmo di farlo dalla Romania, nuotando attraverso il Danubio, essendo entrambi ottimi nuotatori”, ci ha raccontato Peter quando ci siamo incontrati in Romania.

Non era mai stato in Romania e non era a conoscenza della brutalità della Securitate e della polizia di frontiera nei confronti dei border jumpers. In totale, furono 800 i tedeschi della Germania Est che scelsero di andare in Romania per attraversare il confine con la Jugoslavia, per poi risalire verso la Germania Ovest.

Ci furono anche decine di migliaia di rumeni che pensarono allo stesso confine come via di fuga.

Ci vollero solo poche settimane per Peter e Uschi per ottenere i visti di transito per Cecoslovacchia, Romania e Ungheria, avendo dichiarato la Bulgaria come loro destinazione finale per le vacanze.

“Un modo più semplice sarebbe stato ottenere un passaporto falso della Germania Ovest per Uschi, ma non avevo tutti quei soldi. Ero solo uno studente a quell’epoca. Così, misi Uschi su un treno per Praga, mentre io guidai nella stessa direzione. Ci incontrammo là e passammo una notte assieme. Il giorno seguente andammo a Budapest, e facemmo visita ad alcuni amici. Quando partimmo per la Romania, decidemmo di vedere come stavano le cose al confine tra Ungheria e Jugoslavia.

Il check-point di confine si trovava appena dopo una curva di un tornante e ci trovammo subito di fronte alle guardie ungheresi di frontiera e un rappresentante della loro polizia segreta. Non c’era modo di tornare indietro per noi, toccava rimanere fedeli alla storia che ci inventammo prima di partire: che Uschi stava facendo autostop, che io l’avevo caricata a Budapest e che ci stavamo entrambi dirigendo verso la Romania, ma ci eravamo persi.”

Dopo che furono interrogati per un paio di ore, vennero rilasciati, e così continuarono il loro viaggio verso il check point di confine a Nădlac, per entrare in Romania.

“Qui c’era la strada che portava a Oravita. Lì è dove ci fermammo. Oggi la piazza appare diversa. Avevamo alcuni collant con noi che vendemmo per pochi soldi. Vendemmo anche il set di una radio portatile. Così riuscimmo a racimolare 400 marchi della Germania Ovest, 10 marchi della Germania Est e i lei che avevamo ottenuto con la vendite delle nostre cose”, racconta Peter mentre mostrava il paesaggio alle figlie.

Una strada conduce a Oraviţa, ma non era questa quella che prese Peter; lui si incamminò per la montagna, imboccò la strada dei taglialegna, attraverso la cittadina di Cărbunari, e poi via verso la riva del Danubio, rimanendo così lontano dalla strada che portava a Naidăș.

“Avevamo con noi una cartina dell’Europa orientale stampata nel 1968. Guardate… mostra la strada per Cărbunari come unica opzione. Così raggiungemmo Moldova Nouă e ci fermammo in un B&B. Quella struttura è stata abbattuta. Poi andammo in un ristorante che serviva i pasti nel proprio giardino. Anche quel locale non c’è più oggi. Parlammo con una persona di madrelingua tedesca che viveva in quell’area, dicendogli che venivamo dalla Germania Ovest e avevamo intenzione di attraversare in auto il confine con la Jugoslavia”.

Questa era la storia che si inventarono per giustificare la loro presenza vicino al confine. Fecero inoltre amicizia con altre due persone della minoranza tedesca locale e il giorno dopo andarono in compagnia loro a fare una passeggiata lungo le rive del Danubio.

Nel 2016, l’arrivo a Moldova Nouă e la vista del Danubio hanno fatto emozionare Peter. Le rive del fiume sono particolarmente vicine in questa zona. “Mentre noi quattro camminavamo sulle rive del fiume – 46 anni fa – una guardia di frontiera saltò fuori da un cespuglio ed iniziò a gesticolare con la pistola in mano. Gli mostrai il mio passaporto della Germania Ovest e gli dissi che le altre tre persone erano rumene. Mi credette e così non controllò loro i documenti. Fui gentile con lui e mantenni il sangue freddo per tutto il tempo. Questa esperienza in Romania mi sarebbe tornata d’aiuto più tardi nella vita, perché, dopo di essa, niente mi sarebbe più sembrato impossibile da realizzare” ricorda Peter.

E’ ora orgoglioso di fare una foto in compagnia di due guardie di frontiera. “Guardate, ora siamo amici! Chissà cosa sarebbe potuto accadere 46 anni fa!?” dice Peter mentre la foto viene scattata.

Nel 1970, Peter Mibus era spaventato solo dall’idea che l’isola che si trova proprio in mezzo al fiume a Moldova Nouă li avrebbe potuti tradire. “La mia preoccupazione era quella che le correnti ci avrebbero rispedito indietro verso il territorio rumeno”.

Peter e Uschi decisero di passare il confine quella notte. Si spostarono 4 km più in là di Moldova Nouă, passando per Naidăș. Lasciarono la loro Volkswagen in un campo e si incamminarono per un campo di grano verso le rive del Danubio.

“Questo è il palo della linea ad alta tensione dove ci riposammo per pochi minuti. Era la notte tra il 22 e il 23 luglio. Arrivammo nell’area boscosa, direttamente sulle rive del fiume. Era l’una di notte. Ci trovavamo in un’area paludosa. Le guardie di frontiera stavano pattugliando il fiume dalle navi. Il loro faro riusciva a penetrare per 50 metri nei boschi lungo le rive. Aspettammo per un’ora. Non ripassarono.

Sapevamo che da quel momento avevamo mezz’ora per passare il fiume. Non avevamo nessuna muta in neoprene e nemmeno dell’olio da spalmare sulla pelle. Iniziammo a nuotare di schiena e poi quando ci trovammo dopo pochi metri, notammo l’enorme torre di controllo proprio dietro a noi. C’era la luna piena. Dunque, la visibilità era discreta sia per noi che per loro. Sin dall’inizio di quell’anno, si succedettero diverse alluvioni e il fiume era pieno di detriti e pezzi di legno.

Ci siamo tenuti a galla grazie a una corda improvvisata con i nostri vestiti annodati tra di loro. La cartina, il binocolo e tutti i nostri averi erano rimasti nell’auto che avevamo abbandonato. A metà della nostra attraversata, iniziammo a sentire gli effetti dell’acqua fredda. Eravamo sfiniti. Fu Uschi a tirarmi fuori dall’acqua. Eravamo in Serbia. Ce l’avevamo fatta!”

Peter non era cosciente dei pericoli legati al fatto di nuotare assieme a Uschi. In questo modo, i problemi si amplificavano, invece che diminuire.

“Lo so, lo so. Tutti continuano a dirmelo. Ma che razza di uomo sarei stato a dire alla mia ragazza: tu nuota, io ti aspetto dall’altra parte del fiume? Non avrei mai potuto fare questo. Prima di entrare in acqua, Uschi mi disse che dovevamo tornare indietro. Ma le dissi: tu vedi tutto nero, per me, invece, è tutto chiaro”.

Salirono a bordo di un autobus per Požarevac, e poi su un altro per Belgrado.

“Eravamo entrambi fradici. Io indossavo dei pantaloncini ed ero scalzo; lei si era portata qualche vestito asciutto con sé. Ma gli Jugoslavi si dimostrarono amichevoli. Erano le 5 del mattino e nessuno ci disse niente. Sapevamo che dovevamo raggiungere l’ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Belgrado, e che noi avevamo il diritto e loro il dovere di darci due passaporti della Germania Ovest.

All’ambasciata, ci portarono in una stanza, dove abbiamo avuto la possibilità di riposarci per un po’. In seguito, ci diedero dei soldi per comprare i biglietti per la Germania e fecero avere ad Uschi un passaporto della Germania Ovest. Non avevamo i visti di entrata in Jugoslavia e quello poteva diventare un problema all’uscita del paese ma l’ufficiale ci consigliò di dire che avevamo una questione seria ed urgente da risolvere a casa, e questo era il motivo per cui non eravamo riusciti ad andare dalla Milizia Jugoslava a chiedere un visto di entrata nel paese.”

Tutto filò liscio sulla strada per la Germania Ovest ed in settembre si sposarono. Pochi mesi più tardi, Uschi rimase incinta. Ma il sogno che riuscirono a far diventare realtà, presto si trasformò in un incubo: ad Uschi venne diagnosticato un cancro ai polmoni e le rimanevano solo sei mesi di vita. A causa della chemioterapia, perse il bambino.

“Le avevano detto che le rimanevano sei mesi, ma riuscì a viverne undici” dice Peter scoppiando in lacrime mentre le sue figlie, avute dal secondo matrimonio, cercano di confortarlo. Peter si risposò dieci anni dopo. Da questo matrimonio ebbe Sophie e Anna, ora sue compagne di viaggio.

Peter era furioso nei confronti del regime comunista della Germania Est. La STASI non permise a Uschi di rivedere i propri genitori prima di morire; e tanto meno venne permesso ai suoi genitori di partecipare al funerale.Questo fece di Peter Mibus un uomo in cerca di vendetta.

Consigliò alcuni dei suoi amici della Germania Est di fuggire per la stessa strada da lui percorsa, attraverso Moldova Nouă, in Romania. Nel 1971, il suo amico Sigfried fece un tentativo ma venne arrestato e dovette poi prestare servizio nell’esercito della Germania Est. Gli vennero dati 7 anni di prigione ma già l’anno seguente alla carcerazione ricevette il perdono e venne rilasciato.

Tra il 1972 e il 1974, Peter aiutò due tedeschi dell’est a scappare nella Germania Ovest, guidandoli oltre il confine, nascosti nel suo bagagliaio modificato in grado di ospitare una persona.

Dopo il 1989, Peter riuscì ad accedere alla sua cartella negli archivi della STASI. “

Quello che lessi nella cartella della STASI mi sconvolse. Precedentemente alla sua fuga, la STASI si stava interessando a Uschi, con l’intento di farla diventare una spia da inviare in Germania Ovest. Dopo la sua fuga, la STASI ha continuato per molti anni a cercare di capire come riuscì a fuggire dall’altra parte. I documenti mostrano come non ci fosse molta cooperazione tra STASI e Securitate.

I rumeni non inviarono mai informazioni sulle auto targate Germania Ovest e nemmeno la documentazione di ciò che trovarono vicino a Moldova Nouă. Solo dopo il 1974, dissero alla STASI che avevano scoperto che la Romania era stata la nostra via di fuga dalla Germania Est.

La STASI sapeva che stavo aiutando persone a scappare illegalmente dalla Repubblica Democratica, ma erano certi che fossi a capo di un’organizzazione criminale, dunque si presero più tempo per poter arrivare ad incastrarmi. Si sbagliavano: io operavo in modo indipendente, e a quanto pare mi fermai giusto in tempo.”

Le figlie di Peter lo fissano a lungo. Quest’esperienza estiva, in cui le ragazze hanno deciso di capire le scelte fatte in passato dal padre sembra aver loro aperto gli occhi su cosa siano le vere sfide della vita.

Se ha dei rimorsi per esser scappato passando per la Romania, e perché sia ritornato solo dopo così tanto tempo per visitare quei luoghi che cambiarono radicalmente la sua vita, sono delle domande che Peter Mibus si pone nella sua testa.

“Fu molto triste che nonostante la nostra fortunata fuga, la morte poi ci abbia separati così presto. Prima d’oggi, non ero mai tornato in Romania perché i ricordi tristi che porto con me son difficili da rivivere e tradurre poi in parole. Tutto ciò che vi ho raccontato è accaduto veramente.

Un’ultima parola, qualsiasi riduzione sentimentale sarebbe un’offesa alla memoria della mia prima moglie. Ogni azione spericolata che posso aver commesso può esser giustificata in un unico modo: ero davvero innamorato.”

Abbiamo lasciato Peter Mibus con quella naturale sensazione che ci saremmo incontrati di nuovo, come naturale era stato il nostro incontro sin dall’inizio.