Di Brady Corbet, con Robert Pattinson, Stacy Martin, Berenice Bejo, Liam Cunningham, Sophie Curtis, Rebecca Dayan, Caroline Boulton, Luca Bercovici, Michael Epp, Roderick Hill. Nelle sale dal 29 giugno.
Di Irene Merli
Un altro esordio interessante, originale, curatissimo nello stile, ambizioso ma compattamente riuscito. Girato da un giovane attore che ha lavorato con Haneke, Assayas, Bonello, Von Trier, Ostlund.Senza copiare nulla da tanti e tali maestri…
Primavera 1919. La Grande Guerra è finita da poco e i vincitori stanno negoziando a Versailles le durissime sanzioni da imporre alla Germania sconfitta. Uno dei diplomatici americani che aiutano il presidente Wilson nel suo complesso compito è il padre di Prescott, il bimbo protagonista della storia: lui e la sua famiglia si sono trasferiti a vivere in una grande casa fuori Parigi.
Il piccolo ha un viso dolce e perfetto, con lunghi capelli biondi che lo rendono quasi femminile, ma ha un carattere ostinato e tendente a strani scatti d’ira. Lo conosciamo da poco quando lo vediamo lanciare pietre sui fedeli che escono di chiesa, ancora vestito da angelo, dopo la prova di una funzione ecclesiastica.
Perché? Sarà la prima di tre prove di forza che gli vedremo ingaggiare, in modi diversi, con genitori, domestiche ed educatori.
Prescott sembra infatti rimanere impressionato dalle debolezze e dalle ipocrisie degli adulti, che lo spingono a rifiutare il concetto di rigida obbedienza propostogli dalle istituzioni. Fino a fargli apprezzare il potere dell’abuso e il piacere perverso che può derivarne.
La sua è una storia di mala educacion, un romanzo di (anti) formazione. Prescott viene prima viziato, poi represso, ma mai capito né educato in senso serio, profondo. Né dal rigido padre dal quale non accetta alcuna imposizione, né dalla madre un po’ bigotta con la quale alterna lusinghe e conflitti.
Così i suoi diabolici disegni poco a poco si compieranno, mostrando come l’infanzia può coincidere con il male, una volta perso ogni freno degli affetti e delle maniere civili.
Liberamente tratto da un racconto de “Il Muro”, di Jean- Paul Sartre, “L’infanzia di un capo”, ambientato in un contesto storico che prelude alla nascita del Fascismo in Europa, non ricalca nessuna figura reale di dittatore. Nel piccolo, malefico Prescott non riconosciamo una precisa incarnazione del Male del XX secolo.
Ma l’angoscia ci pervade lo stesso. Lo stile lento e cupo, pulitissimo, rigoroso, sottolineato dalla potente musica di Scott Walker, la bellezza della fotografia, l’eleganza della messa in scena, ci mettono davanti alla lotta inquietante tra luce e buio. La Storia si manifesta in una famiglia, attraverso la gestione malata del potere, e quale ne sarà il frutto avvelenato purtroppo l’abbiamo studiato – o vissuto – tutti.