di Cora Ranci
Da dieci anni la memoria della strage di Ustica ha una casa. Nel quartiere della Bolognina, in quelli che un tempo erano i depositi dei tram, ha trovato finalmente riposo il relitto del DC-9 Itavia, l’aereo di linea abbattuto da un missile il 27 giugno di 37 anni fa, con 81 persone a bordo.
“Relitto” è ciò che rimane. Ecco, infatti, tutto quello che resta di una strage avvenuta nei cieli ma sepolta per anni in fondo al mare. Fino al 1987, anno della prima campagna di recupero conclusa nel 1992, i rottami dell’aereo sono rimasti nei fondali marini del Tirreno, a tremila metri di profondità. Il recupero è stato necessario perché le inchieste languivano: le reticenze e la mancanza di prove (omesse o distrutte, si sarebbe scoperto) stavano impedendo di accertare le cause della strage. Si sperava che i resti dell’aereo avrebbero “parlato”, che la scienza avrebbe potuto consegnare la verità su quella tragedia.
Iniziò così il lungo e tortuoso iter delle perizie. Relazioni contraddittorie tra loro, commissioni tecniche spaccate, periti inquisiti per aver intrattenuto rapporti con le parti imputate, analisi da rifare. Corpo del reato, conteso tra i sostenitori di diverse verità, il relitto del DC-9 Itavia è stato a lungo custodito in un hangar militare a Pratica di Mare. Nel 2006, la conclusione della prima fase del processo ha liberato l’aereo dai vincoli giuridici. Ed ecco che l’Associazione Parenti Vittime ha potuto finalmente concretizzare il desiderio di farlo tornare da dove era partito, a Bologna. Per farne un museo, un luogo di memoria. Il compito è stato affidato all’arte.
L’installazione permanente A proposito di Ustica di cui oggi il relitto del DC-9 fa parte è stata curata da Christian Boltanski, artista francese di fama internazionale il cui lavoro è pervaso dal tema della morte, della perdita e della memoria.
Venuto a conoscenza della vicenda di Ustica attraverso il racconto di alcuni famigliari delle vittime, Boltanski ha accettato di occuparsi a titolo gratuito della memoria della strage a una condizione: sarebbe stato un museo dal messaggio universale. Non vi sarebbe stato spazio, cioè, per la personalizzazione del ricordo delle vittime, nessuna targa né lapide avrebbe portato i loro nomi. Una rinuncia difficile per molti famigliari, ma infine accettata nella consapevolezza della tensione civile che deve animare l’impegno politico della loro associazione.
Nel 2006, il DC-9 ha risalito il crinale appenninico ed è tornato a Bologna. Un corteo di tir ha viaggiato nella notte, trasportando un carico speciale. Il relitto, ricostruito, è al centro dell’emozionante installazione di Boltanski. L’impatto della prima visita a questo museo, non si dimentica.
Illuminato dalla luce fioca e calda di 81 lampadine (tante quanti erano i passeggeri a bordo), ecco il DC-9 dell’Itavia, testimone di quanto avvenuto in quella notte di giugno di 37 anni fa. Una passerella permette ai visitatori di camminare intorno all’aereo. Ai lati, ancora 81 schermi neri ricordano i finestrini di un aereo. Ne escono delle voci. Frasi brevi, semplici, immaginate dallo stesso Boltanski. Sono i pensieri che i passeggeri del DC-9 potevano avere avuto durante il volo, prima che il missile non ponesse fine alle loro vite. Si cammina in silenzio, avvolti da questi sussurrii incessanti.
Alle singole vittime, nessun riferimento diretto. Ma anche se non sono visibili, gli oggetti personali ci sono. Pinne, vestiti, scarpe, salvagenti, bambole: tutto ciò che è stato ritrovato è stato rinchiuso in scatole nere appoggiate accanto al relitto. Un catalogo a disposizione all’ingresso del museo raccoglie gli oggetti fotografati in bianco e nero. Il visitatore sa cosa contengono le scatole, ma non gli è concesso il superfluo gusto di vedere. Una scelta delicata, sobria, rispettosa.
Una piccola sala adiacente l’installazione permette al visitatore di documentarsi sulla vicenda di Ustica attraverso supporti multimediali e stralci di vecchi notiziari televisivi. Un breve documentario è proiettato continuamente. Racconta la nascita del museo e può essere visto anche a questo link.
Un’installazione semplice, in fondo, ma curata in ogni minimo dettaglio a partire dalla ricerca di un’universalità efficacemente raggiunta. Grazie al lavoro di Boltanski, così importante ma inspiegabilmente ancora non conosciuto da molti (bolognesi e non), la memoria della ferita di Ustica si àncora a un luogo fisico, attorno a cui vengono organizzati spettacoli, visite guidate, manifestazioni, concerti. Un luogo dove la memoria viene fatta vivere attraverso il linguaggio dell’arte, che grazie alla sua capacità di astrazione riesce a coinvolgere e ad avvicinare la cittadinanza a questa vicenda e a far crescere l’impegno civile per non dimenticare.
Per saperne di più:
http://www.museomemoriaustica.it/index.htm
http://www.ilgiardinodellamemoria.it/
http://www.associazioneparentiustica.it/