Il 17 Giugno ricomincia la rassegna “Cinema di Ringhiera” nei cortili di Dergano, a Milano. Ed io mi sono sorpresa a pensare a Dergano camminando per Tor Pignattara.
Di Gina Bruno
Quando si dice che se vuoi trovare somiglianze basta cercarle è proprio vero. Non pensavo che per scrivere qualcosa sulla seconda edizione milanese di Cinema di Ringhiera avrei trovato ispirazione a Tor Pignattara, un quartiere bellissimo e vitale che è tutto un fiorire di attività commerciali, bancarelle, piccoli bar, gente che va da tutte le parti continuamente. A passeggio con Alessandra Smerilli di Asinitas, Carla Ottoni e Gaia Parrini di Karavan Fest, il 10 giugno una piccola delegazione di Cinema di Ringhiera ha vagato tra Tor Pignattara e Pigneto in un pomeriggio caldissimo.
Per strada ad ogni incrocio ci si fermava per parlare con qualcuno, Farida affacciata alla finestra, le bambine che escono dalla scuola bengalese mangiando lingue di liquirizia, un signore che aspetta i documenti per trasferirsi in Inghilterra.
Il sole del tramonto ad ovest illuminava i binari del trenino che correvano lungo lo stradone in direzione di Roma, davanti a noi Tor Pignattara e la scuola Pisacane che è stata il centro di un documentario bellissimo di Angelo Loy e Giulio Cederna sull’esperienza di una delle scuole italiane con maggiore frequenza di bambine e bambini con background migratorio. Che emozione passare proprio là davanti.
La sera nel cortile Teatro Studio Uno, un piccolo cinema era perfettamente allestito, tappeti, cuscini, sedie pieghevoli e sedute di ogni genere proiettava il film Patience, patience, t’irae au paradis di Haja Lahbib che noi portavamo da Milano come frutto di uno scambio culturale tra rassegne che lavorano sul cinema come strumento per narrare ed aggregare un territorio, per aprire sguardi su altri mondi, per far risuonare i racconti in tante lingue grazie al lavoro di Asnada a Milano e di Asinitas a Roma, la voglia di creare coesione, di prendersi spazi di condivisione, di lavorare per unire e per portare gioia.
Da Roma ho guardato a Milano, a questa avventura che sta per ripartire con lo stesso film che abbiamo portato a Karawan Fest, un documentario divertente e ironico che ci serve guardare per parlare di donne, libertà, di piccolo atti di coraggio ed emancipazione e per capire che esistono tanti femminismi ed esperienze di liberazione.
Le rassegne, quella di Roma che si è appena conclusa e la nostra che prende la staffetta, lavorano quest’anno sullo stesso tema, la paura in quanto sentimento oramai strettamente collegato alla percezione della migrazione come fenomeno minaccioso, per questo il nostro lavoro mira alla costruzione di un’altra narrazione perché il linguaggio con cui i media accompagnano da anni l’arrivo in Italia di persone straniere accresce sempre più il timore di ciò che non si conosce, contribuendo non poco alla disgregazione sociale.
L’esperienza e il lavorare insieme su processi di conoscenza reciproca ci ha insegnato che molte delle paure che ci attraversano e che si focalizzano sull’altro, si sgretolano come sabbia tra le dita quando la reciproca conoscenza viene sostenuta e valorizzata in modo adeguato. Parlare e vivere la migrazione in modo diverso, attraverso il cinema, per esempio, è un passo fondamentale nella riscrittura di un immaginario collettivo, ora teso alla separazione e allo scontro.
Cinema di Ringhiera intende affrontare il tema della paura lavorando a fondo nel quartiere grazie alle narrazioni in doppia lingua e alle 4 proiezioni, effettuate in contesti intimi e familiari come i cortili, dove le persone hanno modo di riconoscersi e ritrovarsi al di là dei segni esteriori di appartenenza identitaria, ma anche grazie a un’inchiesta territoriale svolta nel medesimo territorio e nel medesimo arco di tempo della rassegna.
Diretta dall’associazione Asnada, adolescenti e persone con diverse provenienze sono andati in giro per il quartiere per scoprire quali sono le paure che i derganesi vivono e allo stesso tempo e quali sono le possibili vie o risposte che una comunità ha il diritto e dovere di immaginare e costruire per vivere meglio.
Attraverso momenti di osservazione, interviste, laboratori di approfondimento e attraverso la supervisione di due registi, Suranga Katugampala e Alessandro Penta, il gruppo d’inchiesta realizzerà quattro video clip che verranno presentati agli spettatori di Cinema di Ringhiera durante le serate con lo scopo di favorire un dibattito sulla paura.
Chiudo con una citazione da In Search of Politics di Zygmunt Bauman:
“Fear and laughter left the street and settled in private homes. Private fears seldom meet other private fears, and when they do they do not easily recognise each other. That difficulty to concur and converge, to combine and be combined, to join and be joined, has come to be called individual freedom”.
Questa parole racchiudono un po’ il senso del lavoro svolto da Cinema di Ringhiera e Karawan Fest e portare un cinema che ci parla degli altri e ci pone insieme negli stessi spazi e nei luoghi di passaggio del quotidiano, trasforma il pubblico da spettatori in protagonisti di un’azione culturale che è diventata anche affermazione della necessità di uscire di casa per condividere e conoscere e avere meno paura.