di Alessio Di Florio
Lo stato delle stragi, lo stato delle trame… C’è un silenzio di tomba nessuno sa niente. I versi della canzone dei 99 Posse tornano spesso alla mente in queste settimane. Colonna sonora perfetta per la cronaca recente. O meglio, per una cronaca mancata. Una cronaca quasi senza riflettori, avvolta da un manto di silenzio che sa di omertà, di paura complice e connivente, di silente conformismo. Quando si parla di trame, depistaggi, mancate verità uno dei primi pensieri non può che andare ad Ustica. 27 giugno 1980, una delle date più buie e terribili della storia repubblicana italica. Ottantuno morti che non hanno mai avuto giustizia, a cui c’è chi non vorrà mai dare giustizia. Pur di nascondere e depistare la ricerca della verità, dopo la strage la compagnia Itavia (proprietaria del volo abbattuto) fu travolta da una vera e propria “macchina del fango”: accusata di scarsa manutenzione dei propri mezzi e di mancato rispetto delle regole di sicurezza, rimase in attività per pochi mesi dopo la strage di Ustica. Il DC-9, fu l’accusa nell’immediato, avrebbe avuto un cedimento strutturale cadendo in mare. Oggi sappiamo che non è così, e che quello fu solo il primo di una lunghissima serie di depistaggi, ma 37 anni fa quell’accanimento mediatico portò la compagnia alla fine di ogni attività.
Mario Ciancarella era capitano pilota dell’Aeronautica Militare al momento della strage di Ustica. Negli anni era diventato punto di riferimento del Movimento Democratico dei Militari.
Ricevuto dal Presidente della Repubblica Pertini nel 1979 – racconta l’Associazione Antimafie Rita Atria – “insieme a Sandro Marcucci e Lino Totaro, Mario Ciancarella era divenuto referente delle rivelazioni da tutta Italia delle vere o false ignobiltà che si compivano nel mondo militare”. Questo suo ruolo, denuncia l’Associazione (che dalla sua fondazione, 22 anni fa, si è schierata al fianco e sta sostenendo la battaglia di Mario Ciancarella), “divenne talmente scomodo da indurre qualcuno molto in alto a falsificare, nell’ottobre 1983, la firma del Presidente Pertini nel Decreto Presidenziale di radiazione”. Un decreto che gli è stato consegnato solo nove anni più tardi, dopo la morte di Pertini. Il Tribunale Civile di Firenze ha confermato i “dubbi” di Mario Ciancarella e dell’Associazione Antimafie Rita Atria: “La firma del Presidente Pertini – leggiamo in un comunicato della stessa Associazione – che compare sul quel decreto è un volgare falso”, accertato “sulla base di due perizie – una di parte ed una disposta dal Magistrato – che hanno potuto rilevare come il falso sia tanto evidente quanto eseguito con assoluta approssimazione”.
La radiazione di Mario Ciancarella viene da molte fonti considerata uno dei capitoli dei depistaggi successivi alla strage di Ustica, come argomentato e documentato dalla rivista Casablanca nei mesi scorsi. A Ciancarella si rivolse il maresciallo Mario Alberto Dettori, che era radarista a Poggio Ballone la notte della strage di Ustica, che gli disse “Capitano siamo stati noi…”, “Capitano dopo questa puttanata del Mig libico” “Siamo stati noi capitano, siamo stati noi a tirarlo giù”. Parole, tralasciate dalle indagini ufficiali sulla strage e riprese nel 1999 solo dal quotidiano Liberazione, di cui “non esiste una qualche prova audio” ma – sottolinea l’avvocato Goffredo D’Antona – che rimangono “nella memoria” di Ciancarella che le ha raccontate. Il capitano radiato con firma falsa di Pertini, sottolinea l’avvocato Goffredo D’Antona in un comunicato dell’Associazione Antimafie Rita Atria, “non è il solo ad affermare che quella notte il radarista aveva visto qualcosa di spaventoso. Lo dicono soprattutto i suoi familiari. Era sconvolto e proprio a loro più volte disse che non poteva raccontargli quello che aveva visto quella sera, un modo probabilmente per tutelarli. Cercherà di parlare solo con Ciancarella per ovvi motivi: lui era un ufficiale, oltre che il leader del Movimento Democratico delle Forze Armate, elemento che avrà convinto Dettori a fidarsi di lui”. “Tornò a casa stravolto. Sul radar aveva visto tutto. Alberto aveva visto tutto e aveva dato l’allarme. Qualcuno lo picchiò e gli disse fatti i cazzi tuoi” raccontano i familiari.
Dettori fu trovato impiccato nel 1987. Una morte liquidata inizialmente come suicidio, tesi a cui la famiglia non ha mai voluto credere.
Una storia simile a quella di un altro “ufficiale democratico”, Sandro Marcucci, morto in un incidente aereo (avvenuto in circostanze a dir poco controverse in un incidente che tanto accidentale non è mai apparso) sulle Alpi Apuane nel 1992. “Mio fratello non poteva essersi suicidato – è la convinzione espressa in un’intervista nel 2013 anche dalla sorella Antonietta (deceduta due mesi dopo l’intervista) – era un uomo solare e aveva un solido equilibrio interiore che gli derivava dall’amore per la sua famiglia, per il suo lavoro e per l’Aeronautica. Quando ci avvertirono della sua morte e andai a Grosseto, capii subito che i miei dubbi avevano un fondamento. Da parte dei militari sentii infatti nei nostri confronti una grande freddezza, quasi ostilità. E poi quelle pressioni sulla moglie perché non chiedesse un’inchiesta sulla morte di Alberto. Per non parlare dell’autopsia non fatta. Ma come, mio fratello era stato trovato impiccato a un albero, a un ramo obiettivamente troppo in alto, e non si è voluto verificare se sulla mani avesse le tracce dell’arrampicata?”. Alberto Dettori, secondo la sorella, negli ultimi anni era “improvvisamente cambiato. Era preoccupato, impaurito. Il suo stato di tensione emotiva era peggiorato da quando era tornato dalla Francia, dove aveva seguito un corso di aggiornamento. Poi parlai con mia cognata e la sorella di mia cognata. E loro mi raccontarono di come Alberto fosse tornato a casa molto turbato il giorno dopo la tragedia di Ustica”. Il 16 dicembre Goffredo D’Antona, avvocato dell’Associazione Antimafie Rita Atria, ha presentato un esposto alla Procura di Grosseto a nome di Barbara Dettori (la figlia di Alberto) sulla base di “nuovi elementi” che “fanno presumere non si sia trattato di suicidio”. L’esposto, leggiamo in un comunicato dell’Associazione Antimafie Rita Atria, “è frutto delle testimonianze e dei nuovi elementi raccolti in questi anni, correlate anche all’incidente sospetto del Tenente Colonnello Sandro Marcucci (per il quale è in corso una nuova indagine presso la procura di Massa) e al caso emblematico della firma falsa (accertata dal tribunale di Firenze) del Presidente Pertini sulla radiazione del Capitano Ciancarella. Tre storie indubbiamente legate tra loro”.
Il 10 novembre i deputati Claudio Fava e Davide Mattiello in una conferenza annunciarono la presentazione di un’interrogazione al Ministro della Difesa Pinotti. Nelle ore successive è arrivata al legale di Ciancarella un’e-mail certificata dal Ministero della Difesa: “si comunica per opportuna conoscenza che gli atti pervenuti e afferenti alla pratica del suo assistito sono stati inoltrati per i successivi adempimenti di competenza, alla direzione generale per il personale militare, alla quale potrà rivolgersi per qualsiasi informazione/chiarimento si rendesse necessario”. Immediatamente si era accesa la speranza che il Ministero stesse preparando il rientro nell’Aeronautica Militare. Una speranza che si spense quasi subito: interpellati da Checchino Antonini, racconta il giornalista su Left e Popoff Quotidiano, e in risposta all’interrogazione di Fava e Mattiello, dal Ministero giunge invece una risposta ben diversa: “La pratica è negli uffici competenti per una valutazione ma non ci sarà reintegro, la sentenza di Firenze dice solo che bisogna risarcire le spese legali”.
L’Associazione Antimafie Rita Atria ha inviato richiesta a Mattarella perché Mario Ciancarella (insieme alla famiglia) venga ricevuto al Quirinale e reintegrato nell’Aeronautica Militare. Per sostenere questa richiesta, nei mesi scorsi, era stata attivata anche una petizione rivolta al Presidente della Repubblica, al Ministro della Difesa e ai Presidenti delle due Camere. Anche dopo la riapertura delle indagini sulla morte di Alberto Dettori, l’Associazione Antimafie Rita Atria ha chiesto a Mattarella, ricordando le sue parole alla vigilia dell’anniversario della strage di Ustica l’anno scorso, di “rimuovere le opacità” sulla radiazione di Mario Ciancarella. “Una delle prima opacità da ripulire con molta energia, visto che già la sentenza del Tribunale di Firenze ha levato ogni ombra di dubbio” secondo l’Associazione che denuncia “per coloro che da anni cercano la verità a tutto tondo non c’è spazio né nelle sedi istituzionali, né sulle maggiori testate italiane (ma siamo nelle retrovie per libertà di informazione e questo è noto)”. Il Presidente della Repubblica, sostiene l’Associazione, “non considera che nella strage di Ustica le vittime sono più di 81” ma “un numero così alto di morti tra chi ha avuto a che fare anche indirettamente alla sera del 27 giugno 1980 non può semplicemente definirsi frutto di un disegno del destino cinico e baro. Per non parlare poi che neanche la sfortuna più totale avrebbe consegnato alla storia la perdita dei tracciati radar a Boccadifalco di Grosseto e il rogo del registro del controllore del traffico aereo dei voli su Grosseto compreso il 27 giugno 1980 – tracciati di quel radar dietro al quale si trovava il Maresciallo Mario Alberto Dettori, “suicidato”. “La documentazione non è stata resa interamente pubblica – aggiungono ancora gli esponenti dell’Associazione – visto che sulla strage di Ustica molti documenti non è possibile consultarli perché coperti dal segreto militare. Un bel gioco delle tre carte. Giusto per fare un esempio:
– C’è ancora il segreto di Militare sulla documentazione inerente all’esercitazione militare che si svolse con l’Awacs, i caccia militari di Grosseto e Cameri, il Pd 808 , ll C47 , il Mig inoffensivo. (Dietro il radar a Poggio Ballone c’era Mario Alberto Dettori).
-Non esistono o non sono consultabili o sono secretati i verbali di distruzione dei volumi con le strip dei piano di volo e progresso volo dei voli di Cameri , Grosseto, Pisa, Pratica di Mare, Licola e Marsala.
– Non sono consultabili i registri della R.i.v di Roma, la maggior parte dei registri e della documentazione radaristica nelle basi aeree militari italiane di Cameri, Grosseto, Pisa, Pratica di Mare, Licola e Marsala, i libretti di volo di chi partecipò all’esercitazione militare: l’Awacs Usa, i caccia di Grosseto e Cameri, il Pd 808 , il C47 e la documentazione del pilota del Mig”.
A sostegno di Mario Ciancarella, della richiesta che venga reintegrato nell’Aeronautica Militare “con il conferimento del massimo grado spettante alla sua carica di Ufficiale” e per l’istituzione di una Commissione parlamentare che indaghi sulla vicenda, Barbara Dettori e l’Associazione Antimafie Rita Atria hanno lanciato un appello ai sindaci italiani a sostenere la richiesta al capo dello Stato. Nel momento in cui quest’articolo viene chiuso hanno aderito il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini e quello di Palermo Leoluca Orlando.