Salento assente

Viaggiare: il concetto di viaggio gemma dal viatico, cioè da ciò che occorre per il viaggio stesso. L’idea del viaggiare è quindi in origine misurata da ciò che portiamo con noi per il viaggio. In questo tempo estivo la redazione di Q Code Mag proverà a raccontarvi i suoi viaggi, non per forza spostamenti, non solo metafore, in una narrazione collettiva che ci accompagni sotto sole e temporali, fra i palazzi cittadini e gli ombrelloni marini. Buona lettura.

A Santa Marina di Stigliano, nel Salento più orientale, la bellezza si trova anche nella decadenza di un luogo dimenticato

di Alessandro Macchia

Una buona dose di insofferenza, me lo si perdoni, mi induce da tempo a distinguere il turista dal viaggiatore.

Il primo risponde da automa all’etica dominante dell’evasione elementare; l’altro, numericamente esiguo, obbedisce all’etica della conoscenza. Nei libri di geografia, a scuola, ci si imbatte solo nel primo, ovvero nell’espressione produttiva del terziario che fa i soldi consumando i luoghi e prosciugando il sangue delle tradizioni locali.

I miei alunni sono scaltri a ricordarmi, durante le interrogazioni, la ripartizione in turismo balneare, artistico, religioso della Puglia.

Buon per me, che proprio attraverso lo specifico del “turismo religioso” ho modo di descrivere lo scarto fra tour e viaggio.

L’associazione più immediata è quella con la mantide religiosa: come l’insetto raccoglie le zampe in postura di preghiera, e poi si lancia nella pratica cannibalistica, così il turista giunge le mani e divora lo spazio sacro, lo laicizza, lo attraversa con un giro, o un tour, svuotandolo del suo valore archetipico.

Il turista religioso ha bisogno del miracolo quanto la femmina di mantide ha bisogno del maschio anche dopo l’accoppiamento. È per questo motivo che io preferisco vagare nei luoghi dove il miracolo, sacro o profano che sia, non ha avuto luogo. Nei luoghi dell’assenza.

A Santa Marina di Stigliano, per esempio. Lì l’unica presenza credibile è proprio quella della santa: santa riservata per eccellenza, adoratrice adorata del nascondimento. Non fosse così, ci fosse stato il miracolo nei pressi di questo casale vicino a Serrano, nel Salento più orientale, probabilmente sarebbe già andata via anche lei, come la brasiliana Santa Barbara dei fulmini di Jorge Amado.

E invece è ancora lì, in un’antica chiesetta rurale che non è un granché, né dentro né fuori, ma è antica. Nei decenni trascorsi l’hanno depredata di immagini e suppellettili; tutt’attorno, degli alberi di una pineta ormai a misura di meno ambiziose piromanie.

Sigillata, battuta dal sole di agosto, circondata da un’arida spianata, benedetta dall’assenza dell’uomo, Santa Marina si erge come un totem o uno di quei menhir dispersi, introvabili, fra il feudo di Stigliano e Carpignano.

E alla fine non si sa se vi si entri o vi si esca, se tu sia dentro o fuori la Storia stessa. Della tua ambivalente collocazione puoi fare metafora l’arco del portale dell’attiguo edificio, con cripta sottostante, ormai in rovina: da parte a parte vedi il cielo, e uno stemma che dai baroni Salzedo ti riporta ai Gualtieri, ai Prototico, ai Maresgallo, giú giú fino ai Personè e alle incursioni saracene che indussero nobili e contadini a rifugiarsi sulla poco distante serra che ha dato nome all’odierno paese.

È davvero curioso: di tanti nobiluomini che si sono passati feudo e casale nel corso dei secoli non è rimasto nulla; e, al contrario, di una santa che forse non è neppure esistita si sente l’alito a ogni spira di vento fra le rovine.

E sopravvive glorioso, incorniciato in un prezioso tondo, il viso, di ispirazione bizantina, sfatto dai secoli, sconosciuto alla cosmesi restaurativa dei nostri giorni.

Santa Marina è bella anche così: coi suoi ruderi vergognosamente trascurati dalle sovrintendenze ai beni culturali; coi suoi ulivi sulla via del disseccamento; col suolo degli uliveti duro e riarso, ancor prima che dal sole, dalle cattive pratiche agricole. “L’odio della poesia” è un premio ancora tutto da istituire. Ci si pensi.

Nondimeno, qui non vengono i vip, non i turisti. È tutto lontano e assente. C’è anche il rischio che, per arrivarci, vi perdiate.

Niente disperazione, e tanto meglio: in fondo, siete dei viaggiatori. E del resto, potreste pure imbattervi nella vergine Marina che, in mezzo ai rovi, raccoglie more. Neanche troppo lontano dal mare.