Di Susanna Nicchiarelli, con Trine Dyrholm, Anamaria Marina, Karina Fernandez, John Gordon Sinclair, Sandor Fudek, Thomas Trabacchi. Premio sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2017. Nelle sale.
di Irene Merli
Preparate i cuori. Preparatevi alla prova di una magnifica attrice. Preparatevi anche a scoprire una grande musicista, di cui magari, dopo, avrete voglia di ascoltare qualche canzone.
“Nico, 1988” è infatti l’intenso ritratto di una ex Chelsea girl, icona indelebile degli anni Sessanta che aveva incantato Andy Warhol e Lou Reed, una modella di abbacinante bellezza che era stata musa della Factory e dei Velvet Underground.
Ma il biopic di Susanna Nicchiarelli ci fa incontrare Christa Paffgen, in arte Nico, molto più avanti nel tempo e nella sua vicenda, dal 1986 al 1988.
In quel periodo la leggendaria bionda (ricordata brevemente nel film nelle immagini originali di Mekas girate nella Factory) aveva già iniziato la sua seconda vita come cantantautrice, creando una delle musiche più’ originali e precursive degli anni ’70 e ’80. Non solo.
Quella che era diventata la “sacerdotessa delle tenebre” si era tinta i capelli di nero, era ingrassata e si rifiutava categoricamente di essere usata come un pezzo da museo, degno di interesse solo per il turbolento pezzo di strada fatto dietro a Warhol e ad alcuni grandi rocker della fine degli anni Sessanta.
Il film racconta quei due anni di tournée, tra concerti a Manchester, Norimberga, Praga e Italia, baruffe dietro e davanti le quinte, spaghettate nella notte e scatti d’ira o di ironia sferzante con un manager discretamente innamorato, gli spettatori o le band.
Nico era infatti diventata una grande, intensissima artista, finalmente libera dal peso di esistere solo per il ricordo del disco con la banana in copertina, ma era tormentata da terribili demoni interiori, che Riusciva a tenere a bada solo con l’eroina. I fantasmi della fame e delle bombe della sua infanzia durante il blocco di Berlino, il figlio mai riconosciuto dal padre (Alain Delon), perso per le sue follie di gioventù e che a un certo punto ottenne di riavere con sé, ma a cui ogni volta doveva riavvicinarsi passo dopo passo perché quel ragazzo era troppo segnato dai tanti abbandoni.
Susanna Nicchiarelli, autrice anche della sceneggiatura, firma un film cupo, poetico e appassionante, in cui non viene risparmiata nulla della vita di Nico, ma si danno mai giudizi moralistici né si usano toni celebrativi o melodrammatici. La regista italiana ama il suo personaggio, lo si sente, ma non ne fa un mito e riesce nella non facile impresa di far rivivere in 93 minuti una figura complessa e complicata.
“Nico, 1988” è la storia della forte e dolente rinascita di una donna, di una madre e di un’artista , che una volta sul palco fino all’ultimo è stata in grado di trasmettere le passioni e gli struggimenti di un cuore che non era affatto svuotato, come invece dice il titolo di una più’ celebri canzoni.
E il film è così riuscito e potente anche grazie alla sua magnifica protagonista, Trine Dyrholm, che vive la sua parte, non la interpreta, restituendo in pieno intransigenza, ironia, angosce e il cupo carisma di Nico, l’autenticità in poche parole, ma senza nessun tentativo mimetico. Ed è sempre lei a cantare, non la vera Christa Paffgen. Chapeau, Susanna e Trine.